Giovanni Pico – Una concubina
Una concubina in margine
La prima commemorazione pubblica del Mirandola la fece, sei giorni dopo la morte, Savonarola durante la Messa a Santa Maria Reparata, a Firenze.
Fu una commemorazione singolare che aprì un interrogativo in chi l’ascoltò. “Ritengo – disse il frate, sottolineando in questo caso parola per parola – che non vi sia alcuno di voi che non abbia conosciuto Pico della Mirandola. Da Dio era stato ricolmo di grandi benefici, di grandi grazie ed ornato della più svariata dottrina. Forse a nessuno dei mortali toccò in sorte così notevole ingegno. A mio giudizio, se avesse vissuto più a lungo, avrebbe sopravanzato per la rilevanza delle opere tutti coloro che sono morti negli ultimi ottocento anni”.
Poi, dopo una lunga pausa, col tono di chi fa una rivelazione – “Vi voglio rivelare un segreto”, disse infatti e comunicò che l’anima di Pico non poteva ancora essere accolta nel grembo di Dio perché “essa è assoggettata per un certo tempo al fuoco del Purgatorio per scontare pene temporanee”.
Nella Chiesa si levò un brusio. A cosa alludeva il frate? Qualcuno pensò al fatto che Pico, pur avendolo promesso, si era rifiutato di entrare nell’Ordine dei domenicani. Qualche altro spiegò quell’annuncio con l’amicizia che legò Pico a Lorenzo il Magnifico, avversario del Savonarola. Ci fu perfino chi ripescò l’episodio di Margherita.
Il frate non aggiunse spiegazioni e concluse: “Quanti lo conobbero e massime quanti ne sono stati beneficati lo aiutino dunque con le preghiere”.
La gente sfollò insoddisfatta e coloro che avevano conosciuto Pico di persona si indispettirono giudicando quella commemorazione quasi una vendetta del frate. Ne nacque una polemica contro Savonarola che si trascinò negli anni e si incattivì, anche se, a giustificare il frate, intervenne proprio il nipote di Pico, Gianfrancesco, savonaroliano da sempre, che disse: “Il santo frate ha necessariamente comunicato ciò che Dio gli ha rivelato. Del resto è giusto che subisca un dovuto castigo chi, conosciuta la volontà di Dio, differì di compierla, anche se sia stato immune da altre colpe”.
Fu come buttare olio sul fuoco. I savonaroliani cominciarono perciò a preoccuparsi dell’impopolarità derivata da quell’affermazione, non spiegata, del loro “profeta”. Uno di loro, fra Giovanni Sinibaldi, fece allora, dopo anni, una rivelazione scrivendola di suo pugno in margine a una pagina del “Trattato in defensione e probatione della dottrina e profezie predicate da frate Jeronimo da Ferrara”, opera apologetica di Domenico Benivieni pubblicata due anni dopo la morte di Pico. La scoperta di questa nota la fece lo storico Roberto Ridolfi, una quarantina di anni fa, consultando quell’opera nella Biblioteca nazionale di Firenze.
Fra Giovanni rivelò, dunque, che Savonarola sapeva che, a Ferrara, Pico aveva avuto negli ultimi due anni – borritile dictu – una “concubina”. Questa era la ragione – spiegò – per cui le porte del Paradiso non si erano potute aprire subito al Mirandola.
Ma la notizia ritardata sapeva di notizia inventata allo scopo di tappar la bocca ai pichiani. Anche perché, a quei tempi, con una concubina, si andava dritti all’Inferno, senza soste in Purgatorio, anche se si era amici di Savonarola.
Il risultato fu che i pichiani si irritarono ancora di più, anche perché sapevano che negli ultimi anni della sua brevissima vita Pico era divenuto sempre più mistico, sempre più distaccato dalle cose del mondo, sempre più chiuso.
Nel 1492 scriveva al nipote Gianfrancesco: “Vorrei dirti nel più assoluto segreto che terminati alcuni lavori distribuirò ai poveri i beni che mi restano e con un Crocefisso andrò pellegrino a piedi scalzi nel mondo e predicherò Cristo attraverso paesi e città”, E il Superiore dell’Abbazia di Fiesole, Matteo Bossi, in una lettera indirizzata sempre al nipote, testimoniava: “La benignità del Signore mi ha fatto degno (…) di aver avuto tuo zio per un intero anno e vari mesi ospite a tavola e nella nostra Abbazia (…). Quale santità di vita e pietà religiosa (…), quale ardore verso le cose divine, quale profumo di castità e di pudicizia. Egli aveva allontanato talmente il piede da ogni mollezza e tentazione della carne da sem
brare che, al di là dei sensi e dell’ardore giovanile, vivesse una vita da angelo evitando i colloqui, lo sguardo, gli atteggiamenti da cui potesse sorgere il pericolo di desiderare 0 di essere desiderato (…). Da lui ho udito una volta, con molta confidenza e amicizia, che possedeva il dominio contro le forze e i richiami della libidine in modo da non avere tentazioni più gravi di quelle di un fanciullo di sette anni”.
Non pare proprio che, così stando le cose, ci fosse posto per una concubina, anche se a Garin resta qualche dubbio.
Tratto da: Quei due Pico della Mirandola – Giovanni e Francesco
Autore: Jader Jacobelli
Editore: Laterza
Cassa di Risparmio di Mirandola – Anno 1993
Particolare della pagina del libro di Domenico Benivieni in difesa di Savonarola. A margine, un confratello del terribile frate scrisse di sapere che Pico negli ultimi anni della sua vita aveva una concubina a Ferrara. Un falso 0 una spiata?