L’Indicatore Mirandolese ricorda nostro padre Leonardo
Nasceva 100 anni fa a Mirandola, il 17 ottobre, Leonardo Artioli, uno dei personaggi che nel corso della seconda metà del Novecento hanno maggiormente curato la storia di questa città, valorizzandone le radici e l’identità, collezionando e mettendo a disposizione materiali, rilanciando il lunario dialettale “Al Barnardon”, organizzando la Sgambada, pubblicando molti volumi.
«Leonardo – ricorda il dirigente del settore Cultura del Comune Giampaolo Ziroldi – ebbe con Mirandola un legame sempre profondo, intenso e incondizionato. Da quando avviò la sua attività commerciale nella bottega di abbigliamento in via Curtatone, dopo i terribili anni di prigionia subita in Sudafrica nel corso del secondo conflitto mondiale, questo legame si manifestò in primo luogo mediante “Al Barnardon”, lo storico lunario nato nel 1878, che Leonardo seppe mantenere vivo.
Poi il suo nome si associò a quello della Sgambada, la manifestazione podistica da lui creata anche come momento di formidabile partecipazione e aggregazione. Ma Artioli fu in generale sempre mosso da un inesauribile amore per le vicende e la storia del suo territorio, che manifestò costantemente con partecipe e generoso slancio, in uno spirito di energia positiva.
Quando, fino a tardissima età, mostrava oggetti e cose mirandolesi della propria collezione, all’intero del proprio personale spazio di abitazione a ciò dedicato, egli si muoveva come una sorta di sacerdote laico nel tempio, e poi, facendo brillare incondizionatamente gli occhi per una sua intima felicità nel prendere in mano qualche memoria mirandolese, esclamava: “Guarda, guarda che roba meravigliosa!”».
«Bella idea quella di ricordare Leonardo sull’Indicatore e soprattutto, grazie per il pensiero. – dicono i figli Fabrizio e Paolo – Vuol dire che è ancora vivo il ricordo di nostro padre e questo, naturalmente, fa piacere! Ma quanto spazio abbiamo sulle pagine dell’Indicatore per ricordarlo? Quattro pagine, cinque, sei? Non credo, esigenze di carattere editoriale, probabilmente, devono lasciare spazio anche a tanti altri articoli almeno di pari importanza.
Dell’infanzia sappiamo poco o niente, forse aveva rimosso i ricordi, periodo troppo duro per conservarli. Sappiamo solo che nonna Lucrezia (sua mamma) aveva dato alla luce tredici figli ed aveva dovuto fare tutto da sola per la scomparsa prematura del marito. Le prime foto dell’album dei ricordi, ingiallite, risalgono a vent’anni quando correva a piedi: l’atletica la sua vera passione, 1938 gara di corsa campestre; Guf Modena, allenamento collegiale allo stadio di Carpi, in cui nella parte cementata del velodromo compariva la scritta W il duce. Poi un periodo di buio medioevo, nessuna foto fino al 1946. Coincide con un ricordo mai raccontato come si deve, forse perché troppo doloroso. Diceva sempre: “A son a credit ad des ànn ad vìta (Sono a credito di dieci anni di vita)”, ricordando quando era prigioniero degli inglesi in Sud Africa durante la seconda guerra mondiale. “Ci trattavano come bestie – raccontava – pelli di patate cotte e bucce d’arance buttate a terra come ai maiali”. Però ha imparato l’inglese, se voleva sopravvivere.
T o r n a a casa dopo la guerra e ricomincia a fare attività sportiva, ha 32 anni l’atletica, che gli aveva dato risultati anche di carattere nazionale, non è più alla portata dell’età, q u i n d i … calcio. Poi il m a t r i monio, il n e g o z i o , i figli…. I problemi. Si trova ad affrontare p r o b l e m i diversi da quelli della gioventù, della guerra, della sopravvivenza, ma li affronta con determinazione. In parallelo portava avanti le sue passioni, il calcio, la Mirandolese, poi l’invenzione: la Sgambada, 1971, ritorna prepotentemente l’atletica. Tutti sanno che cosa è e le persone che negli anni ha coinvolto, ma non tutti sanno cosa succedeva in casa Artioli: invasione di tranci di mortadelle di Palmieri, di bottiglie di Lambrusco di Cavicchioli, di palloni da calcio di non so chi, di coppe. Avevamo roba dappertutto fintanto che non veniva (finalmente) il giorno della gara e tutta questa roba finiva in bella mostra in una sterminata sequenza di tavoli pieni, sotto il portico del municipio che guarda la piazza. La moglie Lilliana sbuffava e tirava un sospiro di sollievo. Aveva anche coinvolto un artista mantovano, il professor Carpeggiani, una persona molto distinta ed educata che, senza compenso, sopportava Leonardo e gli produceva il conio originale in resina per le medaglie che di anno in anno venivano personalizzate. Cosa impensabile sia allora e tantomeno adesso, riuscire a fare medaglie personalizzate per ogni gara, senza pagare nessuno (a parte il fornitore delle medaglie ovviamente). Sì perché questa era una delle caratteristiche più spiccate (diciamo così) di Leonardo: coinvolgeva le persone fino al limite della sopportazione. Riusciva a creare con cocciutaggine quel clima di partecipazione, per cui la partecipazione “volontaria”, diventava un dovere. Un bel soggetto che veniva seguito da un gran numero di amici-collaboratori. Si potrebbe stilare una lunga lista di nomi, ma questo è un altro capitolo che ora non raccontiamo. Dopo la Sgambada, la Maratona dei sei Comuni che ha visto la partecipazione dei migliori atleti dell’epoca. Quel Massimo Magnani direttore tecnico organizzativo delle squadre nazionali azzurre della Fidal (Federazione dell’atletica italiana) che abbiamo visto anche di recente per televisione in occasione dei mondiali di atletica, ne ha vinte diverse di Maratone dei sei Comuni, e ha contribuito in modo consistente a portare a Mirandola atleti di grande spessore internazionale. Il Barnardon, ereditato nel 1954 quando, da commesso, ha acquistato il negozio in cui lavorava, in via Curtatone. L’acquisto consisteva nel negozio e nella testata del Lunario, quest’ultima però insieme a Franco Bozzoli che con la sua tipografia stampava il foglio. Bozzoli-Artioli un sodalizio che è durato proficuamente per decenni. Le foto documentano le occasioni promosse dal Barnardon, dalla creazione dell’Ordan dal Barnardon, alle presentazioni dei libri della neo nata casa editrice. Un turbinare di eventi in Comune con i vari sindaci che nel tempo hanno ricoperto la carica, con Vilmo Cappi, Giuseppe Morselli (ineguagliabile scrittore del discorso generale del Lunario per 19 anni), personalità di tutte le carature e specie. Tutti eventi che avevano una caratteristica comune (oltre a promuovere la cultura locale), finivano tutti al ristorante da Saul a San Giacomo Roncole. Alcune foto rappresentano meglio di altre la vita di Leonardo. Una (la prima in alto), ingiallita, è del 1947 e mostra Leonardo che in camicia e braghe lunghe salta un ostacolo in concorrenza con una ragazza in gonna e maglietta. Una gara improbabile, ma nella quale (per cavalleria) l’asta della ragazza è più bassa. Non sappiamo bene in che occasione fu scattata la foto, probabilmente in giochi che si organizzavano nell’immediato dopoguerra (pare fosse una gimcana). Comunque era una corsa a ostacoli affrontata con molta determinazione, che in sostanza è quello che poi è risultata essere la vita di nostro padre. L’altra foto (la seconda dall’alto) ritrae quattro signore a tavola (da Saul tanto per cambiare) in una delle tante riunioni conviviali del Barnardon citate in precedenza. I tavoli erano separati, da una parte Leonardo e gli artefici della manifestazione di turno (gli uomini); dall’altra parte le donne (le mogli). La signora di destra con il vestito rosso e la “ permanente” impeccabile è la Lilliana, la moglie e la mamma. Vero e paziente artefice della vita di Leonardo. Diceva sempre: “L’am siga sempra adree! (Mi sgrida sempre)”, però “Sol cl’a sia cuntenta le, me a son a post! (Purché sia contenta lei, io sono a posto)”. Ci ha lasciato il 24 ottobre 2011, a 96 anni e ci pare che il Creatore abbia restituito a Leonardo il debito che aveva di dieci anni per la prigionia in Sudafrica, consentendogli di vivere in salute e lucidità fino a 94 anni».