1984 – Ich bin ein gaescheftsfuerhrer
Continuai il mio programma di germanizzazione, comprendente anche aspetti amministrativi importanti. Ufficializzata la mia posizione, secondo la legge tedesca ero il nuovo (Geschaefts)fuehrer[1] e avevo tutta una serie di diritti decisionali, sulla conduzione del business e sul personale.
Mi stavo anche cominciando a guardare attorno per prendere alloggio a Friburgo, ed entrare ufficialmente nella lista degli italiani espatriati (data la mia frequenza di viaggi all’estero, lo ero già di fatto da vari anni)
La parola d’ordine era conquistare una fetta più larga del grande mercato tedesco della dialisi, e per fare questo, con l’ausilio del cooperativo Beisner, ci mettemmo a ricercare ed intervistare nuovi potenziali venditori , a cui affidare le aree scoperte, nelle quali Roesch non aveva ritenuto opportuno investire.
Il mercato del lavoro non offriva allora gran che; era difficile convincere un esperto venditore della solidità e potenzialità della Bellco, e alla fine arrivammo a circondarci di persone non ottimali.
La loro pochezza come venditori doveva rivelarsi proporzionale alla loro litigiosità, che faceva capolino in particolare nelle riunioni conviviali in coda alle riunioni aziendali, data anche la ben nota propensione nazionale alle libagioni abbondanti.
Fummo costretti anche ad allargare un costoso parco di auto aziendali e a fare investimenti (praticamente obbligatori) in una serie di sponsorizzazioni: la Germania era ricca di manifestazioni e avvenimenti in buona parte organizzati dalla potente categoria dei tecnici ospedalieri e infermieri specializzati, che vedeva nelle ditte produttrici una mucca da mungere in eterno.
Inoltre almeno due ditte locali, la Braun e la Fresenius ,stavano sempre più acquistando dimensioni e peso difficili da bilanciare: il cliente tedesco è legato alla produzione nazionale, ed è convinto della superiorità dei prodotti “made in Germany”.
La Fresenius spendeva fortemente nella ricerca e fu in grado di spezzare il monopolio detenuto dalla Enka nella produzione di fibre per dialisi: mise a punto una fibra speciale e costosa, per un utilizzo con pazienti particolarmente problematici, supportata anche da una serie di ritrovati scientifici positivi .
In Italia invece non fu mai possibile convincere i nostri padroni di casa (Eni .-Enichem) a dedicare attenzione alla produzione di fibre per filtrazione medica, per cui fummo e ,per quel che mi consta, siamo ancora costretti a rifornirci di fibre all’estero.
Alla Bellco stava venendo a mancare l’energia, la carica originaria, la capacità di guardare al di là del recinto aziendale per capire quali erano i bisogni reali del futuro più o meno prossimo, ed essa cominciò ad avvitarsi su se stessa, con la sola ottimizzazione di prodotti esistenti, il loro perfezionamento, ed in effetti perse di vista il mercato.
Si era già scatenata anche una orrenda guerra dei prezzi, dove le aziende come la Bellco si trovarono schiacciate tra il costo delle fibre e il prezzo che l’ospedale, allettato da una abbondante concorrenza, era disposto a pagare per il prodotto finito. Questo fenomeno era generalizzato e portò poi ad una nefasta conseguenza: anche i più agguerriti nel settore (Gambro per esempio aveva già raggiunto una posizione di leader a livello mondiale) smisero di investire in ricerca, e congelarono i prodotti e le tecniche ad un tal punto che la dialisi del terzo millennio ben poco si discosta da quella degli anni ottanta.
Nella riorganizzazione Cosani mi affibbiò anche il Benelux, data la vicinanza geografica alla Germania, più con una funzione di controllo che altro. Il Belgio era una dei nostri punti di forza fin dai tempi della Dasco, mentre l’Olanda era stata sempre impermeabile ai nostri prodotti, con una atavica e ingiustificata diffidenza per il prodotto italiano tout court.
Ne sapeva qualcosa il povero Gianchie (Giancarlo Malavasi) che aveva passato un lungo tempo in quel paese, sudando sette camice (andava persino a lezione di fiammingo la sera, dopo estenuanti soggiorni in ospedale) fino a che Veronesi gli ingiunse di smettere perché non si cavava un ragno dal buco,
Il nostro vecchio “amico”, Theo Spangenberg, che aveva convinto Bentley a costruire a Uden lo stabilimento europeo che all’inizio era stato destinato a Mirandola, e nel quale Bentley produceva anche materiale per dialisi, dopo il divorzio da Veronesi aveva dato un sicuro contributo in negativo a stoppare un nostra eventuale successo in Olanda.
Mr Milder, il nostro uomo in Olanda, era un elemento sicuramente valido ed io cercai di dargli una mano, con le abituali leve in mio possesso, che consistevano prevalentemente in facilitazioni di pagamento e trattamenti di favore per i potenziali clienti (viaggi, iscrizioni a congressi ecc.): mi recai con lui anche ad una mostra di apparecchiature mediche ad Amsterdam, ma non riuscimmo a smuovere la situazione più di tanto. Per sua fortuna Milder distribuiva anche prodotti per dialisi peritoneale della Braun , e questi gli davano da vivere.
La sua carriera fu purtroppo troncata da una grave depressione psichica che lo allontanò praticamente in modo definitivo dalla scena.
A metà anno 1984 i giochi per me non erano ancora chiari: quell’anno l’EDTA era di nuovo a Firenze, dove non si rinnovarono i fasti del 1972, poiché la situazione era profondamente cambiata.
Un nuovo produttore italiano, la Sorin[2], già impegnata da tempo in altri prodotti ospedalieri, faceva capolino nella dialisi ed essendo in quel momento proprietà della Fiat, aveva installato una sfavillante Ferrari nello stand .
Io continuai a farmi in quattro durante la manifestazione: coach per i nuovi venditori tedeschi presenti in massa, e maestro di cerimonie per i miei vecchi clienti dell’est europeo, accorsi a Firenze numerosissimi.
Il Sig. Huys , pedina vitale nel programma di sostituzione messo in piedi dal Cosani, ahimè si dimostrò assolutamente inadeguato alla sua nuova funzione.
Prima di tutto lui non capì che l’Est Europa non era il medio oriente.
Lui rifiutava ogni tipo di training e/o approfondimento tecnico sui nostri prodotti, dimostrandosi interessato solo a (pura illusione) mettere le mani sul vaso di Pandora delle varie commissioni che pagavamo ai nostri clienti ed intermediari.
Inoltre spesso fui informato dai nostri clienti fedelissimi, ed anche stupiti, che Huys non si peritava di nascondere il proprio spirito visceralmente antitaliano.
Il lavoro non gli piacque, e dopo breve tempo e qualche viaggio in mia compagnia in Polonia e in Bulgaria lui ritornò ad occuparsi del medio oriente , per poi scomparire in quel di Bruxelles.
Ciò ebbe un immediato risvolto pratico negativo: mi trovavo a dover dedicare ancora tempo a viaggi all’est ,trascurando la Germania, con l’assurda complicazione burocratica di svolgere questa imprevista attività a partire dalla filiale tedesca, e non più da Mirandola.
A Beisner (& co.) la cosa non dispiaceva, perché così era più libero di manovrare la filiale come desiderava, di fatto riservando a me una pura attività gestionale di facciata. Ma lui comunque, molto onestamente, non sottovalutò mai la mia importanza nel veicolare presso la casa madre le richieste provenienti dal maggiore mercato europeo.
Nell’ottobre di quell’anno si svolse il 1° congresso europeo di aferesi, a Dijon in Francia, perciò non lontano da Friburgo. Io vi accompagnai il dott. Kadar , del Centro Trasfusionale di Budapest, poiché gestivamo ancora, almeno in parte, in Bellco il pacchetto prodotti Dideco per l’est europeo: Kadar sarebbe comunque entro breve migrato in Germania per restarci, e a lui sarebbero subentrati altri medici.
[1] Specie di Amministratore Delegato
[2] L’anno di fondazione ufficiale della Sorin è il 1975