1973 – Relazione Dasco – Jugoslavia ed affini

1973 – Relazione Dasco – Jugoslavia ed affini

8 Marzo 2015 0

Nel 1972 avevamo promesso di finanziare al nostro mitico agente greco Kostas Vlachos l’anno successivo (come Sandoz) un costoso simposio balcanico-mediterraneo di dialisi nella splendida cornice di Salonicco .

 

1977 Thessaloniki congresso ellenico di nefrologia
1973 Thessaloniki congresso ellenico di nefrologia

Sandoz fece la sua parte, ma mal digerì la  presenza mia e di Gianchie, già etichettati Bellco. Io ero lì con un folto gruppo di medici dei balcani meridionali, che mi furono sempre riconoscenti per la principesca accoglienza , e Gianchie era il latore di un messaggio per Vlachos :la Bellco  lo invitava ad  abbandonare la Dasco e unirsi a noi.

Stranamente, Vlachos non abboccò e rimase fedelmente legato al carrozzone Dasco-Sandoz, precludendo ogni penetrazione di Bellco sul mercato greco.

Frizioni e screzi di natura commerciale non si contarono in quel periodo.

In generale la reazione di Dasco alla nostra attività aggressiva   fu abbastanza debole e confusa.  Per quanto riguarda i miei territori: il primo cavaliere mandato in avanscoperta in quel di Belgrado , un certo Chilovi, si slogò un dito del piede andando a dormire all’hotel Slavia e fu presto fuori uso.

Le redini furono per un certo periodo nelle mani di Michel Henle, ma senza risultati rilevanti.  Lui aveva già allora intenzione di squagliarsela: abbandonò per un certo periodo il nostro settore, sfuggendo fortunosamente anche all’abbraccio delle Figurine Panini di Modena, dove si era impiegato,e ritornandosene in Svizzera.

Lo ritrovai  agguerrito concorrente qualche anno dopo come responsabile di una vasta area commerciale per conto della società Haemonetics (di essa e del settore Blood[1]parleremo più avanti).

Alla fine comunque trovarono l’elemento valido in Mr Merighi, originario di San Martino Spino, che si immedesimò profondamente nella mentalità e usi e costumi serbi, da esibirsi anche come ballerino di “kolo”[2] in occasione di congressi e celebrazioni ufficiali.

Anche il loro tentativo di recuperare almeno in parte il fiorente mercato ungherese fallì: assunsero un giovane ingegnere modenese, che non ebbe idea migliore di venirmi a trovare a Budapest per chiedermi consiglio e aiuto. Nelle brume serali eravamo io e Nizsalovszky di fronte al suo ufficio , quando lui mi disse:”Credo che ci sia qualcuno che desidera parlare con Lei”, mi girai e nella semioscurità intravidi una persona, che poi si fece avanti e si presentò come appunto l’ing. Delle Donne, nuovo assunto di Dasco.

Io lo aiutai, ma solo nel settore cardio, anche perché ritenevo che si dovesse salvare il salvabile, almeno fino a quando la Dasco aveva un piede nel settore (la collaborazione con Bentley sarebbe cessata dopo poco). La sua fu una attività di breve durata.

Chierici stesso abbandonò il customer service della Dasco, e -date le buone relazioni con Veronesi e un amico di quest’ultimo ben dentro nel mercato della maglieria, Ninni Varianini- si occupò per alcuni anni con piglio manageriale ed imprenditoriale di questo settore.

Fu fra i primi –io credo- ad organizzare le spedizioni di maglieria in Germania ai clienti finali, senza passare per intermediari.

Polonia, Ungheria, ecc. OK, ma era comunque la Jugoslavia quella che mi vedeva più impegnato, essendo un paese policentrico e in  uno stadio abbastanza accelerato di modernizzazione di tutte le strutture ospedaliere.

Anche per questo motivo la concorrenza cominciò lì a vivacizzarsi, a partire da Travenol (ora Baxter) sempre presente e operante dal proprio osservatorio di Monaco di Baviera, che ,dopo aver compreso che i propri funzionari tedeschi o austriaci non erano adatti ad operare in Jugoslavia, iniziò a reclutare nel vivaio triestino:

Cosani, laureato in chimica a Bologna, ebreo triestino simpaticissimo, fu assunto con il compito di supervisionare l’intera area danubiana, e  fu lui ad assumere, per curare il mercato jugoslavo , Velinski, Passaglia,  e Latini, che poi avrebbero avuto carriere molto diverse, ma sempre legate al paese di Tito.

Michele Ladini non era triestino, ma perugino, ed era finito a Trieste come tecnico di assistenza per disposizione di Travenol Italia; passò poi al settore commerciale, e non abbandonò mai la Travenol (oggi Baxter).

Passaglia, triestino “italiano” e onestamente patriottico, passò da Travenol a Gambro, e cavalcò con successo il momento della grande espansione della società svedese , salendo poi al grado di responsabile di una ampia area mediterranea , includente anche Grecia e Turchia.

Velinski, triestino “cosmopolita” ,era il vero funambolo dei tre. Aveva sicuramente una grande conoscenza pratica dei prodotti e dei problemi , ma fu sempre distolto da una attività piena dalle miriadi di altri suoi interessi, le corse di cavalli, il gioco d’azzardo:  Cosani si imbestialiva con lui per tutte le balle che gli raccontava: “non star a dirme monade, che te zè andà a Fiume ieri, che te z’eri in centro a Trieste ecc.ecc.”

Per motivi molto diversi, né Cosani né Velinski durarono molto in Travenol, e seguirono altre strade (ne riparleremo più avanti).

Il paniere triestino era anche arricchito enormemente dal fatto che una società triestina, la Laboratori Baxter[3] –Eurospital era anche estremamente attiva in Jugoslavia, e in tutto l’Est Europa, avendo interessi specifici nella emodialisi come rappresentante dell’allora più quotata macchina per dialisi, la americana Drake-Willock ,che loro distribuivano anche in Italia. Inoltre erano anche   produttori di vario materiale  ospedaliero  , non ultime le soluzioni fisiologiche (avrebbero avuto in seguito anche  una ditta in Israele che produceva tubatismi per dialisi).

Più avanti nel tempo anche i Laboratori Baxter ebbero un triste declino, ma in quel periodo la società era vitale, e esprimeva persone in gamba, attive e ben note in tutta la zona:

il Sig. Roggero, il direttore commerciale, che purtroppo in seguito ebbe seri problemi di salute;

il buon Sferko, del quale avremo ancora occasione di parlare, e il loro funzionario per la Polonia, il gentiluomo triestino, Sig. Gullia.

Quello che accomunava i triestini era la loro loquacità , amichevolezza e simpatia. Mirandola era per loro, reduci di una antica tradizione industriale e commerciale proiettata nell’impero asburgico e ottomano , una incognita, una specie di brufolo, cisti non prevista, di contadini improvvisatisi concorrenti, e concorrenti temibili, in quanto produttori a tutto campo e senza problemi ad entrare in contatto con i mercati più ostici e scorbutici.

Comunque fosse, diventammo amici, e questa amicizia non fu mai incrinata: era usuale ritrovarsi per esempio nella hall dell’hotel Jugoslavija a Belgrado la sera e commentare i fatti del giorno  come vecchi colonials attorno al bar del Raffles di Singapore.

Passavo mediamente tra i dieci e i quindici giorni al mese in quel paese, e un viaggio standard mi vedeva prima di tutto in Slovenia, dove avevo regolarmente problemi con la polizia della strada locale, di inflessibile stampo germanico (la situazione stradale era infernale): il centro pilota era a Lubiana, nel loro ospedale civile bello e funzionale. Mijatovic di solito mi raggiungeva lì, ma spesso visitavo gli ospedali da solo, dal momento che la lingua non era un problema e il personale mi conosceva.Lubiana era un centro ex Dasco.

Il prof. Luzar era un medico esperto e fu in seguito sostituito per motivi di età dal dott. Drinovec, giovane e capace.

Quando era possibile facevo visita anche al dott. Simoniti a Slovenj Gradec, che era anche un nostro cliente (ex Dasco) .

L’opinione positiva sulla nostra ditta espressa a Lubiana fu fondamentale per la costruzione di un nuovo centro dialisi a Nova Gorica, unita al fatto che Nova Gorica voleva:

-essere diversa da Gorizia (a Gorizia c’era la Travenol americana)

-non avere a che fare coi cosiddetti “triestini”.

Per noi fu un elemento di prestigio e una ottima referenza a livello federale.

Inoltre entrammo così in contatto con il tecnico del centro, il Sig. Kolman, un ragazzo capace e simpaticissimo, che ci fu di grande aiuto in certi interventi tecnici nel paese. Purtroppo la rigidità del sistema amministrativo ci impedì di usarlo alla luce del sole.

In genere da Lubiana a Zagabria il salto era breve, ma lo scenario era molto diverso.

Poiché la Velebit, società che ci rappresentava, aveva la sede lì era logico che io passassi molto tempo a Zagabria: inoltre la città aveva già alcuni buoni  centri dialisi , con medici capaci,

il Dott. Smetisko, il Dott. Hromadko, il Dott. Molnar e altri, coi quali intrattenevo rapporti ottimi.

Inoltre, sempre tramite i nostri rappresentanti , saremmo entrati entro breve a contatto con una altra realtà estremamente interessante, la locale ZZTK, l’istituto croato per la trasfusione del sangue, che era un po’ di tutto, centro trasfusionale, ditta industriale e commerciale, e nutriva forti ambizioni di espansione nel campo dei prodotti ospedalieri, con la creazione o il potenziamento di attività produttive . Il merito era sicuramente del Sig.Tesic, il direttore, dotato di grande spirito imprenditoriale.

Lui impiegò poco tempo per rendersi conto che la Bellco era quanto lui necessitava: Bellco (cioè Veronesi) aveva una profonda conoscenza delle problematiche relative ai prodotti monouso ospedalieri, alla loro sterilizzazione, al controllo di qualità. Ciò che non avevamo direttamente, la ZZTK poteva acquistare in Italia attraverso di noi e con i nostri buoni auspici entrare anche in contatto con altri imprenditori italiani, per esempio nel settore delle soluzioni fisiologiche.

Infatti, con la nostra consulenza , acquistarono in Italia una apparecchiatura per la sterilizzazione dei prodotti monouso.

La collaborazione diede buoni frutti ed arrivammo anche a fornire una linea di assemblaggio di dializzatori Vita 2: quest’ultima  però arrivò tardi , non potè svilupparsi più di tanto e soffrì dell’accelerato sviluppo tecnologico della dialisi a livello mondiale  e dei nuovi , superiori, prodotti della concorrenza.

Era sempre molto difficoltoso e noioso raggiungere la tappa successiva, Belgrado, anche se allora ne valeva la pena, dal momento che la Serbia, come la Croazia , brulicava di progetti per la modernizzazione delle strutture sanitarie.

Inoltre, per quel che riguardava la dialisi più da vicino, la zona era affetta da nefropatia endemica (molto contestata in campo scientifico) e i pazienti in attesa di trapianto o di trattamento dialitico numerosissimi.

C’era anche tanta imprenditorialità in giro, e il progetto di fare uno stabilimento in Serbia per la produzione di mirati prodotti ospedalieri era attualissimo.

Tra i contendenti (sempre con idee poco chiare) il gigante di Nis, la Elektronska Industria, e altre industrie .

Mostrarsi disponibili a questo tipo di collaborazione era comunque utilissimo nel nostro lavoro di ogni giorno, per assicurarsi il business presente. La lotta era allora tra me e Cosani, cioè il gigante americano Travenol e noi piccoli parvenu.

La nostra rappresentante, Vesna, era abilissima a trattare con tutti, medici, infermieri, amministratori, farmacisti, burocrati, politici.

Lei era una signora piacente e i medici mostravano anche una certa galanteria vecchio stile nei suoi confronti.

Le giornate passate a Belgrado e dintorni erano vorticose, rientravo tremante, a causa dei numerosi caffè turchi ingeriti durante il giorno, la sera all’Hotel Jugoslavija, dopo aver anche spesso percorso centinaia di chilometriche su strade spesso di cattiva qualità e ingolfate di traffico di ogni tipo.

Come sempre avevamo centri ospedalieri più o meno congeniali.

L’Ospedale Civile, nonché Istituto di Nefrologia di Belgrado era universalmente riconosciuto come il centro leader della federazione. Quantitativamente poi, si spartiva con il centro di Nis la palma del numero più alto di dialisi effettuate. Guidato dal capace , modesto e cordiale Prof. Jovanovic ,era già da qualche anno il punto di riferimento della Dasco, e sarebbe poi divenuto anche riferimento di Bellco. Il Prof.V. Jovanovic sarebbe scomparso prematuramente nel 1978 , ma il suo assistente,l’ italo-jugoslavo Dott. Alessandro Radmilovic, ne avrebbe ereditato , oltre alla indiscussa capacità tecnica, anche la affabilità, gentilezza e signorilità. Con Alessandro si diveniva subito amici: la sua era una storia triste, con un padre ex-ambasciatore e una famiglia ex-borghese costretta a vivere in coabitazione ,nella perenne attesa di una abitazione decente.  Nel suo pezzo di appartamento ci mostrava giustamente orgoglioso il pianoforte verticale, bellissimo, in legno intarsiato, con un autografo di Mascagni. , e la sua ricca biblioteca.

Era coadiuvato da un tecnico ospedaliero validissimo, Vule, vera colonna portante della dialisi a Belgrado, che coordinava una schiera di caposala bravissime e stacanoviste,  ammucchiate nella loro saletta a bere caffè turco e a fumare senza posa e da un tecnico (meccanico, elettricista ecc.: le macchine allora non avevano elettronica, che fu introdotta dalla Gambro qualche tempo più avanti), “Vaso” Stefanovic, uno zingaro di quelli buoni, stanziali, notissimo anche a Mirandola, dato che vi aveva soggiornato nei periodi di training, ed era ricordato per la sua alacrità e parsimonia (viaggiava in autostop, per risparmiare).

Ovviamente l’impronta Dasco lì era fortissima e noi come Bellco ne rimpiazzammo solo una parte: questo equilibrio giovò ad entrambe le società.

Nei rimanenti centri belgradesi, molto più piccoli, invece la situazione era molto più caotica. I militari si erano legati all’Eurospital, mentre Dedinje e la Clinica Urologica erano clienti di varie ditte, compresa la Dasco e la Bellco.

Riuscimmo solo a scalfire la concorrenza a Novi Sad, ma nel resto della Voivodina eravamo incontrastati dominatori :Subotica, Zrenjanin,Vrsac, in quel mix di comunità, di aspirazioni e di attività con  medici ungheresi, amministratori romeni, e via discorrendo.

Nel secondo centro nazionale per dimensioni, a Nis, eravamo in famiglia, e il centro era veramente condotto dal gigantesco pater familias, Prof. Spiro Strahinic in modo informale, circondato da un folto stuolo di collaboratori :  il valido assistente Dott. Stefanovic, l’amministratore, anche la figlia (Vesna anche lei), che faceva da segretaria, e perché no , la moglie, che da buona “macher “ era sempre presente dietro le quinte.

La loro frenetica attività trovava anche spazio per l’organizzazione di simposi specialistici, che regolarmente si tenevano nella cornice di Niska Banja, cittadina termale a pochi chilometri da Nis.

Persino Kladovo, l’estremo lembo di Serbia sulle Porte di Ferro del Danubio, aveva il suo centro dialisi targato Bellco, che si raggiungeva su un “idrogliser” da Belgrado, volteggiando tra le gole di questo fiume maestoso.

Un’altra realtà stava crescendo e fu fonte di grandi soddisfazioni per noi : la dialisi domiciliare.

Molte persone almeno nell’area di Belgrado potevano permettersi di acquistare una macchina per il trattamento a casa (dover passare molte ore due o tre volte alla settimana nel centro dialisi era un ulteriore elemento debilitante per questi poveri pazienti) e una di queste, uno sfortunato giovane manager che per anni aveva venduto materiale bellico in Estremo Oriente, Branislav Zivkovic, capeggiò questa iniziativa, con la istituzione di una associazione privata e annesso bollettino informativo.[4]

Le autorità civili e sanitarie lo osteggiarono sempre, ma il bello della situazione di allora a Belgrado era che un certo pluralismo selvaggio era tollerato, e poi medici, tecnici ed infermiere trovarono una seconda fonte di introiti nell’accudire questi pazienti a domicilio e furono ben lieti di assecondarlo.

Sfortunatamente questa iniziativà durò solo qualche anno, poiché alla morte prematura di Branislav, dovuta al rigetto del rene che gli era stato trapiantato, tutto quanto cessò.

Vesna aveva vinto la diffidenza anche di Macedoni e Albanesi, e noi eravamo presenti ovunque. A Skopje eravamo aiutati anche dal valido tecnico del centro dialisi, Sig. Atanasov, volitivo e ambizioso (era uno dei pochi rappresentanti della comunità dei primi abitatori della Macedonia ellenistica, il popolo degli Aromeni -lì chiamati Zinzeri) e che poi riuscì a far realizzare uno stabilimento a Tetovo in collaborazione con la britannica Portex per la produzione di sonde e cateteri.

Anche il tecnico della nostra ditta rapresentante ,Radoljiub Zivkovic (Zile per gli amici), buon politico e diplomatico oltre che conoscitore della materia, giovò molto al buon nome della Bellco, dato che il servizio tecnico rappresentava un elemento fondamentale per garantire la continuazione di una seduta di emodialisi.

La foto, del 1973, mostra Giorgio Goldoni, Giancarlo Malavasi (Gianchie) e il Dott.Greco direttore vendite Italia della Dasco.