Quant’è bella la vita – Continua il 1972
Il 1972 è comunque un anno molto interessante. Come sempre quando si sa che l’anno successivo si deve voltare pagina(1) ci si dà all’appagamento di desideri ed aspirazioni improbabili, poiché ci si rende conto che ciò sarà impossibile in seguito: con Gianni Bellini partii per due strani e a modo loro interessanti viaggi verso l’Africa e il Medio Oriente, per saggiare la potenzialità ospedaliera di molti paesi emergenti.
Nel primo toccammo il Sud Africa, un improbabile agente più interessato al golf che alla dialisi, che comunque era già praticata in ospedali di ottimo standard.
E poi Kenia, Nairobi, con i suoi palazzi moderni downtown , e i mendicanti randellati dalla polizia, e il parco wildlife fuoriporta.
Una esperienza allucinante il giorno speso a Lagos in Nigeria, dove dopo aver visitato il sosia di Dizzie Gillespie(2)che si era autoproclamato nostro rappresentante , riuscimmo a fuggire dalle grinfie di un poliziotto in borghese che ci aveva colto a fotografare dal nostro taxi le strade vicinali (era un mercato di frutta e verdura, che c’era di strategico e di proibito?).
Fuga dall’inferno nigeriano e arrivo il giorno dopo nel paradiso ivoriano : una piccola Francia tropicale , hotel confortevole, piscina, frutti esotici, e la presenza inquietante di grossi lucertoloni nel giardino, a ricordarci che eravamo in Africa.
Potenzialità certo, contatti certo, business zero, ma un Veronesi rilassato al nostro ritorno, dal momento che per lui , proiettato ormai nella fondazione della nuova società Bellco, la nostra attività aveva già l’aspetto di un commiato, in attesa di ritornare attivamente sulla breccia in altri scenari, con altri argomenti.
Ma allora perché non ripetere il tutto in Medio Oriente? Certo, si comincia con un volo allucinante verso il Cairo, dove arriviamo a notte fonda, e dopo estenuanti controlli aeroportuali nel buio anti raid israeliani ci troviamo alloggiati in un albergo in centro dove non chiudiamo un occhio per il caldo e la confusione, in attesa di raggiungere il giorno dopo l’agognato Sheraton delle sette bellezze, con la sua aria condizionata, la cafeteria e tutto il resto.
Il solito tassista contaballe ci fa fare un tour accelerato di Cairo e dintorni, e la notte la immancabile cena kitsch con danza del ventre nella tenda dei beduini, a cui la vicinanza delle piramidi di Giza ,che si stagliano scure contro la luna, dà una recuperata bellezza.
La danza del ventre è di quelle doc: c’erano ancora agli inizi degli anni settanta le ballerine ciccione coi loro ombelichi grassi e mulinanti .
C’era un ente statale al Cairo che regolava l’import dei prodotti ospedalieri in Egitto , al quale facemmo visita e lasciammo tutte le nostre credenziali: si farà business in Egitto, ma molti anni dopo.
Visitammo un allucinante ospedale e poi partimmo per il Libano, la Svizzera dell’area, dove Dasco vendeva già a degli intraprendenti imprenditori locali ,ma solo componentistica.
A proposito, gran parte della componentistica dei nostri prodotti usa e getta veniva prodotta dal valente Sig. Ferrari, carpigiano, mentre si affermava sempre più un produttore di tubo di pvc di grado medico, il Sig. Brambilla, con il suo stabilimento Modenplast a Maranello. Li ricordo perché essi diedero un validissimo contributo allo sviluppo del nostro settore.
A Beirut allacciammo contatti con il Sig. Makhlouf, che cominciò immediatamente, da buon fenicio, a darsi da fare, per vendere prodotti finiti, particolarmente disposables , nei centri dialisi già presenti in quel paese. Poteva contare sull’expertise domestica del fratello , che già vendeva prodotti americani simili, di nostri concorrenti.
Buona la cucina libanese? Non ho una risposta, dato che il Sig. Maklouf ci ingozzava impietosamente solo di panini.
Corniche, Casinò du Liban(3): Beirut del ricordo non è la città che ora vedo alla tv. E molti di questi uomini d’affari furono spazzati via dalla guerra civile e non rientrarono più in Libano (Makhlouf si rifugiò a Cipro).
Dopo il Libano visita a Teheran(4) , con contatti promettenti: lo Scià investiva un sacco di petrodollari negli ospedali, salvo essere spazzato via poco tempo dopo.
La mia area d’azione si allargò così al Medio Oriente, ma per un periodo molto limitato:i contatti in questi paesi furono comunque da me lasciati in Dasco, poiché io dal 1973 in Bellco tornai a concentrarmi esclusivamente sull’Est Europa, di cui mi sarei di fatto occupato almeno fino al 1986.
Altro avvenimento di rilievo del 1972 fu il Congresso Annuale della Società Europea di Dialisi e Trapianti (EDTA) (5), che quell’anno si teneva a Firenze, per cui in terreno familiare, e l’exploit di Dasco, con il denaro Sandoz, fu eccezionale. Dasco invitò ed accomodò a proprie spese decine e decine di luminari da tutta Europa, e sponsorizzò cene e ricevimenti che nella cornice fiorentina assumevano un riflesso particolare.(6)
Il congresso di quell’anno penso sia ancora nella memoria di molti come un avvenimento “unico”.
Al team Dasco si era aggiunto definitivamente Michel Henle , il sandozzino svizzero trilingue che era stato incaricato di fare del product management , ma naturalmente si trovò molto spiazzato l’anno successivo dall’esodo di gran parte delle persone chiave ,con le quali aveva da poco cominciato a comunicare.
A Firenze rinsaldai contatti con molti decision makers medici di quei paesi di cui mi occupavo. , Loro si preoccupavano di far crescere velocemente i trattamenti medici specializzati , anche se con luci ed ombre data la specificità di regimi e governi.
Nella seconda metà dell’anno assistemmo anche (ancora in modo non formale) al distacco della Bentley dalla Dasco, Bentley che cercava di impiantare basi europee extraitaliane ed optò definitivamente per Uden in Olanda come sito della nuova sede europea. Come abbiamo già accennato, a questa decisione Jim Bentley fu spinto dal buon Theo Spangerberg, nostro distributore in Olanda e anche lui sulla via di un distacco profumatamente finanziato da mamma Sandoz, che voleva utilizzare nel Benelux solo la propria filiale.
Nel frattempo Veronesi aveva anche, con il supporto di Lucio Gibertoni (un perito industriale che dopo una esperienza di lavoro all’estero avrebbe seguito Veronesi in varie sue imprese), e la collaborazione di un personaggio milanese molto esperto del settore, il Sig. Callagher, impiantato in Dasco una linea di produzione prototipale di accessori monouso per apparecchiature di rianimazione .
Ho già anticipato che Sandoz aveva comprato nel Colorado una società produttrice di apparecchiature in questo settore ospedaliero , la Monaghan, e la produzione dei monouso relativi poteva diventare un’altra risorsa strategica, ma il distacco di Veronesi dalla Dasco fece sì che questa iniziativa venisse per il momento abbandonata (mai completamente però: Veronesi era come l’Araba Fenice, e alla fine degli anni ottanta tornò prepotentemente alla ribalta con questi prodotti , costituendo una nuova società ad hoc, la Darex, anche se purtroppo in questo caso dobbiamo aggiungere che la mossa fu tardiva, il settore era già “maturo” e venne quindi a mancare il momento magico dei prodotti innovativi con un 100% di margine di profitto ).
Oltre all’inserimento di manager sandozzini ,sempre nel secondo semestre del 1972, assistiamo al vorticoso rimpiazzo di molti uomini in Dasco , dato che l’esodo verso la costituenda Bellco dei personaggi principali pre-Sandoz ,ormai ufficializzato, era dato per imminente.
Come abbiamo rapidamente anticipato in precedenza, Veronesi doveva essere sostituito da Diego De Taddeo, torinese classico, pieno di presunzione e pregiudizi, che a sostituire Gianni Bellini (almeno in alcune funzioni di quest’ultimo) portò con sé un altro piemontese, l’Avetta, con le stesse presunzioni e pregiudizi, cioè dell’esploratore che arriva tra gli zulù.
Questo peccato di presunzione costò loro moltissimo , e loro furono gli artefici del quasi tracollo totale della Dasco negli anni immediatamente successivi, anche se la sua buona stella la aiutò a sopravvivere poi in vesti ormai profondamente diverse. La Sandoz incapace di ricavarne il minimo profitto, si liberò prima del 50% della Dasco effettuando una joint venture con una società francese, e alla fine vendette tutto. La allora ridenominata Hospal Dasco dopo varie traversie fu definitivamente acquistata dal gigante svedese Gambro qualche anno dopo.
Trazzi, il vice Gasparini della finanza e del personale, fu sostituito da un milanese, Mr Carocero. Altri che fuoriuscivano: il mio vecchio compagno di scuola Leonardo Bigi, chimico, responsabile del laboratorio di analisi, che andava ad occuparsi delle stesse cose in Bellco.
Luigi Bassi, responsabile del customer service, veniva sostituito da mio cognato , Alberto Chierici.
In produzione anche Giorgio Garutti, (“Giurgén” per gli amici), e Lucio Gibertoni passarono alla Bellco.
Si unì a loro Carlo Bellini, il quale era felice di abbandonare quello che non era più un eden, le vendite Dasco agli ospedali della Lombardia.
Sì, perché la Sandoz, complice Veronesi, aveva inserito il nuovo direttore vendite Italia, il Dott. Greco, ex area manager di svariate industrie farmaceutiche, odiatissimo da tutti i vecchi venditori della Dasco, e a lui fu demandato l’ingrato compito di decurtare le principesche provvigioni a cui loro erano abituati.
(1) Vedi più avanti la nascita della Bellco e la nostra migrazione da Dasco a Bellco, avvenute nel 1973
(2) Famoso jazzista americano. Il nostro potenziale agente aveva 11 figli che scorazzavano all’interno di una specie di capanna.
(3) Era una casa da gioco, ma facevano pure spettacoli bellissimi:elefanti sul palcoscenico, la Zarina a cavallo su un tapis roulant che sembrava correre verso di noi , i lampadari realizzati con ballerine vere dipinte di porporina color oro.
(4) Indimenticabile il caviale rosso iraniano
(5) Era la manifestazione europea chiave per chi si occupava di dialisi- vedi foto da www.giannibellini.com
(6) Indimenticabile il Garden Party all’Hotel Alexander previsto per 300 invitati, con 500 partecipanti che letteralmente saccheggiarono la cucina.