1993 – “M’han detto che ha aperto una fumetteria a Mirandola!”
Si dà il caso che “L’Asterisco” chiuda, per sopraggiunti limiti d’età di Giuliana e Ivano, ma anche forse perchè trent’anni chiusi in negozio mattina e pomeriggio sono tanti e il detto “il cliente ha sempre ragione” mal si confà con il carattere di Ivano quindi meglio abbandonare prima di dirne una di troppo.
Lo descrive benissimo il cliente n°6 della libreria (oggi sono 610), con una affettuosa ed originale testimonianza.
‘..please don’t go. Don’t goooo Don’t go away. Please don’t go. Don’t goooo…’
“M’han detto che ha aperto una fumetteria a Mirandola”. E alè che il nonno attacca con lunghe pipe fumeggianti alcaloidi e vecchi cinesi sdraiati su triclini. America! Esclama il me stesso di acne, All Stars e quindici anni. Porca puttana: una rivoluzione sociale per le tribù nomadi dei nerd della bassa. Ora avevamo un posto. Era stato fondato il Tempio; saremmo potuti diventare un popolo. Il Tempio sta nelle prossimità del liceo, che in quel 1993 sta nelle prossimità della piazza, quella grande.
Sparuti gruppi di zaino-muniti giovani dromedari s’infilano alla chetichella sotto quell’architrave che regge la scritta. l’Asterisco. L’interno è ordinato. E non ci sarebbe da stupirsi, non fosse altro che all’epoca le piccole fumetterie ricordavano rare New Orleans di carta dopo la carezza di Katrina. Al bancone una signora ricciuta a ricambiare cordialmente il mio saluto. Più in la si muove un personaggio intento a spostar cartoni. Aria sicura e noncurante di chi sa benissimo che sei presente, ma non è certo che la tua Presenza sia con la maiuscola. E’ chiaramente il Boss li dentro. Ed io dovrò guadagnarmi il diritto. Inizio a sfogliare tutta quella nona arte concentrata, mentre una mano intangibile sembra premermi la spalla. Sempre più vigorosa. Nessuno vicino. Con la coda dell’occhio noto il Boss che scruta sottecchi. Controcampi di inquadrature strette su sguardi western. Il concetto si chiarisce e il mio sfogliare generico diventa deferente e garbato.
Era così l’Asterisco negli anni ’90. Rifugio per quel materiale umano che mal si adattava alla cresta dell’onda sociale subendone invece la risacca. Quel giorno del 1993 su un cartoncino giallastro stava scritto il mio nome e il numero 6. ‘..please don’t go. Don’t goooo Don’t go away. Please don’t go. Don’t goooo…’ “Minchia, sta canzone c’avrà trent’anni”. Ventinove anni. Trascorsi. Ventinove. Anni. La signora ricciuta è diventata Giuliana e il Boss dice di chiamarsi Ivano. Ma è il Boss, Ivano è solo il suo nome borghese. Come Clark Kent. Proverei a chiamarlo “Stellina”: il significato letterale di asterisco. Ma ricordo quegli sguardi western del ‘93. La dipendenza da fumetto si sviluppa ma non si cura. Fortunatamente. Giuliana e il Boss sono pusher che spacciano droghe tra le più antiche del mondo: Storie. Migliaia di pagine sfogliate e VHS di Evangelion su un vecchio catodico (ma in anteprima nazionale!). Quando la poco sviluppata parte razionale regalava endorfine e trepidazione durante le estenuanti attese di nuove uscite. Fuori dalla porta stavano terremoti, pandemie e rischi di mezzanotte per la razza umana. Ma stavano fuori. Il me stesso di acne, All Stars e quindici anni ora ha peli anche dove non vorrebbe e continua ad andare al Tempio fondato nel 1993. Fino all’ultimo. Quando ringrazierà da orfano felice di questi ventinove anni. ASTERISCO: In tipografia è adoperato quando nei testi si necessita di una spiegazione che non può essere data subito… (Wikipedia)
(Lo Stupefacente n°6)
Chiara
Bella sintesi. Bravo n. 6
25 Marzo 2022