1996 – Persone attive e persone passive
Un altro “leftover” dei tempi di Shiley Pfizer, Jack Murphy, venne trasferito da Irvine a Mirandola , ma apparteneva a quella categoria “ugly from Liverpool” che ha reso odiosi gli inglesi nel mondo, non legò e dopo un po’ se ne andò, avendo litigato con tutti, persino con la portineria.
La razionalizzazione produttiva prevedeva la produzione delle due linee concorrenti di ossigenatori, i Dideco e i Sorin, entrambi a Mirandola: il marketing si occupò di una adeguata diversificazione del plant tour per i visitatori targati in uno o nell’altro modo.
Insieme a Menghini avevo instaurato un ottimo rapporto con il Dott. Calafiore, valido cardiochirurgo in quel di Chieti, che aveva grandi capacità nell’elaborare idee che dovevano poi portare a realizzare futuri prodotti sfruttabili dalla maggior parte dei centri di cardiochirurgia.
Il “king” della cardioplegia mondiale, il già menzionato Prof. Buckberg della UCLA (capace consulente della ex-Shiley ed ora Sorin Biomedical) , aveva elaborato una linea di dispositivi ormai acclamata negli Stati Uniti, e fonte per Sorin USA di grandi soddisfazioni economiche.
In Europa questa linea faticava ad avere successo, anche per motivi di gelosie professionali. Buckberg di persona aveva cercato di evangelizzare l’Europa con numerosi interventi e conferenze , ma con scarsi risultati.
Calafiore aveva riadattato le concezioni di Buckberg, e almeno in Italia avevamo trovato un consenso tra i cardiochirurghi per questi prodotti “italianizzati”.
Calafiore cominciò allora anche ad occuparsi di “ Minimally Invasive Cardiosurgery”, con il supporto di una emergente ditta americana, testando nuove apparecchiature. Il tentativo mio e di Menghini di coinvolgere anche i nostri ricercatori in queste tematiche non ebbero per allora un grosso successo: inutile dire che la M.I.C. veniva vista come al solito come una “threat” e non come una “(big) opportunity”.
La filiale tedesca, guidata dal volitivo Schneider, voleva giocare un ruolo sempre più importante, forte anche del suo ruolo e peso economico. Nel settore ATS il product manager Volker Brandt aveva instaurato dei buoni contatti con un anestesista rianimatore di Regensburg, il dott. Emil Hansen, che voleva allargare l’utilizzo dell’ATS alla chirurgia tumorale , con idee innovative che prevedevano l’irraggiamento radioattivo del sangue raccolto. Purtroppo Brandt lasciò presto la Sorin (era un tipo vulcanico e mercuriale, che mal si adattava alla nostra filosofia) e il contatto si isterilì.
In Stoeckert, ampiamente sulla cresta dell’onda con la nuova macchina cuore-polmone, c’era un nuovo Marketing Manager, Mr R. Kohlscheen, che si integrò rapidamente con il nostro gruppo mirandolese.
Replicammo nella primavera del 1996 il Glue Meeting, dove constatammo che, mentre l’opera di avvicinamento e affiatamento della nostra forza vendita mondiale era quasi completamente riuscita, il riavvicinamento tra il marketing di Mirandola e quello di Saluggia era una impresa impossibile.
Ci fu uno scontro sul tema del sito web del gruppo, che era in fase di realizzazione, e dove Saluggia aveva come al solito preso iniziative senza nemmeno contattarci.
In compenso la “location” (il “Forte Village” in Sardegna) era anche meglio della precedente e avevamo messo in campo una buona quantità di attività sportive, in cui sfogare le nostre frustrazioni: io per esempio riuscii anche a fare un autogol durante l’incontro di pallone.
L’EACTS 1996 si svolse all’inizio di ottobre a Praga, nella magica cornice di una ritrovata Praga, dopo gli anni bui dell’abiezione e dell’abbandono.
Anche la nostra partecipazione a congressi internazionali e continentali in materia di aferesi e ATS negli USA era piuttosto frequente: quell’anno uno dei più rilevanti si svolse in ottobre a New Orleans , e partecipammo io ed Ivo Panzani.
L’ultima trasvolata mia e di Panzani (vedi cronaca precedente) era stata costellata di incidenti inspiegabili. Per evitare una ripetizione di ciò, mi era stato consigliato dagli “esperti” di prenotare i due posti sull’aereo , l’uno il più lontano possibile dall’altro: ciò funzionò almeno in parte, poichè riuscimmo ad arrivare a New Orleans sani e salvi, anche se con grande ritardo e a notte fonda, a causa di una insolita (data la stagione) tempesta di neve sull’aeroporto O’Hare di Chicago . La noia del viaggio era stata alleviata dall’incontro con due altri mirandolesi DOC sullo stesso aereo per Chicago: il mio ex-compagno di liceo Amedeo Testa (anche lui con una lontana esperienza agli albori del nostro settore con la Sterilplast di Gasparini e Veronesi, ed allora Direttore Vendite Italia per la Abbott) e Giorgio Spelta, ex-compagno di Istituto Tecnico di Panzani ,il quale confessò candidamente di avere per anni estorto al buon Ivo copie dei suoi compiti in classe dietro chissà quali minacce.
Spelta commerciava in pezzi di ricambio per macchine agricole ,con un ufficio a Miami Beach e la sede principale in Costarica.
Questa volta gli inspiegabili incidenti colpirono solo Ivo : a onor del vero lui li sopportò stoicamente.
Arrivati a notte fonda all’Hilton di New Orleans la sua prenotazione era sparita e fu costretto ad alloggiare in una specie di pensionato ospedaliero molto distante, pensionato che raggiunse dopo svariate tribolazioni, prima delle quali il taxi che lo trasportava , che si guastò poche centinaia di metri dopo essere partito .
Inoltre nella ospitale atmosfera conviviale dei tipici locali creoli, tra musiche e danze Cajun, mentre ci sedevamo sulle nostre villerecce panche , Ivo scoprì che il suo posto era contrassegnato da un acuminato chiodo che gli lacerò i pantaloni.
Nelle mie note di allora compaiono sempre gli stessi temi: faida tra Sorin e Dideco, con complicanze di Snia; voci e smentite su vendite ed acquisizioni.
Sì , perché nel frattempo Fiat si era disfatta della Sorin (o potremmo dire con il senno di poi che Sorin si era disfatta della Fiat?).
Eravamo divenuti ora una public company pilotata dalla borsa.
Si rendeva anche sempre più evidente un fastidio da parte di Chierici ad occuparsi di problemi personali e manageriali: l’introduzione degli MBO[1], senza una adeguata azione di controllo e di coaching da parte sua portava ad una grande frustrazione. Era evidente che non il boss, ma il responsabile dell’ufficio del personale si occupava di fatto della valutazione dei suoi colleghi managers. Ci sono innumerevoli messaggi scritti da me a Chierici a testimoniare l’assurdità di questa situazione.
[1] Il Management by Objectives era allora molto di moda