1990 – Un nuovo player sempre più importante
La Sorin, azienda piemontese nata all’ombra di una centrale atomica e per anni attiva nella cardiostimolazione e nei radiofarmaci, aveva già mostrato da anni il proprio desiderio di espansione e approfondimento nel settore dialisi e cardiovascolare. La Fiat era entrata e uscita dal suo capitale sociale, e aveva insegnato quali arti di p.r. erano necessarie a Roma per assicurarsi pingui fondi statali per la realizzazione di progetti ad alto contenuto avveniristico ( ahimè mai realizzati). L’esempio più eclatante per Sorin era stato il progetto detto “cuore artificiale”, per lustri veleggiante nell’iperspazio e mai concretizzato.
Dopo alcune “fiacche” puntate nell’emodialisi e ossigenazione con l’acquisto del settore dialisi della Bentley, la Sorin già nel 1987 (allora controllata dalla Snia, a sua volta controllata dalla Fiat) aveva reallizzato una joint venture con Enichem appropriandosi del 50% del capitale di Bellco.In seguito effettuò il passo decisivo proprio all’inizio del 1990 con l’acquisto del restante capitale della Bellco dal parastato. Il boccone era succulento, il prodotto acquistato era una felice miscela di tecnologia e di portafoglio clienti. La Bellco, nata con lo stellone, diversamente da tutte le altre realtà locali, riuscì anche in seguito a tenere la testa pensante a Mirandola, e a non essere costretta a trasferirla agli ostici piemontesi.
E gli altri personaggi a noi ormai ben noti? Dov’è finito Veronesi dopo aver lasciato la Dideco? Ma certo, a creare l’anti-Dideco! Aiutato da chi? Ma sempre da loro , la Sorin.
Ovviamente Veronesi aveva un forte obbligo di non concorrenza con la Pfizer, e tutto fu operato nell’anonimato più assoluto: due personaggi chiave furono convinti ad uscire dalla Dideco, e a trasformarsi in piccoli imprenditori, il Mazzoli , che aveva curato il lancio dell’ossigenazione in Dideco dall’inizio, e il mitico Ing .Massimo Fini, bolognese maritato a Mirandola .
I due avevano buoni prodotti in tasca (in particolare un innovativo ossigenatore a membrane) e li realizzarono nella loro minisocietà Cortec,[1] che supportata dalla rete commerciale della Sorin cominciava a creare qualche problemino alla Dideco.
Vi ricordate che alla uscita dei vecchi soci dalla Bellco, Lucio Gibertoni non era salito sul band-wagon di Dideco? Dopo varie peripezie minori aveva ripreso ad occuparsi di un’altra linea di prodotti che all’inizio degli anni settanta lui aveva curato in casa Dasco insieme al Sig. Callagher, esperto milanese del settore , e che allora ,dopo qualche tentativo coronato dal successo, era stata abbandonata per defezione dello stesso Gibertoni verso la Bellco.
La ditta si occupava della produzione di disposables per anestesia e rianimazione ( tra cui i famosi “nasi artificiali”).
Incontratolo, mi dichiarò papale papale “E ‘sta volta nessuno potrà dirmi che questa ditta è di Veronesi”: povero Gibertoni, tutti al Caffè Pico di Mirandola[2] sapevano che alle sue spalle c’era il grande Mario e stava per nascere la DAR. Qui in realtà il Grande Mario, libero da pastoie contrattuali , fu ben presto il commander-in-chief dichiarato e divulgato.
Ben più modesta era la nostra sopravvivenza in casa Miramed.
Note del tempo:
31.1.90
Piccola-Cronaca-Aziendale
Tutto si evolve secondo le più fosche previsioni: dovremmo vederne delle belle!!
24.2.90
Piccola-Cronaca-Aziendale
ancora la più nera incertezza:
i Giapponesi sembrano comunque scontati
Erroneamente (mi riferisco ai capitoli precedenti) all’inizio del 1990 si dava per scontato l’acquisizione della nostra società da parte dei giapponesi della Nissho, che mai si materializzò.Il già menzionato boss giapponese Mr Sano venne anche una volta alla Miramed, ma non si mostrò particolarmente interessato, se non al sistema di grondaie e sottotetti del nostro edificio, che lo affascinarono.
Note:
5.4.90
I giapponesi non arrivano più!
E tutto torna come prima.
Gianni Bellini, che avrebbe potuto beneficiare di tale acquisizione giapponese , cambiò rotta e si concentrò sul consolidamento e sviluppo di Carex rinforzando i componenti Guparo, Diatekno e Miren. Lui rilasciò anche in interviste sui giornali locali delucidazioni dettagliate sui suoi progetti
Questo progetto generò anche una mini immigrazione triestina dalla fatiscente Laboratori Don Baxter alla Carex, ma date le diversità “climatiche”gli asburgici non misero radici.
In Miramed intanto regnava una calma solo apparente: il gruppo di miei colleghi che chiamerò “ingrati” stavano progettando una fuga in massa : il motore di questa decisione veniva da fuori.
La società Cremascoli-Anpax di Milano, grande distributore di prodotti per ortopedia e per banche sangue, cercava di investire nel pool mirandolese e aveva contattato gli “ingrati” per mettere in piedi un piccolo centro di produzione di filtri per leucociti, in concorrenza con Miramed .La minisocietà venne battezzata Biofil.
Con me si comportarono malissimo: non ho mai capito perché non mi abbiano informato del loro progetto, anche se in definitiva in questo modo mi fecero un favore.
Uscire dall’azienda Miramed , far partire la Biofil e chiuderla: tutto successe in uno spazio di tempo brevissimo (un paio di anni). Di loro solo il tecnologo Giorgio Mari si salvò trasformando l’azienda ormai finita in una succursale della Fresenius, cosa che è tuttora.
Note:
27.10,90
Piccole Cronache Mirandolesi
Tutti via Cavicchioli
Mantovani
Mari
Incerti
alla Anpax-(Cremascoli)
F Menarini va per conto suo (-> Gianni Bellini.)
Io nell’autunno venni contattato di nuovo dalla Dideco, da Scarfì avallato dal Chierici londinese , per sostituire Bassoli come responsabile dei mercati dell’Est Europa (URSS inclusa): la cosa mi piacque subito, dato che in gran parte si trattava per me , arricchito da anni di altre esperienza, di rituffarmi nel mio passato cardiochirurgico e aferetico (con la aggiunta della autotrasfusione, della quale io avevo solo intravisto gli albori).
Come mai Bassoli, che aveva raccolto la mia eredità nel settore separatori cellulari con notevoli successi (lui era un buon tecnico del settore) aveva “cessato” il rapporto con la Dideco? Il personaggio era ambiguo e poco affidabile: spesso mi aveva contattato in Miramed per chiedermi cose come :” tu che li conosci bene, io in Ungheria farei così o cosà ecc” .Ogni volta io gli avevo dato il mio spassionato giudizio, per poi scoprire regolarmente che lui aveva sempre fatto il contrario.
La causa principale del suo allontanamento fu che il buon Bassoli per gonfiare il fatturato in URSS aveva creato una montagna di crediti , che si rivelarono inesigibili e dovette gettare la spugna.
Non prima di aver introdotto il vecchio Nicoletti (reduce da una esperienza ovviamente deludente in Diatekno) in Dideco come responsabile del marketing.
Due parole riguardo al marketing della Dideco: la posizione era critica e volatile. Tutti ci avevano provato con durate non superiori all’anno solare. L’immigrato parmense Contini qualche mese, il vecchio Gianchie pure; Nicoletti ,lo vedremo in seguito, durerà anche un anno scarso. Inoltre Chierici al suo rientro londinese aveva sottratto al marketing di Dideco a Mirandola molte delle funzioni più importanti, unificandole con quelle delle altre società del gruppo e risultando lui il capo-ombra del marketing del gruppo.
Note:
10.12.90
Il dado è tratto!
Mi sono stufato di Miramed e della sua mancanza di prospettive
Vado in Dideco a partire dal febbraio-marzo del 1991
12.12.90
L’anno si è caratterizzato come un anno di contrasti sul lavoro:
-contrasti con il gruppetto degli “ingrati” (Mari,Incerti, Cavicchioli) che volevano scaricare sul sottoscritto una serie di responsabilità
-contrasti col nuovo pseudo-direttore ,Noccioli, per la sua incapacità di gestire anche solo superficialmente la realtà della Miramed in un modo che tenesse conto delle legittime pretese di chi ci ha lavorato per anni
Gianni Bellini intanto nella sua nuova CAREX sta trasportando un numero considerevole di impiegati Miramed, sfruttando appunto la mancanza di una strategia in Miramed.
Come succede spesso nei cambiamenti di lavoro e di ditta ci si gode anche un periodo di quiete (le preoccupazioni che prima ci tormentavano sono azzerate) e insieme di eccitazione per le sfide future.Si inizia a studiare a fondo l’azienda dove si deve ricominciare.
Verso la fine del 1990 fui contattato da un mio vecchio e sfortunato amico, Checco Galavotti, il quale ,reduce da una infelice iniziativa nel commercio e vendita di mobili dove aveva bruciato i risparmi di una vita, cercava ora disperatamente un colpo gobbo per ripartire.
Eravamo in piena ristrutturazione della dissestatissima economia della ex-DDR, dove aziende moribonde e cotte erano nelle mani di una Treuhand costituita appositamente per accelerarne la vendita ad aziende tedesche o straniere.
Checco mi disse di avere un collegamento preciso con un tirolese che faceva di professione il broker di aziende e si appoggiava presso uno studio di engineering di Bologna dove lavorava anche un mio vecchio compagno di liceo, nonché figlio del mio maestro elementare, l’ing. Malagola.
Il tirolese aveva tra le mani la cessione della Keradenta a Radeberg presso Dresda e Checco mi chiese se per caso la conoscevo.
Certo che la conoscevo: avevano comprato, per un tozzo di pane più qualche promessa, la licenza di fabbricazione dei filtri capillari per dialisi della Dow Cordis americana (una delle prime aziende a produrre filtri capillari, usando le fibre Dow e non quelle tedesche occidentali) e avevano montato una linea completa di sterilizzazione, dove avevano anche iniziato ad usare una fibra alternativa prodotta dal Kombinat chimico a cui erano affiliati, che era a sua volta il “nipote” del vecchio stabilimento anteguerra della Bemberg.
Checco mi chiedeva in sostanza, data la mia esperienza, di controllare sul sito la validità della cosa, e di cercare di cointeressare la Baxter per un acquisto dell’impianto. Checco e lo studio di engineering di Bologna potevano anche fornire una parte del capitale necessario alla acquisizione.
Mi recai a Radeberg, in un dicembre pieno di neve: l’impianto c’era tutto e funzionava. Parlai con l’ing. Haaser , triste e depresso come tutti i suoi colleghi, perché -giustamente- fiutava la fine della loro società.
Da Baxter ricevetti solo buone parole e qualche nebulosa promessa. Anche Cremascoli a parole era iteressato, ma alla fine il progetto non si materializzò e l’Europa perdette probabilmente una fonte alternativa di approvvigionamento di buoni filtri economici per dialisi.
Checco rimase segnato da questo , che lui vedeva come l’ennesimo buco nell’acqua: lo riperdetti di vista ,dato che dopo qualche settimana mi buttai a capofitto in Dideco. Purtroppo, soffriva di una severa malattia cardiaca, spirò dopo qualche mese.
[1] Abbiamo già accennato alla Cortec, quando parlavamo della tempesta Veronesi-Chierici
[2] Uno dei centri nodali di scambio di informazioni a Mirandola