Don Zeno e il cinema
Il cinema all'aperto al Casinone
Don Zeno e il cinema
Don Zeno Saltini è rimasto nella memoria collettiva della gente della Bassa modenese come il prete che accoglieva i bambini sventurati e faceva il cinema nel teatro del “casinone”, a San Giacomo Roncole di Mirandola, nella provincia di Modena.
Chiarisco subito che egli non faceva solo il cinema, ma era anche un uomo di cinema. Sono noti, per esempio, i suoi tentativi di creare una casa produttrice di film, una scuola di cinematografìa e un’azienda per la produzione di attrezzature di proiezione. In più, pur essendo anzitutto prete, era anche uomo di spettacolo. Gli anziani di Nomadelfìa ricordano che era impareggiabile attore nel monologo dell’ubriaco di fronte al capitello della Madonna. Monologo del famoso attore dialettale milanese Edoardo Ferravilla ideatore della maschera meneghina del popolano Tecoppa. Probabilmente don Zeno ne aveva visto e udito un imitatore a Milano durante gli studi universitari. Non per niente, immediatamente dopo la celebrazione della prima messa, inizia a Fossoli e a Rovereto una sua originale azione pastorale tra i fanciulli con un proiettore d’immagini e lo spettacolo dei burattini ‘.
Durante gli anni Venti, Zeno Saltini capta una certa attenzione degli uomini di chiesa al problema del cinema. Specie in ambito lombardo è avvertita l’importanza del cinema come mezzo di elevazione culturale, morale e religiosa, proprio per l’attrattiva che esercita sulla popolazione. Alcuni preti ambrosiani affrontano la questione anche con iniziative concrete.
Certo, la Chiesa con i suoi uomini non ha mai investito grandi capitali nella produzione di film a scopo di apostolato religioso, concentrandosi soprattutto sui modi e sui luoghi dell’esercizio cinematografico, cercando di influenzare in senso morale la produzione cinematografica, favorendo una lettura delle spettacolo cinematografico teso a rilevare segni anche minimi di trascendenza o di valore religioso. Tuttavia appena la Chiesa acquista consapevolezza dell’importanza del cinema come mezzo d’informazione e di comunicazione sociale, come attraente mezzo di spettacolo, come incisivo strumento di formazione delle coscienze, crea un’organizzazione di attività, di luoghi, di punti e momenti di riflessione che denunciano l’interesse e gli approcci più vari a un fenomeno complesso e appassionante qual è quello dello spettacolo fìlmico
1943 Beniamino Gigli con Don Zeno
Don Zeno Saltini è stato un prete che ha avvertito l’importanza del cinema come mezzo di promozione culturale e morale tra il popolo, a differenza non solo di molti uomini di chiesa, ma anche di autorevoli esponenti della cultura e, sin dalla giovinezza, ha preso posizioni coraggiose e anticonformiste nei confronti del cinema .
Consapevole dell’importanza vitale del problema, egli affronta di petto la questione, non tanto dibattendola sul piano teorico o morale, ma intraprendendo una serie di iniziative concrete, sia sul piano pastorale che sul piano organizzativo e produttivo. Come è del resto sua abitudine, data la sua indole antiintellet-tuale, volontaristica e portata ad agire.
Egli perciò decide le azioni più svariate: proietta i film non solo a San Giacomo Roncole, la parrocchia di cui è cappellano, ma in una rete di alcune sale cinematografiche del territorio, addirittura anche fuori del territorio provinciale. Inizia pure una scuola di cinematografìa per la quale assolda due tecnici di Cinecittà, alcuni validi operatori e nella quale inizia la sua carriera un artista di grande talento che si affermerà anche in campo internazionale: lo scenografo Koky Fregni . Si propone addirittura la produzione e la manutenzione di proiettori cinematografici. Tutto questo, nonostante l’atteggiamento del mondo ecclesiale sia stato ambivalente nei confronti del cinema.
Se è stata avvertita dagli uomini di chiesa l’importanza del problema, più che altro sotto l’aspetto morale, è stata anche dimostrata indifferenza o diffidenza. Forse perché, da parte del mondo della cultura letteraria, non sono state poche le voci prestigiose che hanno espresso riserve, insofferenza, astio. Don Zeno, al contrario, sin dall’inizio degli anni Trenta del Novecento, utilizza in modo originale e coraggioso il film, quando si era ancora ben lontani dal parlare di pastorale massmediale e di cineforum.
Don Giacomo Alberone
Nella Chiesa italiana degli anni Trenta c’è tuttavia Don Giacomo Alberione (1884 – 1971) che fa eccezione. E un prete forse unico del suo stampo che, in quanto a iniziative, non è da meno di don Zeno e le sue idee, i suoi progetti li realizza e li porta a compimento, quantunque non dimostri sempre buone doti di organizzatore. Del resto, preti di questo tipo non conseguono master in economia e organizzazione aziendale. Don Alberione (1884-1971), piemontese, e don Zeno si conoscono, ma non hanno alcuna collaborazione per quanto riguarda la loro attività in campo cinematografico. Tanto per accennare a quello che fa, don Alberione intende i mezzi di comunicazione: stampa, cinema, radio, televisione ecc. come i mezzi più efficaci e rapidi per far conoscere la persona di Gesù Cristo; per diffondere il messaggio evangelico e farlo arrivare a tutti gli uomini, particolarmente ai più lontani dalla fede. Fonda allo scopo un insieme di istituzioni che compongono la “Famiglia Paolina”, ossia: cinque congregazioni di religiosi e religiose (una maschile e quattro femminili); quattro istituti secolari (uno per sacerdoti, uno per uomini, uno per donne, uno per sposi); una associazione di laici. Indubbiamente don Alberione possiede doti imprenditoriali: costruisce edifici e chiese monumentali ad Alba e a Roma, una cartiera per fornire la carta alle sue pubblicazioni periodiche, la più nota e diffusa delle quali è “Famiglia cristiana” fondata nel 1931.
Veniamo al cinema. Dopo intuizioni, discussioni e tentennamenti iniziali tra giovani sacerdoti della Società San Paolo, incoraggiato da don Alberione, che ha già riflettuto sul problema, don Gregorio del Poggetto si lancia nell’impresa. Fonda anzitutto la “Romana Editrice Film”, e decide la realizzazione del film “Abuna Messias” sulla figura del vescovo piemontese, missionario cappuccino, Guglielmo Massaia evangelizzatore dei territori etiopici, creato cardinale da papa Leone XIII. La regia del film è affidata a Goffredo Alessandrini. Gli esterni sono girati in Etiopia, con le facilitazioni offerte dall’amministrazione coloniale italiana dell’Africa Orientale. Gli interni sono girati negli stabilimenti di Cinecittà in Roma con le agevolazioni del Governo fascista. Il film è presentato alla settima mostra cinematografica di Venezia e premiato con la coppa Mussolini. La pellicola ha successo, ma incontra critiche, specie da parte ecclesiastica, perché dà scarsa rilevanza all’aspetto missionario dell’azione del Massaia e mette in rilievo eccessivo l’aspetto filantropico e civilizzatore della sua azione. Naturalmente per compiacere e ricambiare i favori ottenuti dalle autorità politiche . Il Regime strumentalizza la figura del missionario cappuccino cardinale Massaia, come esempio dell’incontro tra evangelizzazione ed espansione coloniale, mediante busti, nomi di vie, targhe e con la pubblicazione di una corposa raccolta di lettere del Massaia curata da Egilberto Martire esponente del cosiddetto “fascismo cattolico” . L’attività della Romana Editrice Film – in seguito Sanpaolofilm – prosegue con lavori di qualità modesta che accoppiano grande intenzione di bene a scarsa preparazione professionale. A parte questo, l’adozione del passo ridotto per le pellicole da diffondere, la costituzione di una capillare rete di distribuzione, particolarmente per le proiezioni nelle sale parrocchiali, sono realizzazioni importanti, simili a quelle progettate da don Zeno e alle quali egli non arriva perché impegnato nel conseguimento di altri obiettivi e nella soluzione di altri problemi, oltre il cinema.
San Giacomo Roncole - Una delle prime immagini della proiezione del cinema all'aperto, dietro al casinone
“Il cinematografo è un coefficiente misterioso per creare una mentalità generale. Deve essere non solo controllato, ma reso ancora più bello.
Centro vitale di tutto questo, la civiltà cristiana che a differenza delle altre non tramonterà mai sulla terra. Il mondo ha bisogno di esempi pratici. E noi dobbiamo fare la nostra parte.
Io metterei senz’altro i quattro altoparlanti sul campanile sia pure due in forma provvisoria. Vorrei far sentire senz’altro la forza e la magnificenza della iniziativa.
Nell’anima del popolo c’è una legge dominante che sembra una legge di chimica: o si hanno le parti tutte di una combinazione o questa non riesce.”
(Lettera a un ingegnere anonimo> 21 ottobre 1935)
“E lì cominciò la faccenda del cinematografo.
Si faceva sempre ai ragazzi durante la buona stagione…
In quel cortile dove prima facevo i burattini.
Di giorno lo facevo ai ragazzi, dentro;
poi la sera lo facevo per tutti e veniva tanta gente.
E dico: “lo faccio il cinematografo e in qualche punto dello spettacolo, interrompo con il varietà: vi faccio un discorso!”.
Sicché comincio a fare questo discorso; le donne stavano tutte sedute quando cominciavo a parlare, gli uomini si alzavano e uscivano tutti, restava lì solo qualcuno. Quando avevo finito di parlare, tornavano.
E io avanti, avanti così fino verso l’autunno.
Una sera, mentre uscivano, ho capito che era già l’ora buona di cominciare a dire più chiare le cose e dico:
“Fermatevi, fermatevi un momento; “andev ed sover vueter?”
“Straripate, andate di sopra come un bicchiere troppo pieno dove non ci sta più acqua?”.
Si sono tutti fermati questi uomini.
“Ma sapete tante cose, siete così istruiti,
una intelligenza così piena: non ci sta più niente dentro?
Mettetevi a sedere e ascoltate, ce n’è del vuoto nella vostra testa!”.
Da quella sera non ho mai più visto nessuno uscire!
E così si cominciò a fare gli spettacoli,
sempre con un discorso che i mirandolesi chiamavano
“al discors general”, il discorso generale.”
(Racconto a Fina, 6 aprile 1964)
Tratto da due libri:
Don Zeno e il Cinema a San Giacomo Roncole
Autori: Remo Rinaldi – Umberto Casari
Edizioni Nomadelfia
Anno 2013
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Don Zeno 100 Anni – 1900 – 2000
Autori vari
Anno 2000
Ubaldo Chiarotti
A proposito di cinema, a Quarantoli in quegli anni anche Don Fedozzi aveva impiantato il cinema e pure al Teatro del Popolo era stato impiantato il cinema dal segretario socialista Dinali.
17 Febbraio 2020