Storia del V Centro Allevamento Quadrupedi – II capitolo
La Basilica delle Valli ed altri barchessoni, le stupende stalle per i cavalli seconde solo a quelle disegnate da Leonardo Da Vinci.
Seconda Puntata
Specie in questa epoca di crisi, dove mancano fondi per salvare siti archeologici come Pompei, la nostra comunità, deve ringraziare quanti si adoperarono, fra il 1997 e il 1999, per salvare il Barchessone Vecchio ed il Barchessone Barbiere, salvando così un pezzo di storia, non solo sanmartinese: Coop.va Focherini, Amm.ne Comunale, Fondazione Cassa di Risparmio, Regione e Provincia. Ma vanno ricordati anche i quattro giovani laureandi in architettura, che svolgendo prima uno studio per l’università di Firenze poi, due di loro, la tesi sui Barchessoni, ne fecero emergere per primi l’importanza anche fuori dalla nostra piccola frazione.
“Nella zona della bassa mirandolese denominata “Le Valli”, destano interesse alcuni manufatti edilizi rurali dallainconsueta pianta poligonale caratterizzati da un’importante copertura a falde, conforme alla configurazione di base e denominati barchessoni….”
Comincia così il loro articolo su Quaderni della Bassa Modenese dal quale abbiamo recuperato parte delle informazioni per queste righe, che potete rileggervi, visitando i Barchessoni, le nostre stupende stalle per cavalli, seconde per bellezza solo a quelle progettate dal grande Leonardo a Vigevano.
L’edificazione dei Barchessoni iniziò già dal 1892 (Foto2),
Un anno prima della inaugurazione del Centro Quadrupedi; essi compaiono sulla Mappa del Genio Militare del 1936, dove sono contraddistinti da toponimi locali: Barchessone Vecchio, Barchessone Barbiere, Barchessone Portovecchio,Barchessone Fieniletto, Barchessone Cappello e Barchessone Pascolo, gli ultimi due sono andati distrutti da due incendi una cinquantina di anni fa. Il Barchessone Fieniletto, il più piccolo, l’unico senza mura perimetrali ed esterno alla tenuta di Portovecchio, è da tempo in rovina, come oggi è in rovina anche il Barchessone Portovecchio che era l’unico sopravvissuto finora senza bisogno di restauri.(Foto 3)
Il Barchessone Vecchio fu costruito nel 1824 dalla Camera Ducale di Modena , quasi 70 anni prima degli altri, (e da qui spiegato l’aggettivo: vecchio!); semidistrutto dalle numerose rotte del Po, fu restaurato proprio con la nascita del Centro militare.
Si differenzia strutturalmente dagli altri per la presenza di una abitazione al piano superiore. La pianta è poligonale a 16 lati, con un diametro di circa 29 metri. La struttura portante del secondo piano è costituita da un grande pilastro centrale, da un giro interno di 8 pilastri che sostengono il piano superiore e da un giro di 16 pilastri esterni, tamponato dai muri con finestre. Tra le due cerchie di pilastri esiste una serie di 16 pilastri minori. Le fondazioni sono continue, i mattoni posati di piatto per creare una platea di appoggio per il manufatto sopra il terreno di natura argillosa e sabbiosa; la pavimentazione in cotto a spina di pesce una volta proseguiva anche all’esterno. All’interno della colonna centrale si avvolge una stretta scala a chiocciola. Originariamente questa era l’unico collegamento tra stalla e abitazione; venne poi sostituita da una scala esterna in legno (Foto 1) fino al 1954 quando fu costruita l’attuale scala esterna.(Foto 4)
Oltre al saettone, i puntoni hanno altri due appoggi, uno sul pilastro interno, l’altro su quello perimetrale; altri pilastri, di dimensioni minori, dividono in due ogni lato provvisto di vedute ed in tre partì ognuno dei quattro lati di accesso: essi servono da appoggio ad una raggiera di puntoni intermedi di lunghezza pari a metà falda.
La struttura degli altri cinque barchessoni è più semplice, è caratterizzata da una colonna centrale, (Foto 5) nella quale sono incastrati a raggiera 16 elementi inclinati di legno (saettoni) che sostengono altrettanti puntoni disposti secondo le linee di falda.
Strutturalmente il barchessone Barbiere è l’unico dei cinque caratterizzato dalla presenza di una doppia corona di saettoni di legno incastrati alla colonna centrale, invece di una sola. (Foto 6)
Il materiale usato è pioppo, il legno locale, messo in opera in tronchi a tutto tondo, parzialmente squadrati: in superficie tracce di polvere bianca, segno che il legno è stato cosparso dì latte di calce, trattamento usato una volta per combattere il cosiddetto fungo delle case (“merulius lacrymans”)
“I barchessoni, come luoghi di raccolta dei cavalli, rappresentano ormai una memoria storica del luogo, grazie anche alla loro unicità. Conservare i barchessoni, ridare loro l’aspetto originario, non come scelta di restaurazione nostalgica del passato…….(omissis)…..significa realizzare a pieno le potenzialità e le risorse del luogo a scopi sociali, ed in particolare sottrarre all’azione dell’incuria e del tempo il destino di questi manufatti edilizi “rurali unici nel loro genere.”
Così termina l’articolo dei nostri (allora) quattro giovani laureandi, la loro proposta è oggi realtà..
Con termini meno tecnici, aggiungiamo che la sera, specie nei periodi più freddi, i cavalli allevati allo stato semibrado erano condotti al riparo nei barchessoni, dove venivano lasciati liberi: non ferrati correvano meno pericolo di ferirsi fra di loro.
La comunità di San Martino ringrazia:
Patrizia Bergonzoni, Lucia Burroni, Marco Zagnoli ed il mirandolese Fabio Reggiani, oggi affermati professionisti.
Gli spunti sono stati tratti da: Quaderni della Bassa modenese n.5 – anno 1984
Tratto da: “Lo Spino” bimensile di San Martino Spino