I famosi allevamenti di cavalli a San Martino Spino
Dal diario della visita del vescovo di Reggio Monsignor Marliani a tutte le parrocchie della diocesi nel 1664 e da due volumi presenti nella biblioteca di Mirandola “Marchi delle Razze dei Cavalli dello stato Veneto” edito a Venezia nel 1770 e “Viaggi,Cavalli, Bardature e Stalle degli Estensi nel quattrocento”del 1892, possiamo ricavare questi brevi note sugli allevamenti dei cavalli della famiglia Pico a San Martinospino.
Come testimoniano antiche mappe del Cinquecento, Portovecchio era un importante centro strategico di smistamento all’estremità del Ducato Mirandolese, verso il dominio Estense. San Martino era già nota al tempo del duca Borso d’Este che, proveniente da San Felice, il 7 luglio 1461 vi fece tappa e qui gli fu presentato un superbo puledro, che secondo alcuni gli fu donato, secondo altri che il duca comprò.
Nella contabilità del duca è registrato che al messo di Mattia Malvezzi furono regalate monete d’oro “per la cavezza”(un modo di dare la mancia a chi aveva accudito ed allevato il cavallo)
È infatti opera dei Pico l’organizzazione di una vasta tenuta agricola incentrata su una villa –fattoria,oggi villa Tioli,che comprendeva Portovecchio, la Povertà e l’Arginone, un complesso di ampie proporzioni dove fu organizzato il loro famoso allevamento di cavalli, il resto dei terreni era riserva di caccia e pesca dove i Pico ospitavano i loro ospiti illustri.
Dal registro dei cavalli dei Duchi Estensi si legge che il 29 aprile 1480 ”…è zunto messer Galeazzo dalla Mirandola con 27 cavalli…” indice di questi allevamenti san martinesi.
L’indicatore Mirandolese testimonia poi che ad incrementare l’allevamento e la selezione di razze equine fu opera principalmente del duca Alessandro II Pico (1641 -1691). Razze che divennero famose per quei tempi: la Coniera, la Villana e la Zanetta o Zanetti, quest’ultima costituita da piccoli cavalli di origine spagnola.
Un generale tedesco comprò un cavallo nominato Baimoroso per la cifra di 600 ongari. Il nobile Morosini per un Corsiero pagò addirittura 900 zecchini, il vescovo di Trento spese per un magnifico esemplare ben 800 ongari.
Nel 1664 nella visita del Vescovo Monsignor Marliani a tutte le chiese della diocesi di Reggio, i suoi segretari così descrivono San Martino: “ Una villa di grande fertilità, bisognosa di abitanti, che arricchisce solo i duchi Pico, superbi per i loro cavalli che vengono nutriti con grande abbondanza, e si vedono stalloni di tanta mole, che tu non puoi giudicare inferiori non solo a quelli di Diomede, ma anche Pireonte (uno dei cavalli del sole), e lo stesso cavallo che per inganno fu costruito a Troia non lo devi credere al confronto molto più grande.”
Nel 1711 le proprietà sanmartinesi dei Pico passarono agli Estensi di Modena, poi nel 1750 appartennero a ricchi Menafoglio che investirono e costruirono nella tenuta di Portovecchio, continuando l’allevamento del cavallo.
I Cavalli selezionati dei Pico e poi quelli dei Menafoglio e della famiglia Greco erano famosi nel mercato di Rovigo, il più importante mercato di cavalli di allora, istituito dalla Serenissima nel 1482 e,con definitivo Decreto del 1595, fissato il 20 del mese di ottobre di ogni anno.
I marchi dei tre allevamenti, che venivano apposti a fuoco sulla coscia destra dell’animale (e a volte anche sulla ganascia) sono riportati nel compendio “Marchi delle razze dei cavalli”.
Da Quaderni della Bassa Modenese anno 1 n.0
I segretari del Vescovo dopo aver parlato dei cavalli dei Pico, fanno il diario della visita a Gavello Biagio di Gavello. die sab. 10 maii
«Da S. Martino Spino, volti verso ponente, dopo un viaggio di tre miglia siamo arrivati alla villa di Gavello la cui chiesa sacra a S. Biagio, è abbastanza in buono stato…
Questa villa per l’amena posizione allieta coloro che vi arrivano, cosa rara in pianura dove gli alberi posti tutto attorno limitano il panorama (oculorum usum limitant). Poiché sedendo noi davanti alla porta della casa parrocchiale al di là della lunga teoria dei pioppi che fiancheggiano la via, la vista spazia per una valle ampia e paludosa, verdeggiante di tratto in tratto di olmi e carici, a cui si aggiungano i campi modenesi, ricchi di frutteti; ai quali succedono i colli pieni di vigneti che sono come i primi pendii dei monti più alti sovrastati dai dorsi montani coperti di castagneti, alla loro volta dominati dai gioghi degli Appennini, aspri, impervi confinanti col cielo, biancheggianti di continue nevi.
Ma a questo pomeridiano giocondissimo gaudio, seguirono tragici eventi notturni, poiché per tutta la notte ci fu da combattere con sconfitta (adverso marte) contro le zanzare, onde al mattino prestissimo fuggimmo come dalla patria dei Lestrigoni (addirittura)».