Il segreto di Ulisse – I° Capitolo

Il segreto di Ulisse – I° Capitolo

7 Novembre 2016 0

E’ il primo dei 27 capitoli ( ne pubblicheremo uno a settimana) che compongono il romanzo di Monica Caleffi, mirandolese doc ma trasferitasi in provincia di Grosseto.

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Un affettuoso ringraziamento a Valerio Massimo Manfredi, caro amico, che mi ha permesso di fargli recitare la parte di se stesso nel Capitolo 22.

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Nota del 1° agosto 2012

Questo libro è dedicato a Mirandola, ai Mirandolesi e a tutte le popolazioni colpite dal sisma di maggio scorso. Il campanile della Chiesa di San Francesco non c’è più, come tanta parte delle nostre città, delle nostre case, della nostra memoria storica e culturale. Ma resta il coraggio di guardare avanti, forti del nostro passato!

Monica Caleffi

Premessa

In questo romanzo ho trasfuso molti dei miei ricordi di adolescente, bruttina e forse troppo studiosa, affascinata dalla cultura classica.

Il luogo dove inizia e termina l’azione è la mia città d’origine, Mirandola, in provincia di Modena, cono­sciuta praticamente solo per l’illustre personaggio di Giovanni Pico, umanista e filosofo, cui diede i natali.

Ho preso spunto dai ricordi personali per imbastire un’avventura sospesa tra passato e presente, dove, da una parte la cultura latina e greca, la mitologia e la storia locale, e dall’altra la pura fantasia e una reinterpretazione del tutto personale di alcuni passi dell’Odissea di Omero, si sono fusi per creare un intreccio misterioso, i cui protagonisti sono sia antiche divinità, figure mitolo­giche, ma anche e soprattutto ragazzi del nostro tempo.

È sicuramente palpabile, durante tutto lo svolgimen­to della trama, il mio profondo amore per la cultura classica, l’incantesimo che mi affascinò fin dalla Quarta Ginnasio, incantesimo mai annullato dal trascorrere del tempo. Il romanzo è nato anche allo scopo di tentare di trasmettere questo amore ai giovani, nella presunzione di far loro comprendere che certe materie da studiare a scuola non rappresentano solo noia e impegno, ma pos­sono diventare anche mistero, avventura, intrigo, sogni!

Per inciso, il pugnale conficcato nel campanile della chiesa di San Francesco esiste davvero… e chissà, forse anche molte altre cose…

Primo capitolo

La giornata di primavera, nella cittadina di provincia della Bassa Padana, era incredibilmente tiepida e piace­voli erano i raggi del sole che accarezzavano le vecchie pietre rosate e un po’ corrose della scuola, un antico convento francescano annesso alla chiesa.

La fugace poesia del momento, però, non sfiorava nemmeno lontanamente i tre ragazzi fermi sul sagrato, carichi di zaini inverosimili e di problemi molto concre­ti, e visibilmente riluttanti a varcare il portone del liceo.

«Io stamattina ho il compito di greco, ma il mio oroscopo di oggi dice: “Giornata da dedicare alla più pura razionalità e concretezza: evitate possibilmente i voli pindarici e le dissertazioni filosofiche”. Quindi, non me la sento di sfidare il destino traducendo Pla­tone! Penso che me ne andrò alla Lanterna, a vedere se c’è qualche videogioco decente e a riempirmi gli occhi con la vista della barista nuova. Finalmente si sono decisi a licenziare quel rospo che c’era prima: oltre che a essere brutta come il peccato non riusciva neanche a portare un bicchiere di Coca senza versarne per strada la metà!»

A parlare era stato Marcello, capelli “rasta” ma, per fortuna, puliti e non troppo lunghi, pantaloni di tre taglie più larghi e un sorriso da angelo caduto (1)che incantava tutti, persino la sua arcigna professoressa di greco, che,per quanto era dato sapere, avrebbe potuto benissimo essere un professore.

«Sei sempre il solito, Marcello, fuggi dalle tue respon­sabilità nascondendoti dietro gli oroscopi. Di’ piuttosto che ieri non hai studiato per niente, che non hai ripassato i verbi irregolari e che sai perfettamente che se facessi il compito stamattina porteresti a casa l’ennesima insuffi­cienza! Ma non crescerai mai? E poi dimmi che bisogno hai di combinarti in quel modo: Madre Natura ti ha fatto bello, tutte le ragazze del liceo ti corrono dietro, incanti anche le prof, perché ti conci come Bob Marley?»

«Senti, Ilde, sei tanto sfigato che non capisci neanche quando sto scherzando. Cosa vuoi che me ne freghi de­gli oroscopi: era per fare una battuta, no? E poi ci sei tu, per fortuna di noi tutti: assennato, responsabile, maturo e studioso. E, se davvero lo vuoi sapere, mi combino così, litigando ogni mattina con mia madre, proprio per cercare di difendermi dallo stuolo di ragazzine che mi fanno il filo. Dove troverei il tempo e la forza per usci­re con tutte se addirittura mi vedessero nel mio pieno fulgore? Ah, Ilde, nel caso anche stavolta non l’avessi capito, sto scherzando! Non sono poi così presuntuoso!»

«Ti ho già detto mille volte di non chiamarmi Ilde, accidenti! Il mio nome è Ildebrando, che mi viene dal bisnonno e da uno stuolo di personaggi storici famosi che ovviamente tu non conosci! Se proprio devi usare un diminutivo, chiamami Brando, che mi piace di più. Oppure Picchio, come fanno tutti.»

«Sì, Brando come Marlon Brando, ti piacerebbe, eh? Ma dovresti andare in palestra per il resto della tua vita, farti una plastica facciale, metterti le lenti a contatto al posto di quei fondi di bottiglia che ti ritrovi come occhiali, e… Picchio è meglio: sei proprio testardo, schivo e insistente come quell’uccello!»

«Su, ragazzi, smettetela di bisticciare! Con voi due è sempre la solita storia. E suonata l’ultima campana: volete entrare sì o no? Io vado, non voglio arrivare tardi in classe per colpa vostra. Voi fate un po’ quello che volete.»

Martina, un po’ seccata dal continuo battibeccare dei suoi migliori amici, volse risolutamente le spalle e si avviò verso il portone.

Brando la seguì a ruota, come sempre, e Marcello, dopo un attimo di esitazione, fece lo stesso, nonostante i propositi di fuga. In fondo (forse un po’ troppo in fondo) era comunque un bravo ragazzo.

La mattinata trascorse veloce per tutti e tre: Marcello fece la sua traduzione di Platone e alla fine gli sembrò che fosse riuscita meglio di quanto potesse sperare; Mar­tina affrontò un’interrogazione di letteratura latina con i soliti ottimi risultati e Brando, neanche a parlarne, come sempre eccelse in ogni materia.

Tuttavia, a un certo punto della mattinata, il suo professore di latino disse qualcosa che a tutta prima attirò appena la sua attenzione, poi, man mano che ci rifletteva, lo colpì sempre più profondamente e lo lasciò perplesso e meditabondo.

“Devo ragionarci un po’ su, devo fare qualche ricer­ca, se così fosse…” rimuginava, uscendo dalla scuola e avviandosi nuovamente verso il sagrato, per un ultimo salutino agli amici prima di tornare a casa.

«Che cos’hai, Brando? Mi sembri strano, o meglio, più strano del solito» gli chiese Martina vedendolo così assorto.

Non che quell’atteggiamento fosse per lui una novi­tà: spesso si perdeva nei meandri dei propri pensieri e si estraniava completamente dal mondo. Ma stavolta Martina fu costretta a porgli la stessa domanda tre volte prima di attirare finalmente la sua attenzione e ottenere una risposta evasiva.

«Niente, niente. O meglio qualcosa c’è, ma non vo­glio parlarne adesso, non è il momento.»

«Caspita, come sei misterioso, Picchio» ribatté Marcello, che non perdeva occasione per stuzzicarlo. «Stamattina, all’improvviso, ti si sono rivelate le sorti dell’universo? O la tua compagna di banco aveva una minigonna esagerata e finalmente hai capito che le gam­be delle ragazze sono meglio delle sculture di Fidia?»(2)

Martina gli lanciò un’occhiataccia, ma Brando strana­mente non rispose: incassò la battuta senza scomporsi e dopo un “ciao, a dopo” appena sussurrato si avviò pensieroso verso casa.

«Certo che è proprio strano; quando ci si mette d’im­pegno, poi, è davvero incomprensibile quel ragazzo.»

«No, Marcello, Brando non è strano» disse Martina, «è solo molto ma molto diverso da te e spesso non rie sci a capirlo. Io penso che ogni tanto nasca un piccolo genio e sono convinta che per la nostra generazione sia proprio Brando.»

«Addirittura un genio, un secondo Pico della Mirandola,(3) non ne avevamo abbastanza di uno! Sì, è vero, è bravissimo in tutto, si ricorda sempre tutto, è avanti rispetto a noi anni luce, ma proprio un genio…»

«Non sarai per caso un po’ invidioso? Lasciamo per­dere, che è meglio. Senti, cosa farai quest’estate, finita la scuola?»

«Vuoi proprio conoscere il mio desiderio più recondi­to? Vorrei andare a Cuba, spaparanzarmi su una spiag­gia bianca e farmi portare bibite colorate dalle cubane più da sballo dell’isola. Ma siccome mio padre non mi darà mai i soldi per un viaggio simile, per niente istrut­tivo e molto, molto epicureo,(4) penso che, come l’anno scorso, mi toccherà guadagnarmi un tozzo di pane a Ri­mini, facendo il bagnino per tutta l’estate. Anche lì non dovrebbero mancare le occasioni, anche se la spiaggia non è bianca e il mare non è il massimo.»

«Io invece vorrei fare una vacanza studio da qualche parte, magari in Inghilterra, ma devo ancora sentire i miei genitori. Però, non so perché, ho la sensazione che le cose andranno diversamente, per tutti noi…»

«Che vorresti dire “per tutti noi”?»

«Non lo so, te l’ho detto, non te lo so spiegare, ma, ti ripeto, ho una sensazione. Sai che ogni tanto sono un po’ strega in certe cose. Non per niente ho questi capelli rossi e a casa tengo un gatto nero!»

«Ah, guarda, io sarei disposto a tutto pur di non pas­sare a Rimini l’estate a tirare fuori dall’acqua befane tedesche urlanti, con la cuffia da bagno a fiorellini di plastica. Fallo presente alla tua premonizione, strega, però fai attenzione a non finire sul rogo!»

«Al rogo mi ci mette mia madre se non torno a casa subito! E tardissimo, ciao, ci vediamo domani, Marcello!»

Martina inforcò la bicicletta e partì come un razzo, con i capelli al vento che per un attimo a Marcello par­vero davvero lingue di fiamma.

«Certo che siamo tre bei personaggi, a pensarci!» bofonchiò Marcello, aggiustandosi sulle spalle lo zaino che pareva quello di un marine e infilando l’auricolare del lettore CD.

[1] Angelo caduto: per antonomasia Lucifero, angelo ribelle punito per aver tentato di diventare l’autorità suprema al posto di Dio.

(2)      Fidia: scultore greco del V secolo a.C., famoso per aver presieduto i lavori indetti da Pericle sull’Acropoli di Atene.

(3)     Pico della Mirandola: famoso filosofo e umanista, nato a Mirandola (MO) nel 1463, noto per la sua prodigiosa memoria.

(4)    Epicureo: caratteristico del pensiero del famoso filosofo greco Epicuro (341-270 a.C.). Il suo insegnamento morale aveva come scopo il raggiungi­mento della felicità.

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