La Mirandola – Storia urbanistica di una città – V Capitolo – La Chiesa del Gesù e le sue opere d’arte
La Mirandola – Storia urbanistica di una città – V Capitolo – La Chiesa del Gesù e le sue opere d’arte
Un altro edificio degno di attenzione è la chiesa del Gesù. Costruita dal 1621 al 1689 per l’interessamento di Alessandro I Pico e in seguito di Alessandro II in un luogo detto allora Terranova (perché preso dentro le mura solo colla costruzione della cinta poligonale) nel terreno dove erano due cimiteri, uno cristiano e quello degli Ebrei, la chiesa si trovava quasi nella gola del baluardo e insieme al grande edificio che le sorge vicino (Collegio dei Gesuiti) chiudeva la parte di nord-est della Città con una grande massa in laterizio che correva parallela alla cortina per circa metà della sua lunghezza; la severa facciata del suo Collegio guardava il vasto cortile dei Francescani dal quale era divisa dalla nuova strada di S. Michele.
Il monumento di per se stesso merita di essere descritto per due importanti motivi: 1) perché contiene una grande quantità di sculture in legno, opera di artisti mirandolesi; 2) perché le ornamentazioni alle pareti sono un continuo richiamo apologetico alla Città e Ducato della Mirandola e alla Famiglia Pico.
L’interno, a croce latina, di stile barocco, si presenta ad una sola navata con tre profonde cappelle per lato; è abbellito da un ricchissimo cornicione e interrotto da due ordini di nicchie nelle quali si vedono le statue, in scagliola, dei principali personaggi della Compagnia di Gesù e di alcuni Dottori della Chiesa. Eccetto che l’altare maggiore, costruito a forma di chiesa con cupola e l’altare detto del SS. Rosario (che apparteneva al soppresso Oratorio omonimo), che sono in marmo e sono dovuti a scultori «stranieri», tutte le altre opere di arredamento sono, come si è detto, in legno ed opera di artisti mirandolesi.
Tra di esse spiccano per mole e valore ì due grandi altari che si trovano nelle braccia della croce dedicati l’uno al SS. Crocefisso, l’altro alla B. Vergine del Rosario, entrambi ricchissimi di decorazioni e figure. Il primo di questi presenta nella sua parte centrale una nicchia cruciforme nella quale è conservato un antichissimo miracoloso Crocefisso detto della Mirandola che da secoli è portato in solenne processione il pomeriggio del Venerdì Santo ogni anno e che gode di una grandissima venerazione.
Gli altari sono dovuti allo scultore Paolo Bonelli (1651-1717) che praticamente diresse il gruppo degli intagliatori ai quali si devono le altre opere della chiesa: le cornici dei quadri (alcune delle quali straordinarie) il pulpito, i paliotti, le suppellettili e perfino le porte. Tutte queste cose, ultimate e poste in sede durante o poco dopo la fine della chiesa (gli altari sono datati 1692) si rivelano di rara unità dal punto di vista stilistico e costituiscono un corpo omogeneo di sculture, di grande interesse, degno di essere studiato sia in se stesso sia per avere una idea dell’importanza di questa scuola (più che di una scuola vera e propria si trattò di una intelligente contingente collaborazione tra artisti) che praticamente ebbe fine colla morte del Bonelli.
Tuttavia l’influenza di questo artista fu tale che anche diverse opere posteriori, come per es. i due candelabri della cappella del Crocefisso (intagliati più di 100 anni dopo), le cornici di alcuni paliotti, ecc. furono eseguite quasi cogli stessi motivi e sullo stesso stile in modo che si è mantenuta una grande unità dal punto di vista artistico.
Il secondo motivo di interesse, finora mai messo in evidenza, è dato, come si è accennato, dal fatto che tutta la ornamentazione fà un continuo e specifico riferimento alla storia e alla vita della Mirandola e della Famiglia Pico. Infatti bisogna ricordare che la chiesa fu decisa dal Duca Alessandro I nel 1617, lo stesso anno in cui i Pico avevano ottenuto i titoli di Duca e Marchese e la Mirandola il grado di Città (in quanto il Casato era ritornato alla sudditanza dell’Impero). Per questo una grande composizione araldica che si vede al di sopra della porta riproduce lo stemma della Mirandola-Concordia-Pico sormontato da una grande corona ducale e sovrapposto all’aquila bicipite (che significa l’Impero). Un riferimento di questo tipo si ha ugualmente nelle decorazioni dei capitelli nei quali si vedono due aquile monocefale che rappresentano la Mirandola che sostengono festoni di fiori e di frutta (Felicità ed Abbondanza); nel fregio del cornicione leoni rampanti che sono il simbolo e lo stemma della Concordia e aquile bicipiti sostengono la corona ducale; piccoli leoni rampanti che sostengono una scacchiera (che è lo stemma Pico) si vedono ugualmente come motivo ornamentale alla base delle grate ai lati dell’altare maggiore.
Dei diversi dipinti vanno citati solo il grande quadro che rappresenta la Circoncisione di Nostro Signore opera di Ippolito Monti (1690), che si vede in capo alla croce dietro l’altare maggiore e il dipinto con S. Possidonio in preghiera ai piedi del SS. Crocifisso del Rosario, opera di Adeodato Malatesta (1841).
Il grande frontale incompiuto della Chiesa e il Collegio dei Gesuiti in una veduta degli inizi del secolo
Se non fosse per gli alberi che ora percorrono la strada e per i fili del’energia elettrica, questo sarebbe ancor oggi uno dei pochi angoli della Mirandola veramente rimasto intatto nei secoli.
Un esempio della ricca decorazione.
Un esempio della ricca decorazione in stucco, opera dello scultore Pompeo Solari (1682): il cornicione interno ad oggetto molto pronunciato e i capitelli, "in ordine composito", delle lesene.
Come si vede, al centro del capitello, contenuta nel cespo delle foglie di acanto, compare l’aquila monocefala della Mirandola; nel fregio, nel tratto soprastante le nicchie si vedono due leoni rampanti, che sono il simbolo di Concordia, che portano in trionfo la corona ducale.
Una delle quattordici statue in scagliola che animano l'interno della chiesa.
Le statue sono dovute allo scultore Petronio Tadolini e furono eseguite nel 1770 per sostituire i dipinti che erano stati collocati all’origine, provvisoriamente, davanti alle nicchie; di esecuzione quasi sempre molto felice e nel loro insieme di grande effetto, dimostrano tuttavia, considerate singolarmente, i caratteri melodrammatici e pieni di facili allegorie di moda nella scultura del genere in quest’epoca.
L'altare in legno del SS.Crocifisso del Rosario
Ornato da una eccessiva quantità di fantasiosi motivi, floreali e figurativi, l’altare del SS. Crocefisso si rivela molto interessante sia dal punto di vista scultoreo che da quello della invenzione e mantiene pur nello stile enfatico dell’epoca un chiaro impianto compositivo di tipo emiliano. Esiste tuttavia una indubbia sproporzione tra il corpo della «costruzione» e la sua parte superiore che appare piuttosto pesante e quasi pensata in un’altra dimensione; più proporzionata infatti anche se di più facile esecuzione e di minor impegno, appare la seconda grande opera del Bonelli l’altare della Beata Vergine della Rosa che si vede nella contro-cappella. Non sarà inutile far notare che la parte centrale dell’altare del S.mo Crocifisso proviene dal- l’altar maggiore dell’oratorio del SS. Rosario, ugualmente opera del Bonelli, che vi fu inserita quando l’oratorio venne demolito (1784) e i suoi altari furono distrutti o dispersi.
Tratto da: La Mirandola – Storia urbanistica di una città
Autore: Vilmo Cappi
A cura: Cassa di Risparmio di Mirandola – Seconda Edizione a cura del Circolo “G.Morandi” di Mirandola.
Anno: 2000