Quend a la sira andavan in d’la mlunara
Quest’anno a San Martino ci sarà la Sagra del cocomero numero 45, ma di casot a d’la mlunara agh’nè poc, par dirla tuta, an s’in ved brisa!
Sembra ieri quando al mlunar “Bindoni” aveva il casotto di fianco alla caserma dei carabinieri, oggi villa Trombella, e per i giovani, la sera era la scusa buona per portarci la ragazza a mangiare una fetta di cocomero e star soli, senza la”badante” (perchè le badanti c’erano anche una volta: erano le mamme, le nonne o le sorelline piccole che facevano la guardia ai morosi )
Il melonaio teneva i cocomeri al fresco in fosse scavate nel terreno profonde oltre un metro, ma qualche melonaio le faceva ancora più profonde, per cui occorreva una scaletta per andarle a prendere, così le cocomere rimanevano più fresche e poi, togliendo la scala, si riducevano i furti notturni.
Perchè nel casotto, protetto dal sole da piante di girasoli o di zucche (piante che crescono in fretta) il melonaio ci dormiva la notte, per difendere dalle manoleste il suo raccolto.
Ma la morte del cocomero era tenerlo al fresco nel pozzo, si calava con un cesto legato ad una corda e si raccoglieva dal fondo del pozzo, sempre con la cesta, ma appesantita da un paio di mattoni, si catturava il cocomero andandoci sotto col cesto semi-affondato ed il gioco era fatto.
Quando si voleva gustare un cocomero la sera tardi, per i bambini era una festa, vedere papà legare una candela accesa, un metro sopra il cesto e calare la fune nel pozzo: la cosa assumeva qualcosa di magico e di fuori dal comune.
Andrea Bisi
Al mlunar Galileo Reggiani con una dei suoi dolcissimi cocomeri “Charleston”, immortalato nella sua melonaia, oggi campo sportivo della Sanmartinese Calcio.
Galileo con i fratelli è stata una stirpe di cocomerai che ha insegnato a tutto il paese questa coltivazione, attività che per molti anni è stata una grossa parte della nostra economia agricola.
La foto è tratta da “San Martino Spino Album di Famiglia” anno 2002