1986 – L’anno del grande cambiamento
L’inizio funesto dava ,anche se in negativo , chiari segnali: dovevo dare una nuova direzione alla mia attività.
In gennaio ,durante un viaggio nella solita Sofia congelata, fui colto da un attacco febbrile,e mi trascinai a fatica all’aeroporto per poi rimanere ,influenzato e tremante ,alcuni giorni a casa.
Avevo intensificato le ricerche di impieghi alternativi attraverso i canali ufficiali, che allora erano principalmente le pagine di annunci del Corriere della Sera.
La filiale italiana della Braun (l’altro gigante tedesco del medical device insieme alla Fresenius) mi aveva convocato per un colloquio a Milano. ( Non il primo e non l’ultimo in una serie di colloqui con ditte, che si rilevarono sempre deludenti: penso che la mia provenienza generasse una istantanea diffidenza nel potenziale datore di lavoro, dato il grado di accesa concorrenzialità del settore e il timore di trovarsi di fronte ad una potenziale “quinta colonna”.
Andai a Milano e parcheggiai la mia fiammante BMW con targa tedesca al parcheggio di Cascina Gobba, senza accorgermi che dietro la stazione della metropolitana era appena stato inaugurato – non c’erano cartelli di sorta – un secondo parcheggio, in parte coperto, custodito.
Ecco il risultato:
Note:
“15.1.86
a Milano mi hanno FREGATO l’auto! Con tutto quello che ne segue!
1.Giornata nera nonostante il sole e il vento caldo
2.colloquio col solito esperto di selezione del personale, misto di incompetenza, smorfietta superiore, ecc
3.Esco dal colloquio ,e la macchina è sparita
4. Denuncia ai carabinieri, per niente stupiti e sempre più fatalisti.
L’auto era assicurata e fu presto rimpiazzata dalla efficiente Bellco tedesca.
A Mirandola come al solito la situazione era in continua evoluzione: in Bellco Rimondi faceva il bello e il cattivo tempo, mentre Cosani ,avendo probabilmente capito l’inanità di certe sue velleità, lo lasciava fare. Non era un mistero per nessuno che Cosani stesso stava per lasciare.
In Dideco Veronesi perseguiva con tenacia l’obiettivo della vendita della società a qualche gigante del settore. Tramite antiche relazioni sue e del suo antico socio Gasparini con la filiale italiana della Pfizer divisione veterinaria, di cui loro erano stati negli anni sessanta distributori per la provincia di Mantova (anche Giurgén (Giorgio Garutti) aveva lavorato allora per Gasparini, portandosi dentro una avversione per il suo capo mai spenta nel tempo) Veronesi era risalito alle alte sfere: Pfizer era interessata ad entrare in un settore così dinamico, per reinvestire gli astronomici profitti del settore farmaceutico, ed iniziarono le negoziazioni.
I lupi affamati intanto erano sempre seduti dietro le loro inoperose scrivanie in attesa dei sacchi colmi di dobloni, stuzzicando Chierici solo per passare il tempo.
In Bellco ovviamente constatavo che la vita era meglio prima, perché ora coi nuovi capi non c’erano punti di contatto.
Aumentavo anche le annotazioni sulle mie crescenti difficoltà all’interno di Bellco frutto fondamentalmente di incomprensioni , e constatavo l’inizio dell’esodo di molti elementi validi:
Note:
13.3.1986
“dopo Nicoletti anche Ghidoni se ne va. Sarà una lunga lista, alla fine, di persone valide e brave che per un disegno che ormai comincia a chiarirsi sono messe con le spalle al muro e lasciano .
A me spiace lasciare solo per questo, gettare la spugna è comunque un segno di debolezza, anche se uno le ha tutte contro, e deve lottare in posizione di inferiorità. Gottardi[1] se ne andrà pure tra poco.”
Poi c’è l’annuncio di quanto circolava nell’aria:
“Intanto gli ex-ex soci , che ora hanno venduto anche la Dideco, si dividono altri sacchi di denaro”.
Rimondi che probabilmente aveva capito che ormai la mia intenzione di lasciare era definitiva fece qualche debole tentativo di ricatturarmi, ma ormai il dado era tratto e la mia lettera di dimissioni sul suo tavolo. Avevo ricevuto due offerte, la prima da mio cognato Chierici, per diventare direttore commerciale della Dideco, offerta certo prestigiosa e in linea anche con le mie esperienze precedenti ; la seconda , mediata da Gianni Bellini per conto di Travenol Miramed. Ovviamente entrambe sottintendevano la “ambita “dirigenza. In Miramed avrei dovuto anche occuparmi di marketing, e questa era anche la realizzazione di mie antiche aspirazioni (fiere, pubblicità, ricerche di mercato, ricerche di nuovi prodotti, unitamente alla parte più strettamente commerciale del lavoro).
Ci fu un dovuto tergiversare da parte mia, e poi ad istinto optai per la seconda, anche se lo stesso Cosani (per niente meravigliato delle mie dimissioni da Bellco, dato che già pensava anche lui di dimissionarsi tra breve) mi suggeriva invece la prima opzione . Chierici e Gianni Bellini come cacciatori di teste (la mia testa) ebbero anche a scontrarsi sul piano personale e questo creò certi attriti che furono sopiti solo più avanti. Per quanto mi riguarda, Chierici non se la prese più di tanto per la mia scelta, anche perché aveva da sbrogliare matasse ben più aggrovigliate.
Due altri vecchi collaboratori della Bellco, che giustamente avevano costruito delle legittime aspirazioni di carriera , videro infranti i loro sogni e lasciarono: Scarfì andò alla Dideco a fare il capo del personale, e Cavicchioli andò a fare l’amministratore in Miramed.
In Dideco, sempre più florida dal punto di vista del business, Veronesi lasciò la sua posizione, ovviamente obbligato da Pfizer ad una non concorrenzialità, che però restò puramente teorica.
Chierici colse la palla al balzo per licenziare il figlio Alberto Veronesi , presenza scomoda e fonte di problemi, e ciò creò un baratro incolmabile fra lui e Veronesi.
Nauseato dalla lunga terapia propinatagli dai lupi mannari prima della loro definitiva partenza (solo il buon Bigi restò in Dideco, ma lui era fuori dal branco e godeva della completa fiducia di tutti come tecnico sopra le parti) e dal colpo finale della rottura di ogni rapporto personale con Veronesi Chierici vacillò, ma tenne duro e riuscì a far traghettare la Dideco fin sulla nuova sponda dove gli acquirenti americani la attendevano.
Però Veronesi inferse un pesante colpo alla Pfizer, sottraendo alla Dideco un nucleo di valenti tecnici e specialisti (tra cui Adriano Mazzoli e l’ing. Fini) per creare una nuova società produttrice di materiale di cardiochirurgia, la Cortec. Vedremo più avanti gli sviluppi di questa impresa, e i suoi legami con lo sviluppo futuro della Sorin.
Io, in attesa di lasciare definitivamente la Bellco, mi feci ancora svariati viaggi nei miei vecchi paesi, anche per prendere commiato dai miei collaboratori: la loro reazione fu alquanto dispiaciuta, ma tutti compresero il mio punto di vista e le mie giuste aspirazioni. Eravamo nel periodo subito dopo il disastro di Chernobyl, e non viaggiavo in queste plaghe altamente contaminate (Ungheria e Polonia in particolare) certo a cuor leggero. Eravamo agli inizi di maggio.
Anche Pieroth e la banda tedesca compresero perfettamente la mia necessità di cambiare; inoltre avevano preoccupazioni maggiori, poiché Rimondi, con me o senza di me, si preparava a tagliare pesantemente i costi e il personale della filiale tedesca.
Il calendario prevedeva che durante il congresso annuale dell’EDTA – a Budapest quell’anno- che era proprio a cavallo dei mesi di giugno e luglio, avrei passato le consegne, e così avvenne: passai due giorni nello stand della Bellco e due giorni nello stand della Miramed, nella mia nuova funzione di direttore vendite-marketing.
Ecco alcune mie note di allora:
Cronache Belchiane
Mie intense negoziazioni per lasciare la vecchia Bellco
(Miramed? Dideco?Alternative esterne?)
seguito alle prossime puntate
Cronache exBellchiane
-E’ passata l’acqua sotto i ponti!
-La Bellco mi aveva stufato definitivamente e me ne sono andato
-Giornate di grande incertezza e profonda macerazione:
Miramed con G ianni .B.?
Dideco con Mirino[2]?
G.B. nella sua effervescenza si dimostra sempre pronto a dare una mano e
l’ambiente è pieno di gente fondamentalmente simpatica.
Mirino a volte è fin troppo “vellutato,inoltre l’ambiente Dideco ha dei grossi nei.
Cronache PLASTIC VALLEY
-la decisione (che mi è costata non poche elucubrazioni e ore di meditazione:
se vado qui succede questo ecc
se vado lì succede quello ecc)
è presa, sto con Gianni Bellini.
Mirino l’ha presa direi piuttosto bene e tranquillamente.
La Miramed , nella quale mi apprestavo ad entrare, era una ditta anfibia, poiché aveva un doppio raggio di azione.
Da un lato si era creata (diamo a Gianni Bellini i giusti meriti) un suo parco clienti prevalentemente in Italia e nell’Europa Occidentale, e anch’io come free lance avevo contribuito a vendere alcuni dei loro prodotti nei miei vecchi paesi, ovviamente prodotti non concorrenziali con quelli Bellco e Dideco (per es. cateteri per dialisi peritoneale). Nella mia nuova posizione avrei dovuto entrare in contatto con una miriade di distributori, normalmente di piccola taglia, ed ovviamente crearne di nuovi dove eravamo scoperti, prevalentemente all’estero, perché l’Italia era seguita dal valente Mauro Mantovani (proveniente dalla gavetta fatta in Beckton-Dickinson, mirandolese DOC, sul cui distinto accento mirandolese farmacisti e medici transpadani scherzavano bonariamente).[3]
Fondamentalmente Miramed aveva aggiunto ai suoi vecchi prodotti ( i famosi tubicini, set per flebo e per trasfusione, il vero materiale di consumo ospedaliero) una gamma di filtri usa e getta per i centri trasfusionali e una produzione di sacche in materiale plastico speciale (EVA) per la nutrizione parenterale. Tutti prodotti monouso? No, c’era anche una piccola macchina per il riempimento automatizzato e controllato delle suddette sacche.
Ma attraverso la laboriosa e lungimirante azione del De Luca, nel pur breve tempo in cui era stato direttore, Travenol si era creata una altra serie di prodotti da fabbricare in Miramed per le necessità delle numerose filiali Travenol che il gigante di Deerfield aveva sparse per il mondo.
La Travenol francese aveva bisogno di sets speciali per dialisi peritoneale? La Travenol Germania aveva bisogno di sets speciali per la nutrizione parenterale pediatrica ed infantile? Ecc.ecc. l’elenco è lunghissimo: tutti venivano alla Miramed , come ad un benevolo sarto disposto a cucire abiti su misura. Di fatto non c’era conflittualità con i prodotti venduti da Miramed direttamente ed il successore di De Luca , lo svedese Jan Astrand, vegliava sulla tranquillità aziendale.
Nel momento del mio arrivo Gianni Bellini – pur sempre presidente onorifico della Miramed- era tutto preso dalla sua nuova creatura, la Diatekno, di cui tutti noi , gli stretti collaboratori in Miramed, eravamo piccoli azionisti , e perciò aveva mollato la presa sulla Miramed, per dedicarsi alla sua nuova creatura .
Purtroppo era comunque riuscito in modo inconsapevole, a creare un piccolo pasticcio che mi riguardava direttamente.
L’area manager della Travenol responsabile per l’Europa meridionale risiedeva a Roma, il Dott. Kework Devruscian, armeno della diaspora tripolina cacciata da Gheddafi, e lui era il responsabile delle assunzioni di managers per l’area, Miramed inclusa. Gianni Bellini, convinto giustamente che l’ok di Devruscian fosse una formalità e della necessità del mio impiego (grazie!) gli aveva venduto la mia candidatura ultrabene, ma magari “esagerando un po’”sulla utilità di avere in Miramed un esperto di vendite nei paesi dell’Europa orientale.
Io non ebbi l’accortezza di rendermene conto nel mio primo colloquio con il boss romano , e gli dissi candidamente che , tranne che per qualche prodotto specifico, l’Est Europa non era l’area adatta per vendere prodotti “poveri”[4] come quelli di Miramed. Vidi sulla sua faccia un silenzioso sconcerto, subito metabolizzato, senza conseguenze negative.
Come al solito , Devruscian aveva ben altro a cui pensare nella sua veste di Area Manager ed inoltre Miramed generava grandi profitti per l’area, e lui se ne tornava a Roma soddisfatto per la visita mirandolese e carico di prodotti locali (il nostro prosciutto e il nostro parmigiano sono sempre stati biglietti da visita formidabili).
In Diatekno la ambizione non celata di Gianni Bellini era quella-tra le altre- di soffiare almeno una parte del mercato dei disposables della dialisi est-europea alla Bellco , anche tramite i miei contatti. Per questo , ancora dai primi giorni in cui fui attivo nella mia nuova funzione, mi mise in contatto con il responsabile commerciale neoassunto in Diatekno. Tutto ciò era perfettamente legittimo, dal momento che Diatekno era un subcontractor della Miramed.
Fu così che conobbi il funambolico Caliumi, un carpigiano con parentele giudaico-cristiane in quel di Trieste, un altro “macher” che sarebbe piaciuto alla penna di S.Bellow o di B.Singer.
Aveva avuto una vita estremamente avventurosa nella marina mercantile, era stato prigioniero di Fidel Castro, aveva posseduto una piccola isola nei Caraibi, aveva lavorato a New York City, eccetera eccetera. In un viaggio in auto verso la meravigliosa Dubrovnik,agli inizi di ottobre, dove esponevamo all’annuale congresso nefrologico jugoslavo organizzato dal Dott. Molnar di Zagabria , lungo i tornanti della Jadranska Magistrala le otto e passa ore di percorso da Trieste a Babin Kuk[5] non gli furono sufficienti per raccontarmi tutte le sue peripezie.
Caliumi, tornato in Italia, era stato assorbito prima dall’effervescente ambiente carpigiano, aveva diretto un paio di maglifici e aveva finito diventando produttore di etichette per abbigliamento. Cosa lo avesse portato in contatto con Gianni Bellini non l’ho mai saputo; comunque non durò molto in Diatekno: non riuscì a dare a Gianni Bellini quello che lui pretendeva, cioè uno sviluppo considerevole del fatturato. Si, perché secondo Gianni Bellini la Diatekno doveva diventare in breve una produttrice di sacche per soluzioni e di materiale di consumo per dialisi e cardiochirurgia, e abbandonare il ruolo di terzista per la Miramed. Vedremo più avanti come andarono le cose.
Il mio inserimento in Miramed fu molto agevole , anche perché conoscevo già alcuni dei personaggi principali, che in un modo o in un altro avevano militato con me in Dasco e in Bellco( per es. la valorosa Tersilla, che era sempre stata legata a filo doppio a Gianni Bellini, o l’amministratore Alberto Cavicchioli).
Con due personaggi chiave , nuovi per me, fu facile e pure gradevole avere a che fare.
Giorgio Mari,il vero , leale, braccio destro di Gianni Bellini, l’esperto di fibre, era il responsabile un po’ di tutto : ricerca di nuovi prodotti, tecnologia produttive, sterilizzazione ecc. Inoltre viaggiare con lui era un vero diletto perché era una formidabile carta da giocare coi clienti, data la sua preparazione scientifica, e potevamo nelle inevitabili lungaggini del viaggiare internazionale dedicarci al nostro hobby favorito, discutere di (in ordine di importanza) musica, filosofia, storia e politica.
E c’era il “curiale” ing.Franco Menarini, persona di affidabilità e precisione totale nella realizzazione di prototipi, che contribuiva fortemente al mantenimento degli standard di qualità dei prodotti Miramed in ambito internazionale, dove la diffidenza per il prodotto italiano era pur sempre fortissima.
Mi piaceva il ritorno alle origini, lavorare in una struttura dove i ruoli non erano ossificati, e si respirava una grande vitalità.
Il mio primo contatto internazionale fu il responsabile della Miramed spagnola (non era una filiale, dei privati utilizzarono il nome, consenziente Gianni Bellini), il catalano Ensenat, che , di rientro dalla mia abituale vacanza in Spagna, mi fermai a salutare a Barcellona, nel suo magazzino ufficio o ufficio magazzino, modesto , parsimonioso e collaborativo.
Riflettevo allora: mi mancavano i fasti della ricca emodialisi? No, assolutamente.
Alcune note di allora:
“19.10.86
Cronache MIRANDOLESI
-tiriamo la carretta
-il nuovo ambiente è sicuramente molto eccitante e movimentato
-basta adattarsi ai vari umori e alle varie mentalità
-comunque il peso Bellco è stato tolto ed è stato un alleggerimento notevolissimo”
Il cambio di società è stato per il mio lavoro come una nuova sferzata di vitalità
L’ambiente è molto meglio, pieno com’è di gente più che sopportabile.
E’ incredibile constatare il grado di mummificazione a cui eravamo arrivati alla Bellco
Ero e sono tuttora convinto che non si deve restare in una ditta troppo a lungo: in prospettiva i tredici anni passati in Bellco erano stati troppi, e nel nuovo impatto con Miramed mi rendevo conto della validità di questa considerazione. Anche l’ambiente dei dispositivi ospedalieri è vasto e mi ero pericolosamente fossilizzato sulla emodialisi perdendo di vista altri campi per me un tempo familiari. Detto questo non erano certo tutte rose e viole.
Altre note:
13.12.86
Attività di lavoro sempre più frenetica, ma dove si constata amaramente che la funzione è per l’80% indispensabile per eliminare confusione e disordine e solo per il 20% per risultati positivi.
Io resto in ufficio dalle 8 alle 20 ! (45 minuti scarsi di pausa per il pranzo) e 4 caffè:
tempo utile per concentrarsi su programmi costruttivi:
10 minuti al giorno
2 ore a rincorrere le persone
2 ore a ricordarsi di rincorrerne altre domani
2 ore al telefono a rincorrere i vari Travenoliti sempre assenti, ecc ecc
Ho l’impressione inoltre che il modello mirandolese si stia anche appannando più o meno velocemente: giochiamo sempre di più un ruolo secondario, i cui fili sono manovrati altrove.
La mia attività, che ben poco ha da spartire con eccitanti avventure culturali, ha bisogno di autentici “shock” ad intervalli – diciamo – pluriennali.”
Intanto Veronesi incontrava un periodo di problemi familiari con il figlio Alberto,
mentre almeno per tutto il 1986 la situazione nelle ditte circonvicine fu tranquilla: in Bellco Cosani se ne andò, Rimondi trovò un sostituto al sottoscritto nella figura del modenese Gatti ,che vi rimase fino al 1991, a gestire il gestibile e a salvare il salvabile.
Nel frattempo Gambro era riuscita ad impossessarsi della gloriosa Hospal Dasco.
Ravizza aveva creato una fabbrica di linee per dialisi, la Haemotronics, e nascevano come funghi piccole ditte di subcontractors .
In casa Dideco Pfizer implementava i propri sistemi di management, con Chierici guardiano dei vecchi valori. Non ultimo dei suoi meriti era stato riuscire dove tante altre ditte europee avevano fallito prima, cioè entrare sul mercato americano, anche se non con tutte le gamme di prodotti, ma solo con l’autotrasfusione (aveva localizzato nella Società Electromedics un validissimo distributore).
Pfizer, fermamente intenzionata ad avere la gamma più completa di prodotti nel campo della cardiochirurgia ed affini, non aveva limitato gli acquisti alla Dideco, ma aveva acquisito la Shiley Corp, a Santa Ana, California, azienda fondata da un ex-Bentley, il quale aveva saggiamente aggiunto alla realizzazione di ossigenatori quella delle prestigiosissime e profittevolissime valvole cardiache meccaniche. Altro acquisto era stato la società tedesca Stoeckert GmbH di Monaco, produttrice delle migliori macchine cuore-polmone esistenti allora sul mercato. Aveva in contemporanea iniziato un delicato lavoro di integrazione commerciale, in tutto il mondo, delle esistenti strutture delle aziende sopramenzionate, all’origine estremamente diverse tra loro.
Sorin era già attiva nel campo delle valvole cardiache (a Saluggia) e stava espandendosi anche nel settore emodialisi, di cui più avanti dettaglieremo le gesta . Pacemakers e radiofarmaci la tenevano sufficientemente impegnata, anche se ben presto avrebbe messo un piedino a Mirandola acquistando la ditta Cortec da Veronesi & Co.(Co. come abbiamo già menzionato erano Fini e Mazzoli, gli spin-off di Dideco), per entrare nel mercato appetitoso della cardi ossigenazione
[1] Gottardi, capace tecnico venditore bolzanino, aveva di fatto costruito la Bellco Austria
[2] Mirino ero lo scherzoso nickname che avevamo da tempo immemore affibbiato a Chierici
[3] Deceduto tragicamente durante il terremoto del 2012.
[4] Esistevano produzioni locali che impedivanol’ importazione di prodotti simili
[5] Complesso turistico prestigioso alle porte di Dubrovnik