Cantastorie – Quando la cronaca era cantata
Premessa
I lettori di questa rivista già conoscono alcuni personaggi dello spettacolo popolare attraverso le note che periodicamente approntiamo per gli amici del Gruppo Studi Bassa Modenese. Anche il contributo che segue si colloca in questo filone, con il proposito di fare maggiormente conoscere al grande pubblico altri esempi del variegato mondo della piazza: i componimenti legati alla cronaca e gli aspetti delle vicende esistenziali dei cantori ambulanti. Vari documenti qui presentati sono inediti e possono fornire lo spunto per ulteriori ricerche in ambiti locali. Collocati in un arco temporale che va dagli anni dieci agli anni settanta del nostro secolo, i materiali mostrano un mondo padano sia nella quotidianità, sia nei momenti di più profonda emozione.
Massa Finalese: Due tragici avvenimenti nella cronaca dei cantastorie
Negli anni 1913 e 1927 due gravi episodi (un omicidio e la tragica morte di vari componenti di una stessa famiglia) sconvolsero Massa Finalese. Questi fatti di cronaca ebbero una forte risonanza all’interno del mondo popolare ed ispirarono ai cantastorie la realizzazione di due «reportages» in versi e musica, permeati di intensa commozione. Riportiamo questi documenti nella loro stesura originale, eliminando tuttavia i cognomi dei protagonisti delle vicende.
Il primo testo fa parte dell’archivio Malvezzi di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza) ed è stato riprodotto in un interessante volume dedicato alla Tipografia Pennaroli, una tra le più prestigiose nella produzione di materiali per cantori ambulanti e venditori di opuscoli.
L’autrice del «fatto» è Linda Rossi in Pellandra. Le nostre ricerche hanno consentito di stabilire che si trattava della compagna del noto cantastorie Regolo Pellandra (Ferrara, 1881-Bologna, 1970), attivo in tutta la Padania. La Rossi nacque a Felonica Po (Mantova) il 22 settembre 1886 e morì a Bologna il 19 gennaio 1960. Risiedette nel capoluogo emiliano fin dal novembre 1927 quando vi si trasferì, con l’intera famiglia, dalla località di Salara, nel rodigino.
La canzone veniva eseguita sul motivo detto de «La povera Giulia» (dall’omonima «storia» in versi), uno dei più noti del repertorio dei cantastorie otto-novecenteschi dell’Italia Settentrionale e Centrale .
Orribile tragedia avvenuta il 26 aprile a Massa Finalese
Una giovane sposa uccisa dallo suòcero
Composizione di Rossi Linda in Pellandra
O cittadini, se mi ascolterete
Cantarvi voglio un fatto d’impressione
Tutta la narrazione sentirete
Che fremer fece poi tante persone.
Di un vile vecchio ora parlerò
Uccise la sua nuora, senza rimorso al cor.
A Villa Massa una famiglia stava Marito, moglie, suocero e una bambina,
Lei Carmela… si chiamava,
Pasquale… l’assassino.
Vecchio inumano, la nuora ammazzò
Sempre perseguitava, ma sempre il ripudiò.
Mentre Giovanni il marito era via
Lo suocero infame ne approfittava
Credendo la Carmela ingiusta e ria
Con proposte sconnesse si avanzava.
Il vostro figlio, dice lei, non tradirò
E quando verrà a casa tutto gli narrerò.
La giovine sposa si raccomandava,
Dicendo: non tradite vostro figlio,
La cara bimba al seno s’appoggiava.
Ma il vecchio il coltello diè di piglio.
Non volle lei per nulla acconsentir
Con ventitré coltellate il vecchio la colpì.
Il mostro il vestito si levava,
Per più martirio alla nuora dare,
Prese la bimba e di lì si scostava
Dicendo: nel pozzo mi vado gettare.
Così le disse quel vecchio pazzo allor
La chiude nella stanza e nella stalla rifugiò.
Povera Laura di sei mesi appena,
Sessantatre anni il vecchio contava,
Ventun la sposa: oh! qual triste scena Il ventotto di april lei spirava.
Ed il marito al capezzal chiamò
L’estremo sguardo diede, un bacio e poi spirò.
Certo il figlio infelice sarà andato
A chieder la condanna per suo padre
Che un impeto di passione ha calpestato
La sposa sua e della bimba madre.
Ora tralascio, non posso più cantar
Le lagrime sul ciglio non posso raffrenar.
529 Fiorenzuola d’Arda Tip. Pennaroli 56 77 89
Di autore anonimo, il secondo testo risulta stampato dalla Tipografia Campi di Foligno (Perugia), assai apprezzata anche dai cantastorie contemporanei . Il relativo foglio volante (cm 32,5 x 46,5) apparteneva al signor Oreste Neri, contadino di Medolla deceduto una decina d anni fa.
Ci è stato cortesemente messo a disposizione dal nipote signor Veber Gulinelli di San Felice sul Panaro. Il modulo musicale del componimento è definito «aria di Caserio», poiché si tratta della medesima melodia della ballata dedicata all’anarchico Sante Caserio, condannato a morte nel 1894 per l’uccisione del presidente della repubbica francese Sadi Carnot.
L’orrenda fine d’un [sic] intiera famiglia a Massa Finalese
Il padre resta vittima in un incontro automobilistico e un barroccio , due suoi figlioletti / bruciati vivi, la moglie impazzita dal dolore
1. Qui [sic] vi voglio parlare
Di pietosa avventura
Quello che fu seguito
Da una mortal sciagura
Massa Finale successe là
Di… Ernesto, destin fatal.
2. Ferito gravemente
Da un camion e un carretto
Sul ciglio della tomba
Recarsi era costretto
Anche la moglie, con gran dolor,
Assiste alla scena di quel terror.
3. Soleciti [sic] all’istante
Vistolo grave il male
Con premurosa cura
Fu posto all’ospedale,
La moglie dolente con mesto agir
Il suo consorte volle seguir
4. Tengono due figlioli
Unica sua speranza
Li affidano al nonno
Con massima osservanza
Malgrado attento il suo vegliar
Fra poco scomparsi fu invan cercar
5. Mentre chiamava ansioso
Come fan tante mamme
D’un tratto all’improvviso
Vide il fienile in fiamme
Corsero gente sforzi e furor
Salvando un po [sic] il frutto di tanto sudor
6. Turpe esacrando [sic] infami
Spesso sono i destini
Sotto l’orgie [sic] del fuoco
Scopersero i due bambini
Sol qui [sic] narrando m’agghiaccia il cuor
Bruciati vivi quanto dolor
7. Per quelli la [sic] presenti
Fù [sic] ancor più grave il dramma
Quando dei due piccini
Tornava la sua mamma
Fra il crudo strazio su lor si gettò
Vederli bruciati pazza restò
8. Piangean perfin gli spetri [sic]
Lei folle s’agitava
Dei figli e del marito
I nomi suoi chiamava
Gran pianto ognuno dovette versare
L’orrenda fine fa a tutti pietà
Presentato alla R. Pretura di Foligno, il 27 ottobre 1927 a sensi della legge sulla stampa. – Stab. Tip. Giuseppe Campi – Foligno
G.P.Borghi – G.Vezzani – R. Zammarchi
Tratto da: Quaderni della Bassa Modenese
Anno I – Numero 2 – 1987