Quend a magnavan pulenta e pasarott
1938…39 CACCIA AI PASSERI
“D’inverno,tutti i giorni che mio fratello Ezio era di guardia alle scuderie del Centro Quadrupedi, dove erano i cavalli da tiro, vi restava dalla mattina alla sera e ,a mezzogiorno, io dovevo portargli da mangiare.
Arrivata la sera chiudeva le vetrate delle stalle per intrappolare i passeri che andavano a beccare nelle mangiatoie dei cavalli. Prendevamo le scope e a più non posso cercavamo di uccidere i passeri, che tentavano disperatamente di uscire dalle vetrate chiuse vedendo la luce, ma battevano contro i vetri e restavano tramortiti, il resto purtroppo dovevamo farlo noi con le scope. Si continuava finché non avevamo riempito la sporta.
Arrivata a casa, me ne andavo con le mie sorelle Irene e Iginia nella stalla a pelare tutti quei poveri passeri, e non vi dico quanto sbuffavamo, perché non si finiva mai.
Nostra madre per consolarci prometteva che ci avrebbe preparato il gnocco di farina bianca e gialla, che si cuoceva in una padella sulle braci del focolare.
Il giorno dopo non si pensava più alla atroce caccia che avevamo fatto, perché per la gran fame trovavamo i passeri molto buoni.
Passava qualche giorno prima che Ezio facesse di nuovo il turno nelle scuderie. Quando era possibile rifacevamo la stessa cosa, ma solo d’inverno, perché in estate i passeri trovavano da mangiare fuori, nei campi, specialmente al tempo del grano maturo.
Avevamo sempre fame, però ci si saziava con il gnocco di farina gialla, che era molto buono.
Lo si impastava con il burro delle nostre mucche; in quel momento il latte era in abbondanza perché i vitellini, molto piccoli, non riuscivano a succhiarlo tutto.”
Il dolce racconto di Maria Traldi ci porta indietro negli anni quando per fame, i passerotti si cacciavano anche in altri modi: con le reti o nel porcile.
Una volta i passeri volavano in grandi stormi, oggi per i pesticidi in agricoltura, e per le gazze e le cornacchie cresciute a dismisura, che mangiano loro uova e piccoli, di passeri se ne vedono ormai pochi.
Specie quando c’era la neve ed i passerotti erano affamati, venivano tese fra le colonne dei fienili o fra due alberi, grandi reti sottilissime, si gettava pane secco per terra, i passerotti si buttavano a mangiare, si impigliavano nelle reti e fra noi ragazzi era una gara catturarli prima che si liberassero.
Un’altro sistema era quello di appostarsi nel porcile, una volta che si era ammazzato il maiale ed il porcile era vuoto. Ci si appostava dentro il porcile, dietro la porta, si buttava qualche briciola di pane all’esterno ed una manciata più grossa di pane vecchio all’interno del porcile. I passeri affamati arrivavano subito a decine; si spingeva rapidamente le porta chiudendola ed iniziava la caccia. Il porcile aveva il soffitto basso e nella foga di cattura, quante capocciate !
Tratto da “Quaderni di San Martino n.2” di Maria Traldi – disegno di Francesca Cavani – foto da “Album di famiglia”