Fonderia Ghisa – Gli anni ’60 e l’O.M.G principale azienda dell’indotto – Capitolo nono e decimo
Gli anni ’60
La ripresa della iniziativa sindacale interna, che si apre con una nuova vertenza sul cottimo, avviene in corrispondenza del rilancio del movimento di lotta del sindacato a livello nazionale.
In quegli anni la Direzione prepara, per obbiettive necessità ed esigenze di ammodernamento dell’azienda, il terreno per l’introduzione, nel 1967, del primo impianto automatico di formatura.
Gli ultimi residui di decisionalità operaia sugli impianti, vengono spazzati via da queste nuove macchine che determineranno in modo totale tempi e modalità di lavoro.
Un anno prima, nel 1966, veniva realizzata la nuova smalteria. Come si ha modo di vedere dai vari schemi di trasformazione delle aree e delle funzioni, la smalteria un tempo racchiusa in un piccolo spazio, rappresenterà sempre più un punto centrale dell’organizzazione produttiva complessiva dell’azienda. La quasi specializzazione della Fond-Ghisa nella produzione di getti legati alla fumisteria e agli elettrodomestici richiederà un allargamento e un potenziamento di questo reparto.
La preparazione delle terre, che fino al 1968 veniva fatta in modo artigianale, con l’ampliamento del nuovo spazio di lavorazione e l’introduzione di nuovi strumenti e attrezzature per la loro miscelazione, nel 1969, assume il carattere del reparto e diviene centro di distribuzione della terra per tutti gli impianti di formatura.
Tra il 1966 e il 1969 quindi si attuano una serie di trasformazioni che risulteranno poi decisive e quasi definitive per l’attuale assetto organizzativo e produttivo dell’azienda.
Il consolidamento del semiautomatico e l’immissione dell’automatico nel 1967 sono determinanti ai fini di una qualificazione tecnologicamente avanzata degli impianti, di una organizzazione razionale delle aree interne alla fabbrica ed anche dell’azione di decentramento produttivo.
Infatti l’introduzione di questi impianti è conclusiva di una fase e nel contempo foriera di quanto, come e cosa, verrà espulso dall’azienda.
I nuovi impianti abbisognano per le loro installazioni di più vaste aree interne seguendo per certe lavorazioni tradizionali la strada dell’indotto.
I momenti decisivi per il decentramento sono compresi tra la fine degli anni ’60 e ’70, il periodo in cui si attua l’introduzione dei più moderni e razionali impianti di formatura e colatura e il definitivo passaggio verso la completa automazione.
Sono gli anni in cui prende forma, forza e consistenza l’O.M.G. una azienda collaterale alla Fond-Ghisa che per dimensioni e quantità di lavoro prodotto per l’azienda madre e innovazioni tecnologiche introdotte nella lavorazione della sbavatura, necessita di un capitolo a parte.
L’O.M.G. principale azienda dell’indotto
L’O.M.G. nasce nel 1962 ed inizia ad operare all’interno dei locali della fonderia con le lavorazioni di sbavatura e molatura.
Agli inizi sorse come ditta Braghiroli Enza dal nome della moglie di Ivo Molinari a quei tempi ancora operaio della Fond-Ghisa nel reparto meccanico.
L’attività partì con 2 molatrici e un trapano. Si effettuavano per lo più lavori di sbavatura e tornitura.
Allorquando la Fonderia Ghisa decise di dare avvio alla fase decisiva di decentramento, furono acquistate dai coniugi Molinari nuove macchine e affittato un capannone esterno alla fonderia.
Nasce così la MOLMO con 10 operai e nel giro di pochi anni, con il completamento del decentramento della sbavatura, si arriverà a 30-35 operai.
L’assetto proprietario intanto si era allargato per far posto ai figli dei coniugi Molinari (per evitare confusione è meglio precisare che questi Molinari non hanno nessun legame di parentela con l’attuale socio dirigente della Fond-Ghisa, Francesco Molinari).
Nel 1976, con la MOLMO ancora operante, i proprietari danno vita, in nuovi capannoni, alla O.M.G. che all’inizio non lavorava per la Fond-Ghisa.
Nacque infatti come centro specializzato di foratura e produzione di anime per fornire un servizio completo di finiture alle fonderie del territorio.
Nel 1979 la MOLMO viene assorbita dalla O.M.G. che ne preleva sia le lavorazioni che i lavoratori. Sempre nello stesso anno vengono acquistate due macchine transfert per la sabbiatura a ciclo continuo per riuscire a far fronte e soddisfare tutta la produzione che usciva dalla Fond-Ghisa.
Alla fine del 1979 tutto il lavoro di sabbiatura era passato dalla Fond-Ghisa all’O.M.G. che ne garantiva la completa esecuzione. Con il trasferimento della sabbiatura dalla Fond-Ghisa, necessariamente spostata per far posto al Mec-Fond 2, con l’accoglimento dei 35 operai prima impiegati alla MOLMO e con nuove assunzioni, l’O.M.G. si potenzia ulteriormente fino ad occupare nel 1980 138 dipendenti.
L’adozione di nuove tecnologie (che contribuiscono a far sorgere un’altra piccola azienda provvista di due robots per la sbavatura delle griglie per le cucine a gas), la difficoltà del settore siderurgico e la conseguente diminuzione dell’offerta di lavoro sul mercato, nel giro di due anni rifanno scendere le unità lavorative a 100 dipendenti.
Attualmente la O.M.G. agisce ed opera come casa indotta per il 70% del lavoro decentrato dalla Fond-Ghisa e come centro di raccolta e distribuzione delle lavorazioni decentrate in altre aziende. Avendo presente la situazione di come alla F.G.M. erano messe e collocate le macchine per la produzione delle anime, la vicinanza e quindi la saturazione degli elementi di nocività, si può dire che la strada del decentramento realizzato all’O.M.G. abbia in qualche modo migliorato le condizioni ambientali della Fond-Ghisa e della lavorazione in sè.
“Sicuramente il decentramento ha migliorato le condizioni di lavoro per gli operai addetti sia alla sbavatura che alla produzione anime.
All’interno della Fond-Ghisa lavoravano con impianti di aspirazione,seppur decenti, non certamente all’altezza di questi che sono centralizzati e di grande potenza. Anche gli spazi sono di gran lunga superiori rispetto quelli messi a disposizioni dalla Fond- Ghisa”.
Tuttavia la specializzazione dell’O.M.G. in lavorazioni ad alta esposizione alla fatica e nocività hanno contribuito a concentrare in una sola unità produttiva elevati fattori di rischio che se non controllati adeguatamente possono mettere in serio pericolo la salute dei lavoratori.
Nel complesso delle fonderie dell’Emilia Romagna, ”la nocività e la gravosità della lavorazione di finitura è stata «risolta» con un decentramento polverizzato che si proietta fino alle valli del Bresciano e del Trentino. Questa nocività sommersa, grave, diffusa e non controllata rappresenta uno dei problemi più complessi cui dare una risposta a causa delle difficoltà con il mercato della forza lavoro. Dall’altra parte, per fare un discorso credibile sulle bonifiche delle lavorazioni di finiture e sbavature occorre mettere in atto un processo di riconcentrazione e specializzazione (investimenti in macchine programmabili per medie e lunghe serie: già esistenti sul mercato, in capannoni spaziosi, con sistemi di protezione (banchi aspirati, ricambi di aria, boxature phono-assorbenti) in grado di corrispondere alle esigenze delle piccole fonderie (che decentrano poco, ma nelle quale gli sbavatori operano in condizioni intollerabili).
Per ciò che riguarda alcune realtà come Rimini dove il 95,9% delle lavorazioni di finitura sono decentrate ad aziende artigianali locali è presumibile che una iniziativa di consorziazione potrebbe rendere più controllabili le condizioni dei lavoratori di questa fase del ciclo di fonderia decentrate. In altre realtà, come Modena, i problemi sono molto più complessi: in ogni caso un risanamento delle condizioni di lavoro del ciclo di fonderie presuppone una politica del sindacato che organizzi i lavoratori della sbavatura. Altrimenti la diffusione delle broncopneumopatie, dei danni da rumore, delle patologie dall’uso di attrezzi vibranti diverrà un fenomeno sempre più grave. Un ruolo rilevante al fine di contenere il fenomeno della polverizzazione di aziende improvvisate lo possono esercitare gli Enti Locali, con una applicazione puntuale della legislazione di Igiene Pubblica, al fine di arginare le forme più esasperate di decentramento.
Un analogo discorso si pone per il decentramento delle anime (Shell Molding e Ashland). La conoscenza del fenomeno della polverizzazione, a livello artigiano, della lavorazione di animisteria va approfondita poiché rappresenta una diffusione dei rischi a livelli assolutamente incontrollabili. Le patologie indotte da una diffusione incontrollata deile lavorazioni di animisteria possono rappresentare un fenomeno di pari gravità a quello della sbavatura (irritazioni, allergopatie, broncopneumopatie, ecc.)”.
Guardando con attenzione a come si è sviluppata la O.M.G., alla sua struttura organizzativa e produttiva é più probabile però una sua specializzazione e potenziamento che non ad una riconcentrazione nella casa madre delle lavorazioni ivi decentrate.
Non solo per l’improduttività di tale operazione, ma anche perchè azioni di specializzazione degli investimenti sono possibili anche in medie realtà produttive come la O.M.G..
A sostegno di questa ipotesi si può citare l’intelligente, anche se oneroso, investimento fatto negli ultimi anni all’O.M.G. con l’acquisto di macchine robotizzate per l’operazione di sbavatura.
Certo rimangono sicuramente e sempre grossissimi problemi che però possono essere risolti da un lato con un maggior collegamento tra casa madre e indotto e dall’altro da una attenzione e vigilanza continua sulle tradizionali e inadeguate forme di rischio. Grosse questioni no, ma qualche problema c’è stato. Gli operai hanno fatto le loro rimostranze e hanno preteso che venissero installati nuovi aspiratori per il reparto anime che era insufficiente. Non hanno condotto lotte che sono arrivate allo sciopero, ma si sono fatti sentire e l’azienda, anche per il miglioramento delle condizioni ambientali, ha aderito alle loro richieste”.
È questa risposta un segnale rilevatore chiaro sia della strada che comunque si è percorsa negli anni ’70 che del cammino che ancora è da compiere per rendere più umano e sopportabile il duro lavoro quotidiano in una fonderia o azienda decentrata.
Una media azienda come l’O.M.G. che produce servizi per altre aziende, se vorrà tenere conto anche dei problemi che il lavoro causa ai suoi operai non potrà che intraprendere la strada del rinnovo delle tecnologie e dei sistemi produttivi sia per ragioni di costo che di mercato del lavoro.
Se agli inizi infatti il 90% della manodopera all’O.M.G. era maschile oggi questa percentuale è scesa al 50% circa, e ciò non solo per crescere della occupazione femminile ma anche per un sempre più accentuato disinteresse della mano d’opera maschile (tradizionalmente più qualificata rispetto quella femminile) verso lavori in cui viene richiesta una bassa professionalità.
La strada delle alte concentrazioni di manodopera dequalificata operante su macchine di basso livello tecnologico si è dimostrata perdente non solo economicamente ma anche socialmente. Pertanto, la via appena iniziata dalla O.M.G., verso una maggiore automazione delle lavorazioni è una strada che nell’alleviare la fatica può elevare i contenuti professionali dei lavoratori, interessare le nuove generazioni, favorire la risoluzione dei problemi legati alla piaga del decentramento i cui costi sociali e umani sono stati fin’ora pagati dai soli lavoratori.
Tratto da Il Lavoro e la Memoria – Fonderia Ghisa Mirandola 1935-1982
A cura di Vittorio Erlindo – Anno 1984
Immagine tratta dall’archivio della “Fonderia Olivetti”
Ivo Molinari – Per gent.conc. di Magda Molinari
La prima Molmo, in cantina. Per gent.conc. di Magda Molinari