Mirandola – Dagli alla strega !
Le streghe, e gli stregoni, ci sono sempre state, fin dagli albori dell’umanità. Ma alla Mirandola nel 1500 ce ne fu una proliferazione che fece preoccupare la Chiesa, e di riflesso i governanti di allora che dalla Chiesa dipendevano in molti modi.
Gianfrancesco II Pico era il Signore della Mirandola in quel periodo e le voci insistenti su presunti sabba chiamati “gioco di donna” e coinvolgenti parecchie persone lo convinse a chiamare l’inquisizione per chiarire la faccenda. Arrivò nel 1522 padre Girolamo Armellini di Faenza, frate domenicano coadiuvato dal confratello Luca Bettini di Firenze. Il fatto che padre Girolamo fosse di Faenza preoccupò non poco i sospettati; essi sapevano infatti che se anche non ci fossero state prove “quei ad Faenza ad quel ch’an ghè i fan senza”.
L’inquisitore si mise immantinente all’opera ed iniziò subito ad arrestare gente a destra e a manca, sopratutto leggiadre donzelle, che col fatto che stregavano il cuore dei baldi giovanotti erano le più indicate. Gli interrogatori, molto duri, si sa come avvenivano a quei tempi: facevano il solletico fino a quando non restavi senza fiato e crollavi confessando di tutto, oppure ti costringevano a guardare i programmi della d’Urso fino a che non ti si seccavano gli occhi.
Le confessioni iniziarono a fioccare e i roghi si infittivano. Persino un sacerdote di 72 anni, tale don Benedetto Berni accusato di dare ostie consacrate alle streghe per i loro riti satanici, fu una delle vittime. Gianfrancesco cominciò a preoccuparsi e pretese di assistere, e forse partecipare, agli interrogatori per rendersi conto dell’andazzo. Giunse alla conclusione che padre Girolamo stesse facendo un ottimo lavoro e si affrettò a scrivere un libro, “Strega, o degli inganni del demonio”, che giustificava e sosteneva l’operato dei domenicani. La cosa andò avanti fino al 1523 e si concluse con un numero di roghi su cui gli storici non sono d’accordo (tant par cambiar); chi dice dieci, chi venti e chi addirittura settanta.
Tale duro lavoro però non concluse definitivamente la faccenda.
Ancora nel 1632, quando era Alessandro I Pico il Signore della Mirandola,il popolino lapidò nella piazza cittadina una presunta strega accusata di essere la causa di una epidemia di peste appena conclusasi.
Questa fu l’ultima strega ad essere uccisa alla Mirandola, ma un’altra fece la sua apparizione a metà del 1700.
Lucia Roveri, all’età di vent’anni, si scoprì una vocazione pseudo religiosa ed iniziò a pronunciare profezie, compiere sortilegi, leggere il futuro ed era in grado di dire se i defunti fossero in paradiso, purgatorio o inferno … in cambio di piccole elemosine offerte dai parenti naturalmente. Il governo della città la lasciò fare non ritenendola pericolosa, la Chiesa però tentò in tutti i modi di fermarla, ma invano.
Fu un furbo contadino di S. Martino Carano, scarpe grosse e cervello fino, a porre fine alla sua carriera. La chiamò nella sua casa colonica e le chiese di fargli conoscere il destino del padre morto pochi giorni prima. La profetessa si concentrò un attimo e poi affermò che l’uomo si trovava in purgatorio, ma che con una buona elemosina lo si poteva trasferire in paradiso. A quel punto il contadino l’accompagnò fuori e le mostrò il padre che lavorava tranquillamente nei campi.
Lucia Roveri fu costretta ad abiurare nella chiesa dei cappuccini, ma senza brioche, davanti ai prelati ed al popolo per evitare il rogo. Morì in miseria nel 1778 ospite dell’albergo dei mendicanti di Reggio Emilia.
Oggi la Mirandola è una tranquilla cittadina dove le streghe sono una specie ormai estinta da tempo. Infatti provate ad andare al mercato il sabato mattina e vi accorgerete che in giro ci sono solo fate.
Vanni Chierici
Fonti storiche: Giuseppe Morselli (Mirandola. 30 secoli di storia.)
Fabrizio Ferri (Mirandola. Il regno dei Pico.)