1979 – C’era anche grigiore e routine

1979 – C’era anche grigiore e routine

8 Marzo 2015 0

Gianni Bellini aveva tentato l’avventura della Miramed, e dopo sei mesi aveva trovato un valido supporto finanziario nella ditta Ravizza di Verona, produttrice di soluzioni fisiologiche, che da tempo teneva d’occhio la situazione mirandolese, per potervisi inserire.

La famiglia Ravizza gli affiancò un suo uomo di fiducia,il Sig.Eruzzi, e in seguito potenziò la realizzazione di uno stabilimento per la produzione di linee per dialisi, la Haemotronics, fuori dall’orbita del Bellini.

In Bellco la tumultuosa realizzazione prototipale di prodotti per nuove tecniche continuava, cardiochirurgia, plasmaferesi, plasmadonazione ecc. e tutto ciò serviva a puntino a chi come me aveva bisogno di tenere viva l’attenzione dei nostri clienti presenti  e futuri (la domanda agghiacciante in ogni visita in ospedale era :”Cosa c’è di nuovo in Bellco?”, e nella dialisi di nuovo c’era veramente poco, la dialisi aveva già i connotati di una tecnica consolidata senza esaltanti sviluppi nel futuro).

 

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Gianni Bellini-International Mktg.Manager
Gianni Bellini-International Mktg.Manager

1979 iv donausymposium

Quasi a sottolineare fisicamente questo ultimo fatto si svolse una opaca EDTA nel 1979 ad Amsterdam, senza storia.

Fra gli avvenimenti obbligati dell’anno va comunque ricordato il Donausymposium che il Prof. Bruno Watschinger organizzava ogni anno a Linz (ma poi fu costretto ad “aprire” all’Est Europa e negli anni successivi il congresso fu organizzato anche a Budapest, Belgrado, ecc.), in aggiunta ai vari meetings locali che venivano tenuti in quella ampia area geografica.

Quello fu anche l’anno di un movimentato congresso nefrologico bulgaro che il dott. Nenov riuscì ad organizzare nei pressi della sua città, Varna , sulle rive del mar Nero, in un hotel sulla “Spiaggia Dorata” (nome del posto) pieno di anziani pensionati svedesi, in un ottobre plumbeo e piovoso, dove a fatica si distingueva un cielo procelloso da un mare scuro come la pece.

Incontrai a Sofia il fido collaboratore e macinatore di grandi distanze, Vaccari, che nel suo furgone portava con sé stand, apparecchiature e foto, e insieme ed alternandoci alla guida riuscimmo a raggiungere il posto dopo un viaggio interminabile.

C’erano altri transfughi con noi, i soliti , a tenere alta la bandiera delle rispettive ditte, anche se la nostra posizione di predominio almeno in Bulgaria era sempre assicurata. Il povero Passaglia, che allora già lavorava per la Gambro, e che avrebbe conquistato notevoli posizioni in futuro grazie al gigante svedese, si trovava in una situazione terribile, perché tutto il suo materiale era fermo alla dogana di Sofia.

Fummo d’accordo di prestargli il nostro fedele Fiat 238 ,e con questo Passaglia si rifece la traversata della Bulgaria, per ricomparire il giorno dopo esultante per essere riuscito ad entrare in possesso di tutto il necessario (era allucinante avere a che fare con i doganieri bulgari, come con quelli di tutte le nazioni circonvicine).

Passaglia ci fu ,anche se da concorrente sempre più agguerrito, perennemente grato per il favore: in realtà eravamo tutti degli espatriati, che dovevano darsi una mano.

Atterrato in questa improbabile località, c’era anche un professore americano,R .L.Stephens.  Erano i tempi che si faceva un gran parlare di un rene artificiale portatile, per affrancare il paziente dalla schiavitù del letto del centro dialisi: lui ne aveva prototipato uno che si fissava al braccio, e con questo aveva nuotato  nel Colorado River. Appassionato di nuoto, si immergeva tutte le mattine nel mar Nero dai flutti sempre più adirati.

Non l’ho più rivisto, ma deve essersi stabilito in Italia, per inscrutabili motivi: infatti un mattino l’ho visto fare benzina a Mirandola, aveva una vecchia Fiat 126: come mai si era stabilito dalle nostre parti? Inseguiva ancora qualche progetto di dialisi?

L’anno si chiuse con un pallosissimo congresso di ematologia a Varsavia, che però era strumentale per irrobustire la nostra giovane presenza nel settore plasmaferesi.

A questo congresso sponsorizzammo un gruppo di simpatici ematologhi e trasfusionisti italiani, che sarebbero poi divenuti preziosi punti di riferimento in Italia (ad esempio, il prof,Menini  del centro trasfusionale dell’Arcispedale S. Anna di Ferrara), e consolidammo le nostre nascenti relazioni con il Prof. Daszinski e tutto il versante polacco.

Nell’emodialisi la Bellco stava invece già avvitandosi su sé stessa, non cercando un nuovo salto in avanti ,che doveva inesorabilmente avvenire in sintonia col mercato, ma cercando l’innovazione in un opinabile miglioramento fine a sé stesso dei prodotti esistenti.

Le linee di plastica  che servivano per collegare il dializzatore al paziente rappresentavano di per sé  un  business enorme, per di più ingigantito dal fatto che spessissimo gli ospedali le volevano “confezionate su misura” (ma certo non nei paesi di mia competenza) .Per una maggiore protezione del paziente  Bellco  progettò   un tubo coestruso alternativo allo standard (pvc), materiale speciale che doveva consistere in due strati concentrici, il primo di tradizionale pvc di grado medico, il secondo-a contatto con il sangue – in un materiale non rilasciante plasticizzanti:  tentativi analoghi erano floppati negli USA e il nostro ebbe lo stesso destino. Beh, non tutte le ciambelle riuscivano con il buco.

Miglior sorte ebbe invece la realizzazione di un impianto di preparazione di soluzioni per dialisi con bicarbonato: anche se esclusivamente dedicato al mercato italiano, portò notevoli profitti aggiuntivi.