Maria Frassinesi (Fatima Miris)
All’anagrafe Frassinesi Anna Celeste Federica Maria detta Maria, secondogenita, nasce a Chiusa di Pesio in provincia di Cuneo il 27 ottobre 1882, quando il padre, militare di carriera, è temporaneamente impegnato in servizio in quella zona.
Donna esempio di volontà, tenacia e genialità artistica, possiede un temperamento forte e mascolino, motivo per cui il padre si diverte a chiamarla “il Carabiniere “. I documenti di riconoscimento riportano tra i connotati fisici, capelli e occhi neri, statura metri 1,60 e, tra i segni particolari, neo nero sulla guancia sinistra. Con lo pseudonimo di Fatima Miris vuole ricreare sulle scene del varietà l’equivalente al femminile del trasformista Fregoli: ne possedeva l’abilità e la prontezza. Nel 1921, causa problemi di salute del padre, è costretta a interrompere gli spettacoli e rientrare a Bologna dove conosce Luigi d’Arco (detto Gino) col quale, l’11 giugno 1921, contrae matrimonio con cerimonia officiata nell’oratorio privato della residenza di Mirandola. L’anno successivo dà alla luce una figlia alla quale viene dato il nome di Giovanna.
Il 5 gennaio 1926 entra in possesso della patente di guida per automobili; tra le pochissime donne che si possano permettere di portare una autovettura, crea uno spettacolo inconsueto che desta stupore quando transita in auto nella bassa modenese per recarsi nella propria villa di campagna.
Dal 1903 al 1932 gira i teatri di mezzo mondo, poi essendo l’arte di trasformista fatalmente legata all’agilità e alla vivacità, alla soglia dei cinquant’anni decide, a malincuore, di ritirarsi a vita privata. Si firma Fatima Miris nei confronti degli ammiratori quando autografa le proprie foto cartoline, mentre quando scrive a suo marito diventa Maria, mamma o mammona quando scrive alla sua adorata figlia Giovanna.
A partire dai primi anni del novecento la famiglia pur continuando ad abitare a Bologna dove nel corso degli anni cambia spesso abitazione[1], frequenta volentieri la sua residenza mirandolese dove Maria non manca di trascorrere numerosi periodi di tempo per rilassarsi nelle pause di lavoro con lunghe passeggiate nei campi.
Le residenze (informazioni raccolte analizzando la corrispondenza):
- Chiusa di Pesio 1882
- La Spezia 1883-1884
- Palermo via Pignatelli Aragona (1890-99)
- Palermo via Gaggini 113 (1900)
- San Giacomo Roncole di Mirandola, via di Mezzo 146
- Bologna via Nosadella 34, palazzo Rusconi (1903-12)
- Bologna via Belle Arti 20 (1905)
- Bologna via Irnerio 31 (1919-26)
- Bologna via dei Mille 31 (1926-36) – vi abitava anche Emilia
- Bologna via Carlo Alberto 9, secondo piano (dal 1927 al 1945) – oggi piazza dei Martiri 1943-45
- Bologna via Marghera 5 (1946-48) -palazzo quasi completamente distrutto nel settembre 1944 – via non più esistente
- Bologna via Fratelli Rosselli 5 (1948-50)
- Bologna viale Antonio Aldini 134 (1951-64) – poi Giovanna d’Arco in Bozzato
Prima e unica donna trasformista del diciannovesimo secolo, canta da baritono, tenore, contralto e soprano. La facoltà di emettere voci come un ventriloquo le permette di intrecciare dialoghi e duetti di più personaggi contemporaneamente. Pare fosse dotata di una resistenza fisica incredibile e che all’ospedale di Torino avessero conservato una sua radiografia che metteva in luce l’incredibile capacità dei suoi polmoni.
É anche danzatrice, musicista – suona vari strumenti come il violino, il corno, il sistro e il mandolino con la mano sinistra – disegnatrice, abilissima nei giochi di prestigio e di illusionismo, nel tiro alla pistola e alla carabina, nel lancio dei coltelli e del lazo; ognuno di questi virtuosismi sono alla base dei suoi numerosi ed eccellenti numeri di varietà.
É in virtù di questo eccezionale eclettismo che essa riesce da sola a reggere uno spettacolo di tre ore, tenendo sempre desto l’interesse del pubblico che applaude e lancia ovazioni ad ogni apparizione.
A differenza di altre artiste sue coetanee, con le quali stringe amicizia, si cita ad esempio la Bella Otero e Lina Cavalieri, Maria non può certo considerarsi una “femme fatale”: non è particolarmente alta e tantomeno snella, ha necessità di essere forte e muscolosa per riuscire a sostenere lo sforzo letteralmente sovrumano di uno spettacolo serale della durata superiore alle tre ore.
Nelle foto che la rappresentano in scena mostra sempre un viso sorridente ed espressivo con lineamenti decisi e ben marcati.
Cessa di vivere nella sua casa di Bologna il 4 novembre 1954 all’età di 72 anni, causa un tumore allo stomaco, pare diagnosticato tardivamente. Riposa nella tomba di famiglia al cimitero monumentale della Certosa a Bologna.
Anticonformista fino all’ultimo, nelle sue volontà, aveva espresso il desiderio che il suo funerale non venisse considerato come momento di lutto, per cui avrebbe gradito l’accompagnamento della banda musicale e che la propria figlia Giovanna vi avesse partecipato in abito rosso.
Tratto da “Fatima Miris” Vent’anni di trasformismo per le vie del mondo.
Autore: Livio Marazzi
Casa Editrice: Al Barnardon
Anno 2017 – 375 Pagine B/n e colori – 226 immagini a colori