Al Barnardon 1916- Dascors general
- Riportiamo, tradotto in italiano, il “Dascors general” del Barnardon dell’anno 1916
- Sono passati esattamente cento anni, cambiano i protagonisti e gli eventi ma “il vento di pazzia” che si aggira nell’aria è sempre lo stesso.
- Riusciremo mai a dare ai nostri figli un mondo migliore?
- Mi auguro che fra cent’anni qualcuno scriverà sul “Dascors General 2116” ….raggiunta la pace.
- AL BARNARDON 1916 – ANNO 38° •
- Cari mirandolesi, non avrei mai creduto che ci dovessimo rivedere, dopo un anno lungo e bruttissimo, in circostanze ben più gravi.
Un anno fa l’Italia, nonostante la guerra, ne era rimasta in disparte ma in maggio, però, anche Lei vi è stata trascinata.
Si è vista costretta dalla situazione che si era creata ed ha deciso di ricorrere alle armi per riavere quelle terre che la natura e la virtù dei nostri vecchi ci avevano dato come difesa della nostra penisola e della nostra indipendenza.
In questo momento, mentre io vi parlo, tanti giovani figli d’Italia stanno riconquistando con grande valore i monti del Trentino e del Carso e le rive dell’Isonzo.
Che vento di pazzia ha travolto l’Europa? Non è l’Europa impazzita, ma un popolo avido di rapina, di dominio ; sorretto da un orgoglio smisurato: il popolo tedesco. Esso per più di quarant’anni non ha fatto altro che pretendere essere superiore a tutti.
Riusciremo a fargli prendere giudizio? Speriamo.
Questo è il desiderio di tutti coloro che sperano nella giustizia e si augurano che il 1916 saluti la fine della mostruosa guerra e l’aurora di un’altra epoca in cui le leggi siano più umane e veramente uguali per tutti, un’epoca in cui si possa convivere civilmente e ci sia parità fra uomini e donne.
Forse sorriderete nell’ascoltare queste mie malinconie femministe, ma pensate a tutte le mamme e a tutte le spose dei soldati morti in guerra. Allora cambierete espressione.
Per il momento la prova da superare è assai ardua; occorre il concorso di tutti, ma cordiale e fraterno.
Mettiamo da parte dissidi e rancori e pensiamo che là, alla frontiera, versano il proprio sangue i figli d’Italia di ogni classe sociale.
A guerra finita ognuno riprenderà il proprio posto per tutelare i propri interessi, ma adesso, perché viva la nostra Patria, è necessario avere concordia di animi, solidarietà, sforzo di tutti contro il nostro comune nemico.
Adesso passiamo in rivista qualcuno dei fatti nostri più in evidenza nel 1915.
I raccolti non sono stati abbondanti ed in special modo l’uva.
Non ci sono stati disordini.
Fin dal mese di febbraio si è costituito un Comitato cittadino col proposito di trovarci preparati in caso di guerra e quando la guerra fu dichiarata (il 24 maggio) si nominò il Comitato di assistenza e di difesa civile.
L’Amministrazione Comunale ne ha costituito un altro per provvedere a rendere meno critiche le condizioni dei poveri e specialmente delle famiglie dei combattenti.
Entrambi hanno operato abbastanza bene, senza mai avere degli screzi.
Sono stati raccolti soldi, si è preparato l’ospedale per i feriti nella casa del Parroco di Mirandola, consegnato poi alla Croce Rossa, sono stati distribuiti sussidi e sono state messe in atto tante altre belle iniziative.
Devo ricordare anche l’istituzione di un Ufficio per le notizie fra i militari e le famiglie, con sede al piano terra del Palazzo della Sottoprefettura, che ha funzionato benissimo.
“Nona” miei cari mirandolesi.