Storia del V Centro Allevamento Quadrupedi di San Martino Spino
Come i “Butteri” abbeveravano i cavalli tutto l’anno.
Ricostruito il progetto dell’approvvigionamento idrico del centro quadrupedi tramite una intervista al Sig.Marcello Battistuzzi, anziano capomastro in pensione e figlio di un buttero.
I cavalli venivano abbeverati recuperando l’acqua da profondi pozzi a forza di braccia, però, per abbeverare velocemente tanti animali i militari avevano adottato un sistema ingegnoso di sollevamento dell’acqua, sistema che potete vedere nella foto sotto che ritrae una sfilata di carrozze e sullo sfondo un pozzo basculante.
Questo impianto viene da lontano nel tempo, se ne trovano i disegni addirittura nelle tombe dei faraoni egiziani ed ancora oggi di funzionanti lungo le rive del Nilo.
Consisteva in un grosso tronco d’albero, tagliato salvando due rami a V (C), che avevano la funzione di fare da forcella.
L’ albero, parzialmente piantato per terra, veniva sostenuto da quattro controventi (D) per assicurarne la staticità; la forcella era attraversata da un perno di ferro, che aveva la funzione di tenere in bilico un lungo palo, (E) spesso composto legandone assieme due, per aumentarne la lunghezza fino a 12-13 metri..
I
In fondo al palo venivano legati dei contrappesi (F), mentre dalla parte opposta veniva assicurata una lunga corda (G) con un secchio di legno(H), ma tra la corda ed il secchio veniva inserito una bastone di legno (I), con due anelle finali (L).
Afferrando la corda, era facile far scendere il secchio nel pozzo; una volta pieno, tirando la corda con una sola mano, il secchio saliva con facilità e senza sforzo, aiutato proprio dal contrappeso posto dall’altra parte del palo basculante.
Quando il secchio arrivava all’altezza del bordo del muretto del pozzo, il buttero afferrava il bastone, faceva appoggiare il secchio in bilico sul muretto ed, inclinandolo con il bastone, senza bagnarsi, con una mano sola rovesciava l’acqua nell’abbeveratoio, lunghissimo ed inclinato in modo da abbeverare più animali.
Ma quando le estati erano siccitose e il livello dell’acqua nei pozzi scendeva……occorreva comunque abbeverare i cavalli: semplice….con l’acqua piovana,bastava solo averla tesaurizzarla !
L’acqua che cadeva sui tetti delle lunghe tettoie veniva raccolta attraverso normali canalette di lamiera (al dossi!!) e prima di essere indirizzata nei tubi di raccolta una semplice rete (1) impediva alle foglie di scendere nel pluviale.
Legenda (1) Rete – (2) Tubo orizzontale – (3) Vasca di depurazione con ghiaia – (4) Vasca di depurazione con carbone vegetale – (5) Vasca di depurazione con calce viva – (6) Vasca di depurazione con sabbia di Rocca – (7) Canalizzazione verso la cisterna sotterrata.
Lungo tutta la stalla, circa ogni 10 metri, correva una tubazione inclinata (2) che raccoglieva l’acqua, dei pluviali, e la convogliava in un pozzetto sottostante, pieno di ghiaia (3), dove l’acqua veniva depurata dalle impurità più grosse; passava poi in un secondo pozzetto (4) pieno di carbone vegetale che aveva la funzione di adsorbire (*) eventuali sostanze organiche sospese. L’acqua, passando poi nel terzo pozzetto(5) con calce viva (ossido di calcio) trasformava la calce in calce spenta (idrossido di calcio) con la proprietà di venire disinfettata. Questo passaggio rendeva però l’acqua “basica”, per cui facendola passare per l’ultimo pozzetto (6) con sabbia di rocca (non siamo sicuri del nome ma dovrebbe essere un allume) con la proprietà di neutralizzare la basicità del processo chimico precedente.
L’acqua finale era buona e potabilissima ed a questo punto veniva convogliata nella cisterna interrata (7).
La cisterna era composta da cinque stanze disposte a croce, costruite sottoterra in muratura, con delle porte ad arco, che permettevano di comunicare fra loro e di convogliare l’acqua nella stanza centrale, man mano che questa veniva utilizzata(A)
Pianta a croce di una cisterna
Queste “stanze” erano poi coperte da un tetto in muratura, a sua volta coperto con uno strato di terra che contribuiva a mantenere l’acqua fresca ed a ridurne l’evaporazione, specie nei mesi estivi.
Nel “tetto” della stanza centrale veniva mantenuta una apertura, circondata da un muretto di protezione, come un normale pozzo.
L’acqua rimaneva potabilissima per lungo tempo perchè per evitare alghe veniva di tanto in tanto aggiunto un pizzico di solfato di rame.
Anche questo sistema di cisterne viene da lontano nel tempo: era utilizzato dai romani in tutta Roma e ne rimane ancor oggi una di queste, immensa, in Turchia, con un soffitto sostento addirittura da colonne in granito.
(*) Un ingegnere chimico ci ha confermato il verbo corretto: adsorbire, perché significa che è una molecola che si lega debolmente al carbone, mentre assorbire è azione fisica come l’azione di una spugna.