1976 – Un 1977 normale? No grazie

1976 – Un 1977 normale? No grazie

8 Marzo 2015 0

Ferma restando la mia solita, frenetica attività oltre cortina, era anche interessante tenere monitorata  la situazione aziendale.

Come si diceva, Gianni Bellini era pronto per il balzo che lo vedrà fuori dalla Bellco nel 1978: a noi fedelissimi, io  , Gianchie ed altri, per il momento lui non proponeva di seguirlo, ma , e la cosa ci parve sensata, di sottoscrivere qualche quota proprietaria della nuova ditta denominata Miramed (Mirandola Medical Devices).

veronesi sanzio e acciuffi

congr ital yugo 1974

Come avevo già anticipato,  gli americani dell’Haemonetics impiegarono meno tempo di Bentley a rendersi conto della pericolosità della collaborazione con Bellco, ma intanto il processo si  era avviato e vedeva due personaggi in primo piano attivi nella realizzazione delle prime macchine e materiale monouso per  la separazione dei componenti ematici (obiettivo principale le banche del sangue), e per il ricupero del sangue nel campo operatorio (obiettivo principale la chirurgia cardiotoracica e quella ortopedica).  Calari, in particolare  si sarebe occupato della progettazione  di macchine adeguate, insieme al neo assunto Ing. Ivo Panzani (una delle prime lauree di ingegneria  dell’Ateneo bolognese particolarmente finalizzate al discorso medico ospedaliero).[1]

Veronesi riesumerà anche, attraverso Luppi, il discorso dei prodotti monouso per cardiochirurgia che aveva sospeso negli anni del passaggio Dasco/Bentley-Bellco:  nel 1977 nasce in casa Bellco il nuovo ossigenatore a bolle Oxybell , e la futura società Dideco è già delineata nella mente di Veronesi, nelle sue due divisioni Blood e Cardio.

Nel corso dell’anno (le nostre vecchie amicizie ungheresi erano sempre disponibili a darci una mano) io e Luppi compimmo un primo test dell’Oxybell al National  Institute of Cardiology di Budapest.   Purtroppo il primo test non fu molto rassicurante perché l’ossigenatore cominciò a perdere e dovette essere sostituito, mentre  un  nuovo, sconosciuto chirurgo   ci guardava con diffidenza mista a scetticismo,

.Nel 1977 sul fronte  balcanico la mia attività è sempre intensa, per controbilanciare pesci grandi, anzi grandissimi,  che vogliono recuperare il terreno perduto (Travenol) e nuovi players (la tedesca Fresenius e la svedese Gambro in particolare) che si affacciano alla ribalta.

Travenol corteggia le autorità sanitarie serbe con una offerta di collaborazione che  prevede uno stabilimento locale presso la società farmaceutica Zdravlije di Leskovac: la dialisi in Serbia è

diventata  un discorso rovente, e la richiesta di trattamenti cresce troppo velocemente per le casse locali. Travenol ha  noi come unici concorrenti, concorrenti non adeguati,sia per i nostri mezzi finanziari che per le nostre capacità di vendere e gestire know-how: la cosa era troppo nuova, e noi ci consolavamo allora  guardando a tutti i problemi che Fiat aveva avuto in URSS con lo stabilimento di Togliattigrad.

Al congresso jugoslavo di nefrologia  di Fiume in autunno un funzionario della sanità serba ci disse chiaro e tondo che le nostre chances  di aggiudicarci il contratto erano inesistenti.

Date le nostre conoscenze laggiù e anche per l’insistenza del nostro distributore, nell’inverno del 1978 Veronesi ed io comunque andammo una volta a Leskovac, alla ditta Zdravlije per presentare la nostra offerta. Tenendo conto della difficile trasferta, Veronesi si era munito di quello che lui pensava essere un vero esperto , un certo avvocato Sablic, di Trieste, e la delusione di Veronesi (da chi gli era stato raccomandato non lo seppi mai) fu grande quando scoprì che sì il povero Sablic era un profugo fiumano, ma non parlava il serbocroato, e nel suo studio legale di Trieste si occupava di tutt’altro, e non certo di joint-ventures.

Travenol si aggiudicò il contratto, noi non potemmo praticamente più fornire apparecchiature in Serbia, ma Travenol , sia a causa dei  propririmescolamenti interni che per la vetustà dei prodotti forniti non potè  approfittare gran che dell’affare  . Lo stesso “macher” della Travenol , Cosani, dopo poco tempo mollò la nave per passare a tutt’altro settore sanitario. E così il suo valido , genialoide collaboratore Velinski. Passaglia se n’era già andato. Rimase solo il fedele Ladini, che da tecnico riparatore divenne il responsabile delle vendite e finì per restare in Travenol-Baxter praticamente per sempre.

Altro punto fermo dell’anno fu l’abituale meeting dell’EDTA, che quell’anno si svolgeva ad Helsinki: Finlandia, meta appetibile e appetita da molti dei nostri (intesi come clienti e collaboratori).

In Bellco si ebbe la non infelice idea di comprare molti economici  pacchetti “inclusive”, per cui fummo costretti a soggiornare ad Helsinki per quasi una settimana a fronte di un congresso che durava tre giorni.

A livello congressuale eravamo ancora in una zona di relativa tranquillità, anche se la svedese Gambro, astro nascente, era già una realtà consolidata. Gambro aveva messo a punto un dializzatore a piastre monouso molto affidabile e si interessò con ritardo ai filtri capillari, dato il successo del filtro a piastre. La Bellco cercò  invano di inseguire la Gambro nel sogno del dializzatore monouso a piastre , con il nuovo Bravo,un filtro costosissimo da produrre,  che non smise mai di dare dei seri problemi, e fu poi abbandonato e seppellì ingenti risorse finanziarie.

Inoltre la Gambro, e questa era anche vera innovazione, presentò una agile macchina per dialisi , che conteneva un microprocessore, l’AK 10, “la prima macchina per dialisi computerizzata” introducendo così l’elettronica nel nostro mondo. Questa macchina era destinata ad avere un enorme successo.

Ad Helsinki alloggiavamo nel vecchio e glorioso Hotel Intercontinental .

Il nostro collaboratore tuttofare (pubblicità, congressi ecc) Acciuffi  si era portato in furgone dalla lontana Italia  il nostro elegante stand  firmato Gianni Bellini, e di tanto in tanto, con la sua irruenza latina, aveva qualche problema di parcheggio (i tassisti inferociti con lui perché occupava abusivamente uno spazio dinnanzi all’hotel alla fine gli sgonfiarono le quattro ruote del furgone).

Quanto a noi vivemmo gli ultimi giorni in una atmosfera oziosa, ai bordi della piscina dell’hotel, ridendo delle urla del povero Gianchie, che era caduto nelle grinfie brutali della vichingona addetta ai massagi e che lo massacrò in poco più di una mezz’oretta di “terapia”..

Intanto, come già accennato, in alcuni  avevamo   sottoscritto una certa quota di azioni della futura Miramed, decisione che in definitiva si dimostrò saggia perché ci portò un certo profitto insperato l’anno seguente: Miramed iniziò l’attività nel gennaio 1978 e dopo sei mesi di grandi sforzi  Gianni Bellini  cedette  metà del capitale azionario della Miramed ad un socio veronese per rinforzare la ditta. La cessione incluse le nostre azioni (io, Carlo Bellini, Gianchie, Willer Ghelfi) ,  e le azioni ci furono rimborsate con un notevole valore aggiunto .

[1] Ivo Panzani era un altro mio  vecchio conoscente  sin dall’infanzia, dato che aveva vissuto per anni nella stessa piazzetta dove c’era casa mia..

Nella prima foto; Maurizio Acciuffi a destra nella foto con Veronesi (cappelino) e il validissimo tecnico Sanzio Grana