Chiusura librerie – La proposta di SIL-Confesercenti Modena
Salvo “miracoli” è un lento e tragico destino quello delle librerie indipendenti. Modena in origine ne contava 12: di acquisto, ma anche d’incontro e confronto. Ne sono rimaste 4 oggi e tutte legate a grandi gruppi. L’ultima a chiudere fu la storica Muratori, in centro, nota in tutta Italia. Il numero aumenta però se consideriamo anche le cartolibrerie che negli anni hanno abbassato definitivamente la serranda. Tra le ragioni di questa perdita, spicca la poca forza per contrastare i mutamenti e soprattutto l’aggressività del mercato, ora fortemente competitivo anche per le vendite online.
Se guardiamo a livello nazionale dal 2010 ad oggi hanno chiuso i battenti circa 300 attività librarie per lo più famigliari. Ne restano grossomodo 800. Nello stesso quinquennio, l’e-commerce in quest’ambito è cresciuto dal 5,1 al 14% del valore totale del mercato librario, raggiungendo e avviandosi a superare i volumi della grande distribuzione organizzata. Non che la lettura sia diventata di largo consumo – meno della metà della popolazione (42%) ha letto un libro nel 2017, e solo il 9% ne legge almeno uno al mese. Ma sconti e marketing aggressivo, sono il tratto indelebile dei colossi delle vendite online. Forti di centri distributivi in tutto il mondo, capacità di allettare il consumatore con un’offerta sterminata e a prezzi ribassati in tutti i campi e tanto più per l’editoria, dal valore strategico cruciale e che oggi può permettersi di rivolgersi al lettore – e non solo a lui – offrendo qualsiasi volume pubblicato nel mondo a un costo inferiore e, non di rado, prima rispetto agli altri rivenditori. Compresi i testi scolastici. Non è un caso che la moria delle librerie sia incominciata proprio da quelle che si occupavano di editoria scolastica – spesa obbligata, ed elevata per le famiglie – per molte delle quali la politica ribassista della GDO prima e di Amazon poi, ha inferto un colpo mortale.
Meno immediato capire invece come i colossi dell’e-commerce in questione possano offrire condizioni simili: di fronte a loro gli editori spesso si lamentano, ma quasi nessuno rifiuta di mettersi in affari. Perché? Perché si tratta di incassi immediati. Mentre le librerie ricevono i libri dall’editore in conto vendita o in “conto assoluto”, con la distribuzione online editori e distributori sanno di potere contare su un flusso di entrate certo e imminente. Accettando in cambio ed in modo implicito le condizioni poste dalla società: che tratta sul prezzo, in modo anche spinto e decide come “esporre” la merce on line, valorizzando il nome dell’autore e il titolo del volume. Tra i giganti dell’e-commerce inoltre, risulta fondamentale l’importanza strategica dell’editoria. Con 1 milione circa di titoli a catalogo, Amazon ad esempio, vanta un patrimonio immenso per il suo posizionamento nel web: 1 miliardo di parole, tra titoli e nomi, offerte in pasto ai motori di ricerca, così da dirottare con maggiore facilità chi naviga in rete. E gli utenti possono una volta atterrati sul sito potranno trovare qualsiasi cosa, e magari comprare anche quello che non volevano o non stavano cercando. Con la cultura e con la sua difesa, insomma, la lotta su prezzi e titoli offerti dai giganti delle vendite online non c’entra molto. Né, sul numero dei lettori italiani. Piuttosto, ad essere erose sono state le quote di altri attori e canali di vendite.
Ma sono anche altri gli aspetti che vanno ad indebolire gli uni (i piccoli), e a rafforzare gli altri (i grandi). A differenza dei negozianti costretti a barcamenarsi tra tasse e anticipi fiscali, i colossi del commercio online si avvantaggiano di articolate (e perfettamente legali) strutture societarie che consentono loro di pagare il grosso delle imposte in Paesi con regimi fiscali estremamente agevolati. Per contro invece le librerie indipendenti devono fare i conti con costi di gestione sempre più alti, con gli sconti indiscriminati sul prezzo di copertina, stabiliti dall’editore, praticati dagli altri operatori del settore, le catene editoriali e la Grande Distribuzione Organizzata. I margini diventano ogni giorno più esigui e il libraio indipendente che, per rimanere sul mercato decide di aderire alla logica degli sconti, finisce per soccombere ad essa, perché se non accetta di svendere i libri, una parte dei clienti lo abbandona. La libreria quindi, in un verso o nell’altro subisce un danno irreversibile. Col risultato che sopravvive a stento, anche se ormai, sempre più spesso la serranda va ad abbassarsi definitivamente. Si sta assistendo ad una vera e propria desertificazione culturale, con larghe zone della provincia italiana totalmente prive di librerie, laddove storicamente avevano svolto un ruolo fondamentale di servizio alle famiglie e alla comunità.
“Fare i conti non è semplice, ma va aperta una seria riflessione in proposito: non è detto che quello che i cittadini ottengono in termini di sconti acquistando dai giganti del web poi non lo perdano sotto altri fronti sicuramente più difficili da valutare e quasi impossibili da recuperare – fa saper SIL-Confesercenti Modena – La necessità di porre un freno a questa deriva pena il depauperamento delle piccole attività oggi librarie, domani tutte le altre è inderogabile. Nessuno è contrario allo sviluppo dell’e-commerce come di vendite ed offerte online. Ma proprio perché rappresenta una consistente fetta di mercato attuale e soprattutto futura, va normata. In che modo? Una prima ed importante risposta Confesercenti l’ha trovate all’interno della Delibera del 24 maggio 2018 della Corte dei Conti sull’e-commerce e il sistema fiscale e da cui si legge: “I gruppi internazionali, traendo vantaggio dalla disarmonizzazione delle specifiche regole a livello mondiali sono in grado di strutturare schemi commerciali finalizzati ad eludere l’Iva”. E ancora: “La fittizia localizzazione della residenza fiscale, permette di sottrarsi agli obblighi tributarti previsti dall’ordinamento nazionale, allo scopo di usufruire di un regime impositivo più favorevole sfruttando le disarmonie tra le diverse giurisdizioni”. Alla luce di queste considerazioni dunque riteniamo indispensabile e non più rimandabile l’introduzione di una tassa significativa, sul volume di affari del commercio elettronico. Così da ridurre i vantaggi competitivi per i colossi delle vendite online anche dovuti a minor pressione fiscale e al fine di consentire lo sviluppo e la crescita in quest’ambito anche delle micro e piccole imprese.”