Bello a sapersi – Via Castello a San Possidonio e il suo castello – Maurizio Bonzagni
Chimico, nato a Mirandola nel 1958, ha lavorato a lungo come responsabile vendite presso una multinazionale di materie plastiche ma è soprattutto un appassionato di storia locale di cui è da anni un attento lettore. Dopo aver arricchito la propria biblioteca di numerosi testi su Mirandola e la Bassa Modenese e raggiunta recentemente la pensione ha iniziato la collaborazione con Al Barnardon per condividere e contribuire a divulgare la splendida storia delle nostre terre, spesso sconosciuta o ignorata da molti dei suoi stessi abitanti.
Via Castello a San Possidonio e il suo castello.
C’è una via che congiunge San Possidonio con San Martino Carano che si chiama via Castello, la ragione del suo nome si perde nel tempo ma nasconde una storia molto antica che solo in questo incredibile modo è riuscita ad arrivare fino a noi.
Prima che venisse scavato nel ‘600 il naviglio con una carreggiata che lo costeggiava come via diretta tra Mirandola e Concordia questa era la strada che per secoli aveva messo in comunicazione i due paesi. O si andava per Fossa o si andava per San Possidonio.
Molti indizi ci fanno credere che su questa antichissima strada sorgesse un castello, il primo vero castello dei Signori di Mirandola.
Alla morte di Matilde nel 1115 lo stato Canossiano si sfalda. Le città, già sviluppate per la lotta per le investiture tra Matilde e l’Imperatore, sono pronte ad organizzarsi in autonomia. Nasce l’età Comunale e iniziano così nel XII secolo le lotte tra i Comuni per la conquista dei territori e delle loro risorse.
Modena contro Bologna per Bazzano, il Panaro e Nonantola, Modena contro Ferrara per Ponte Duce e il Naviglio per uno sbocco sul Po, Modena contro Reggio per le acque del Secchia e le terre della Bassa Modenese.
Vengono costruiti il castello di Rubiera sulla riva reggiana del Secchia di fronte a quello di Marzaglia su quella modenese e il 23 settembre 1201 nella battaglia di Formigine Modena viene sconfitta dai cavalieri reggiani. Nello stesso anno Modena però si rafforza firmando un trattato con Mantova in cui i Mantovani si impegnano a difendere vari beni sui territori modenesi “Situle (Secchia) a Sorbara, Comunaglia et Quarantulas”.
Per Comunaglia si intende dei beni comuni del consorzio nobiliare dei Figli di Manfredo, i Signori delle terre della Bassa Modenese e della antica Corte di Quarantoli. Famiglie discendenti da una stessa progenie il cui capostipite era appunto Manfredo, valoroso cavaliere con i figli della Contessa Matilde, da lei premiati con il possesso delle terre di questa zona. Da lui i Pico, i Pio, i Papazzoni, gli Azzolini,i Del Fante, i Padella, i Pedocca, i Bonifaci. I Figli di Manfredo.
Il consorzio nasce per contrastare le mire dei confinanti sulle loro terre, anche se a malincuore sono infatti costretti a mettere insieme le proprie forze e ad organizzare una fortezza comune, la comunaglia appunto. Probabilmente solo una struttura in terra e legno circondata da un fossato, tipica di questo periodo nell’area padana.
Nobili cavalieri, milites, che si appoggeranno di volta in volta a Reggio, Modena e Mantova anche se le alleanze più significative verranno fatte con Reggio. All’epoca delle guerre tra Modena e Reggio molti di loro hanno giurato la cittadinanza modenese, tra i quali troviamo Manfredino Pico, a capo della città di Modena come Podestà.
Nell’agosto del 1202 dopo un assedio alla fortezza di Rubiera da parte dei Modenesi e dei loro alleati viene firmata la pace con la città di Reggio e Modena si impegna a distruggere la Comunaglia e a restituirla a Reggio. Il castello è un avamposto modenese in territorio reggiano. Il confine tra i due comuni è segnato dal corso del Secchia che a quel tempo passa per Camurana per poi deviare ad est verso Bondeno ma i possedimenti dei modenesi creano un avamposto al di là del Secchia tra San Possidonio e Mirandola.
Del Secchia prevarrà poi il ramo verso nord tra la fine del ‘200 e l’inizio del ‘300, in parte attraverso l’opera dell’uomo e in parte a causa di rotte dello stesso fiume.
Nel 1206 viene rinnovato il trattato tra Modena e Mantova negli stessi termini in chiave anti Reggio, nominando nuovamente il castello della comunaglia e informandoci così del suo mancato abbattimento … e nel 1208 riprendono le ostilità tra Modena e Reggio che rimarranno per gran parte dell’età Comunale.
In un atto notarile del 1212 che tratta la suddivisione dei beni tra i Figli di Manfredo continua ad essere nominato il Castello come bene comune del consorzio nobiliare e in un analogo documento del 1275 viene espressamente citato il “Castellum Sancti Persedonii”.
Nell’ennesimo rinnovo di suddivisione territoriale del 1252 vediamo nascere però due fazioni tra le nobili famiglie del consorzio, il Casale Pico e il Casale Guido, “in grandissima discordia et questione”.
In un altro atto del 1267 il castello di Mirandola e altri castelli nel modenese vengono ceduti dai Pico ai Prendiparte di Bologna. Un cambio di proprietà però mai effettuato e probabilmente solo un’azione per mettere terrore ai modenesi che temendo le conseguenze di un avamposto bolognese comprano il castello di Mirandola per raderlo al suolo insieme alla Motta dei Papazzoni a Cividale. A quel tempo Egidio Pio era capitano del popolo a Modena ed è giustificato il sospetto che tutto fosse pianificato tra i Pio e i Pico per prevalere sulle altre famiglie dei Figli di Manfredo.
Il castello della comunaglia è però ricostruito perché viene nuovamente citato in un ultimo documento che tratta di nuovo la suddivisione territoriale tra i Figli di Manfredo del 1282. Certamente ora si tratta di una struttura in muratura.
Due scritti nonantolani del 1304 e del 1318 citano “comunale filiorum Manfredorum” come riferimenti topografici nei pressi di Mirandola. Il Castello consortile sembra quindi essere ancora attivo in quella data, anche se i Pico hanno ormai prevalso a Mirandola sulle altre nobili famiglie.
Ma nella seconda metà del ‘300 osserviamo la crisi e l’abbandono dell’antico castello. Con l’acquisizione di San Possidonio nel 1354 da parte dei Pico e la costruzione di Concordia verso la metà dello stesso secolo il castello perde di importanza, comincia a decadere e verso la fine del ‘300 è ormai in rovina, come testimonia il Bratti nella sua Cronaca di Mirandola scritta nello stesso periodo.
Probabilmente la sua rovina è anche da mettere in relazione con la furia del Passerino Bonaccolsi su Mirandola e Francesco Pico, il suo primo Signore. Nel 1331 brucia la città e incatena il Pico e due dei suoi figli a morire di fame nella Rocca di Casteldario di Mantova ma non può aver risparmiato il più importante presidio militare del luogo che guardava proprio a Mantova, di cui lui era il Signore.
Leggendo gli statuti mirandolesi di inizio ‘400 (i primi codici di leggi) si vede chiaramente che tutto il sistema difensivo del contado si concentra nella città. La crescita di Mirandola voluta dai Pico a scapito dei centri minori sottoposti al loro dominio giustifica la diminuita importanza dell’antico castello della comunaglia e la sua caduta in rovina. A quel tempo risale infatti lo smantellamento dei castra di Quarantoli, Cividale, San Martino Spino e di Roncole.
In quegli stessi statuti una norma aggiunta dopo il 1432 per regolare la riscossione dei dazi precisa i confini da rispettare e uno di questi descrive un percorso dalla chiesa di S. Possidonio a quella di S. Martin Carano per la “strada popolare” che transita per il “Castello Comunaie”. E’ la nostra via Castello!
Come riferimento topografico nei pressi di San Possidonio le rovine del castello le ritroviamo in documenti notarili del 1510, del 1512 e 1513, e infine nel 1555, “in loco dicto il Castel della Comunaia”. Lo stesso Papotti, l’autore degli annali della Mirandola del 1751, nel suo lavoro “Chiese rurali” denuncia che ancora sono visibili a est di San Possidonio.
Siamo ormai alle porte dell’età contemporanea, un tempo che potrebbe già essere l’origine di una denominazione stradale che sappiamo essere antica ma di cui non ne conosciamo la fonte. Va notato che agli inizi del ‘900 la via era denominata “via del Castello”, più specifica e concreta, con un riferimento all’antico castello scomparso più marcato di quanto sia oggi.
E’ sicuramente curioso inoltre che nella carta IGM (Istituto Geografico Militare) del 1893 sia indicato su quella che oggi è la via Castello di San Possidonio un gruppo di case contrassegnate con il nome di “Il Castello”, purtroppo però non ci è giunta alcuna notizia al riguardo.
Ricerche archeologiche di superficie condotte tra il 1997 e il 1999 hanno infine mostrato rinvenimenti di manufatti medioevali e post medioevali in diversi siti dell’area che costeggia la via, comprovandone la sua esistenza fin da quella età.
Nessuna prova definitiva dunque ma molti indizi ci rendono quasi reale la presenza del più antico castello dei Signori di Mirandola, là dove oggi passando innumerevoli volte nulla ci rivela la sua passata presenza. Perduta, come quasi tutto della nostra storia. Solo un cartello stradale.
- CAPPI, La mia Mirandola. Raccolta di studi sulla storia, l’arte e il folclore della città dei Pico per l’80° compleanno dell’autore, A cura di P. Golinelli, Aedes Muratoriana, Modena 1999.
- ANDREOLLI, Dai Figli di Manfredo ai Pio: genesi di una signoria, in «Storia di Carpi Volume primo. La città e il territorio dalle origini all’affermazione dei Pio», Modena 2008.
- ANDREOLLI, Il castello e il guasto della Comunaglia dai Figli di Manfredo ai Pico, in “Quaderni della Bassa modenese”, n. 36, Finale Emilia 1999.
- CALZOLARI, Il castello della Comunaglia (sec. XIII-XIV); contributo all’identificazione, in “Quaderni della Bassa modenese”, n. 36, Finale Emilia 1999.