Giovanni Pico e l’amicizia con Savonarola
“Tu giostri!”
Che Pico della Mirandola fosse savonaroliano è indubbio. Le ragioni sono più d’una. Innanzitutto, lo avvicinava al Frate il suo rigore morale, poi il bisogno di quel rinnovamento dei costumi per cui il Frate si batteva aspramente, poi la sua polemica contro la Curia romana che esprimeva Papi corrotti e avidi di potere, infine, il fatto che il Frate condividesse il suo pensiero e si richiamasse ad esso nelle sue prediche fiammeggianti.
Ciononostante, non aderì mai del tutto alla sua azione, né accettò di farsi domenicano, né plaudì, come il Frate fece, all’annuncio della calata in Italia del Re dei francesi, Carlo VIII.
Il vigore, il coraggio, l’oratoria del Savonarola lo attraevano, anche perché erano doti che lui non possedeva, ma la sua adesione era critica, tanto che una volta giunse ad ammonirlo così: “Tu non fai bene; tu giostri”per dire che il suo attivismo era scomposto.
Pico conobbe il Savonarola a Ferrara, lui sedicenne, il Frate ventisettenne. Chi lo vedeva una volta – fu detto – non se lo dimenticava più. E Pico non se lo dimenticò. “Pareva piuttosto un’ombra che un uomo vivo”scrisse uno storico.
Per entrare in convento era scappato di casa scrivendo al padre che si faceva frate per combattere la grande miseria del mondo, le iniquità degli uomini, gli stupri, gli adultèri, le tremende bestemmie: “Vi prego adonca, padre mio caro, che poniate fine a li pianti”.
La loro amicizia nacque nel 1482, a Reggio Emilia, durante il Capitolo della Congregazione lombarda dell’Ordine domenicano. Savonarola fu nominato “lettore biblico” del famoso convento di San Marco a Firenze, che i Medici avevano fatto restaurare e in cui Cosimo si rifugiava di tanto in tanto a meditare, proprio nella cella numero 39 in cui un allievo del Beato Angelico aveva affrescato l’“Adorazione dei Magi” per ricordare che anche i potenti e i ricchi devono inchinarsi al Redentore.
La prima permanenza di Savonarola a Firenze, durata cinque anni, dall’82 all’87, se non passò inosservata,. dato che predicava gridando, singhiozzando o cadendo in deliqui mistici, non suscitò clamorose polemiche.
La seconda fu quella storica, tumultuosa, drammatica, quella che si iniziò nel 1490 e si concluse il 23 maggio del 1498 sul rogo acceso in Piazza della Signoria, secondo l’ordine di Alessandro VI, il Papa Borgia che aveva assolto Pico, e che aveva condannato Savonarola a quella fine orrenda come eretico e scismatico.
Il caso volle che quel ritorno a San Marco dell’apocalittico Frate, che sconvolse la vita di Firenze e quella dei Medici, in particolare, fosse stato opera di Pico che con tante preghiere e insistenze aveva costretto Lorenzo il Magnifico a scrivere al Generale dei Frati predicatori domenicani di rimandare Hieronimo (Girolamo) perché era atteso da tutti. La lettera la scrisse di suo pugno proprio il Nostro, e Lorenzo si limitò a firmarla “perché voi vediate -gli aveva detto – che vi voglio accontentare il più fedelmente possibile’‘.
Ma le cose erano subito cominciate male perché Savonarola, per marcare la propria autonomia, si rifiutò di fare la tradizionale “visita di calore” a Lorenzo, tanto che questi lamentò: “Un frate forestiero è venuto ad abitare in casa mia (Firenze) e non si è degnato di venirmi a salutare’’. Al che il Frate replicò: “Chi mi ha eletto Priore di San Marco? Dio o Lorenzo? Dio, mio Signore, io voglio ringraziare, non Lorenzo”. E quando il Magnifico, viste chiuse le vie del cuore, tentò di aprirle spregiudicatamente con le elemosine al Convento, Savonarola gridò dal pulpito: “Un cane da guardia non si quieta con un osso”. A Pico, poi, che lo invitava ad essere ragionevole per non venir cacciato, rispose profeticamente: “Io ho a stare. Lui se n’ha da andare”.
Per Garin “erano tempre d’uomini molto diverse, il dotto filosofo e il frate, ma uniti da uguale passione, da uguale senso della serietà della vita e del valore sacro della verità. Non sempre la cercarono lungo la medesima strada, ma furono insieme nel combattere ipocrisia e menzogna, corruzione e volontario errore, e nel difendere la dignità dell’uomo, di ogni uomo ”.
Tratto da: Quei due Pico della Mirandola – Giovanni e Gianfrancesco
Autore: Jader Jacobelli
Edizioni Laterza
Anno – 1993
Chiarotti Ubaldo
Chissà se a Modena, Carpi e Sassuolo sono mai giunte queste notizie, forse gli organizzatori non hanno mai letto che Giovanni Pico il Padre universalmente riconosciuto dell’Umanesimo era originario di Mirandola; si dovevano informare prima di escludere Mirandola dal Festival della Filosofia……!
P.S.
20 Settembre 2019Va ricordato anche che i Pico della Mirandola e i Pio di Carpi, provengono dalla antichissima Consorteria dei Figli di Manfredo della Curtis di Quarantula.