Livio Bonfatti – Mirandola “sulla Secchia”

Livio Bonfatti – Mirandola “sulla Secchia”

22 Gennaio 2020 1

Credo che almeno una volta, nell’infanzia, ci sia capitato di rivolge­re questa domanda ai nostri genitori:

“Ma prima che nascesse Mirandola, cosa c’era?”

Per dare risposta al quesito e per togliere dall’imbarazzo quei genito­ri che si sentissero porre un simile interrogativo, ho scritto:

MIRANDOLA sulla Secchia.

Entro il perimetro delle vecchie mura cittadine di Mirandola, la distribuzione delle acque meteoriche e di scolo dell’abitato avviene secondo un naturale spartiacque rappresentato dalle seguenti vie o piazze:

Via Roma, Piazza del Duomo, Via Fenice, Piazza Costituente.

Gli isolati posti ad est dello spartiacque confluiscono verso il campo sportivo, mentre quelli a ovest scaricano sul collettore a lato dei viali.

Il raccordo fra le due aree di svuoto è costituito da due collettori ed esattamente:

a sud – collettore Ospedale scuola elementare

a nord – collettore del Macello, che attraversa la SS 12 in prossimità della via Curiel e si immette nel fosso di scolo a lato della fabbrica Fond- Ghisa.

Il dislivello, mediamente considerato fra le massime elevazioni dello spartiacque e i terreni bassi fuori dai viali è di mt. 2.00-2.50.

Questo dislivello non è poca cosa se si considera che i dislivelli medi, a parità di distanza, nei nostri terreni naturalmente livellati è di cm. 25 – 50.

Pertanto questo “dosso” naturale ha suscitato la mia personale cu­riosità.

Infatti su questo spartiacque sono collocati i maggiori, nonché i più antichi edifici pubblici, religiosi e privati della città. Indubbiamente l’in­terrogativo più interessante è rappresentato dal perchè, gli antichi mirandolesi, hanno inteso far crescere Mirandola secondo l’asse sopra descrit­to.

Certamente una delle ragioni è che lo spartiacque rappresentava un punto elevato, asciutto, non raggiungibile dalle frequenti alluvioni.

Ma per chi scrive maggiore curiosità ha suscitato cercare la ragione, il perchè come questo “dosso” si è anticamente formato.

Origine dei dossi

Si riporta di seguito quanto scritto da un interessante studioso della storia della Bassa Pianura Modenese: Prof. Mauro Calzolari nel libro “Carta degli insediamenti di età Romana nella Bassa Modenese” AE- DES MURATORIANA – Modena 1984 pag. II e succ. parag. 1°, Aspetti Geologici e Morfologici del territorio.

“Riguardo la morfologia, la zona esaminata (la Bassa Modenese) si presenta come un uniforme tavolato che solo in apparenza è pianeggian­te, ma che in realtà, come si può notare osservando le singole quote, de­cresce da ovest (zona di Mirandola e S. Felice sul Panaro: mt. 18-20 sul li­vello del mare) verso est (valli di Mirandola e Massa Finalese). Ed è pro­prio nella zona di S. Martino Spino e di Finale Emilia che si raggiungono le massime depressioni nella pianura modenese (mt. 8-s.l.m.).

Tale andamento morfologico è comunque interrotto da una serie di lievi emergenze, i cosiddetti “dossi”, – cordoni limo-sabbiosi che coinci­dono con antichi percorsi fluviali e che sono più rilevati rispetto al piano delle campagne circostanti (da 1 a 3 mt.). Nel territorio considerato sono da ricordare procedendo da Sud a Nord, il “dosso di Gorzano” che da Solara (Bomporto) giunge alle porte dell’abitato di S. Felice sul Panaro, il dosso, molto amplio, di Cavezzo-Medolla-S.Felice sul Panaro-Massa Finalese-Finale Emilia, il “il dosso di Gavello” che va da Quarantoli a Bondeno (Ferrara), il dosso di Stoppiaro (da Tramuschio alla Falconiera e a Stoppiaro) il dosso di Porcara – Pedocca – Via argine (nel territorio comunale di Bondeno)”.

Altimetria

Per poter rendersi conto che tutto sommato la nostra piatta pianura non è poi così piatta ed uniforme, è necessario ripristinare il buon uso della bicicletta. Solo con questo mezzo si ha la esatta senzazione di af­frontare su ogni percorso impercettibili salite o discese. Infatti da un at­tento esame delle tavole quotate del Consorzio Interprovinciale per la Bonifica di Burana possiamo fissare le seguenti altezze sul livello del ma­re:

a) S.Giacomo Roncole……………………………………….. quota media 20,00

località la Picca…………………………………………….. quota media  20,00

Mortizzuolo…………………………………………………. quota media  14,50

b) S.Martino Carano………………………………………….. quota media 16,00

Mirandola (Centro Storico)……………………………… quota media  17,50

Cividale………………………………………………………. quota media  16,00

c)  S.Giustina Vigona…………………………………………. quota media 13,50

Quarantoli…………………………………………………… quota media  13,50

Risulta pertanto evIdente che il terreno è decrescente da S. Giacomo Roncole a Quarantoli con un dislivello di mt. 6,50 e che Mirandola si tro­va in una posizione intermedia tra le due località.

Nel contempo Mirandola, pur trovandosi alla stessa latitudine della frazione di S. Martino Carano e di Cividale è più elevata di mt. 1,50. Occorre precisare che le quote prese in esame risultano essere quote medie, mentre in realtà detti dislivelli sono ancor più marcati da aree collocate a quote inferiori alla media e tali da essere considerate bassure o sacche di depressione. Viceversa vi sono ben precisi punti sul terreno aventi quote superiori alla media ed in questi casi occorre parlare di dossi aventi preva­lentemente origine fluviale e cioè derivanti da alvei di antichi corsi d’ac­qua.

Questi fiumi hanno attraversato in epoche successive con diverse dimensioni e collocazioni, il territorio mirandolese formando un fitto reticolo di leggeri rialzi ancor oggi ben individuabili.

Occorre precisare, inoltre che il terreno in corrispondenza dei dossi è prevalentemente sabbioso, sino a manifestare vene di sabbia che emergo­no in superficie in occasione di profonde arature.

Testimonianze

Il solo ricordo che sia legato alla sabbia affiorante nelle nostre cam­pagne è riferito alla mia adolescenza e cioè ad un preciso luogo del canale Diversivo. Meta di molti giovani mirandolesi, che nei caldi pomeriggi d’estate si recavano a dar prova di esibizione natatorie e a cercar refrige­rio alla calura estiva, nelle ancor pulite acque del Diversivo.

Fino al 1962 circa è esistita la “sabbiara dal Diversiv” un punto del canale raggiungibile da Mirandola sia dalla Via Mazzone percorrendo “al caradon ad Pini” e dalla SS 12 lungo “al caradon a d’la ’bastia”. In questo preciso punto, in mezzo ai campi, decine di ragazzi si trovavano nelle prime ore del pomeriggio per divertirsi nell’acqua. E il divertimento risultava ancor maggiore in quanto scavate le rive, era emersa una abbondante vena di sabbia che consentiva di raggiungere l’acqua dalla sponda del canale con facilità. La sabbia così smossa, scivolando sul fondo del canale permetteva ai ragazzi di attraversare il Diversivo non superando l’acqua i mt. 1,50 / 2,00 di profondità.

La “sabbiara” aveva una larghezza di circa 20/30 metri ed era presente su entrambe le rive. La sabbia inoltre limitava lo sviluppo dei canneti e quindi risultava particolarmente agevole entrare in acqua e nuo­tare da una riva all’altra.

Il colmo del divertimento venne raggiunto quando alcuni ardimento­si non si accontentarono di allargare la “sabbiara”, provocando ad arte il franamento delle sponde, ma scavarono addirittura una galleria sulla riva sinistra del canale.

Questa galleria, della lunghezza di 5 – 6 metri e del diametro di un metro, venne formata dai ragazzi con le mani o utilizzando canne.

Tuttavia questa inutile impresa fu la causa della fine della “sabbia­ra” in quanto il timore che la galleria costituisse un pericolo per i ragazzi od altresì provocasse ulteriori cedimenti della sponda, probabilmente costrinse le autorità competenti (presumo il Consorzio di Burana) ad eseguire lavori di ripristino della riva e la rimessa in sagoma del canale.

Non escludo che altra causa della fine della “sabbiara” sia stato il progressivo inquinamento delle acque del Diversivo che ha costretto i giovani mirandolesi, per cercare acque pulite, a recarsi in Secchia, a Concordia, od ancor più frequentare le allora nascenti piscine di Modena e di Villa Poma.

Questo vivo ed emozionante ricordo, mi ha dato l’entusiasmo di ese­guire accertamenti e di raccogliere precise testimonianze.

Oltremodo preziose sono state le informazioni datomi dal Sig. Tinchelli Nunzio, proprietario del fondo Cà Bianca, posto lungo la Via Im­periale poco oltre S. Antonio e prima della Picca.

Al fondo Cà Bianca appartiene la sponda destra del Canale Diversi­vo interessata dalla “sabbiara”.

In una lunga chiacchierata, il sig. Tinchelli mi ha confermato, punto per punto, i miei ricordi di gioventù e nello stesso tempo mi ha fatto no­tare che la striscia di sabbia, origine della “sabbiara” continuava in linea retta, dal lato destro del canale Diversivo sino alla Sottostazione E.N.E.L., quindi per una lunghezza di 150  200 mt.

Questa striscia di terreno particolarmente sabbiosa era stata in diver­se epoche e in più volte (anche nell’invernata 1983-1984) sbancata e livel­lata per consentire una migliore lavorazione della terra. Tuttavia l’anda­mento delle coltivazioni agricole sulla striscia in questione si presentava oltremodo diverso rispetto ai terreni vicini.

Questa diversità si manifesta ancor di più con produzioni quali il granturco o la barbabietola ed è minore con frumento od erba medica.

Risulta infatti che i prodotti seminati sulla striscia di sabbia abbiano un buon sviluppo successivo la semina o in tutti i casi coincidente con i mesi primaverili e viceversa appaiono seccarsi nei mesi estivi caldi (fine luglio-agosto) Il fenomeno è da sempre conosciuto dal Sig. Tinchelli e dai propri familiari, tanto che viene tramandato un appellativo per la striscia di terra sopra descritta e cioè “fog-sacar” – (fuoco sacro).

È logica conseguenza che il dosso di Mirandola sia stato formato, ovviamente prima della nascita di Mirandola come centro abitato, da un fiume.

Questo fiume aveva, presumibilmente, un alveo di metri 15 circa, ed una larghezza complessiva, compreso gli argini, di metri 25.

Il fiume in questione proveniva dalla località Picca e procedendo verso Nord, Nord-Ovest, con ampie anse si dirigeva dapprima verso la attuale località di S. Giustina Vigona, quindi con un ansa a 90°, raggiun­geva successivamente Quarantoli.

Questo percorso, è certamente l’alveo che il fiume ha alimentato di più nel tempo, non solo perchè rappresenta la sommità dello spartiacque, ma anche perchè è il dosso più ampio.

Questo fiume aveva diramazioni laterali, con alvei inferiori rispetto all’alveo principale.

È possibile riconoscere sul terrero alcuni di questi rami sia in sinistra sia in destra.

In sinistra: prima parte della Via Imperiale e in destra: Via Puviana.

Sviluppo del dosso a Nord del Centro Storico

La continuità del dosso, accertata nelle aree sopradescritte, si riscon­tra a Nord del Centro Storico seguendo prima il Viale 5 Martiri quindi, a sinistra, lungo il tracciato attuale della SS. 12 e a destra, seguendo il tratto iniziale del Viale Gramsci.

Questi due “dossi” si riuniscono sul Fondo Belfiore formando un ben preciso dossetto (tuttora accertabile in loco) e percorrendo quindi l’attuale Via Bruino.

Dalle coltivazioni è possibile individuare i terreni prevalentemente sabbiosi (confine Nord del fondo Belfiore, coltivazione di barbabietola, luglio 1984, larghezza della striscia mt. 35 -r- 40).

Inquadramento storico

Da quanto appena letto, i fiumi risultano nelle varie epoche storiche, in continua evoluzione, una costante e lenta sovrapposizione di sedimentazioni. Per poter inquadrare storicamente questo sviluppo prendiamo a riferimento la rete idrografica della pianura modenese nel 1° secolo d. C. ricostruita dal Prof. Calzolari “La pianura Modenese nell’età romana” e da essa risulta che il fiume Gabellus e il fiume Sicula percorrono entrambi il dosso di San Felice con due percorsi diversi e cioè:

Fiume Gabellus il tracciato: Cavezzo, Camurana, S. Felice.

Fiume Sicula il tracciato: S. Pietro in Elda, S. Felice.

Non è possibile definire quando questi due fiumi si siano congiunti in un solo alveo.

Sempre il Prof. Calzolari nelle “Memorie storiche di Rivara” – af­ferma – “Con il IV° e V° secolo d. C. le condizioni nel Modenese e dell’Emilia peggiorarono per la crisi economica generale dell’Impero e le guerre fra i vari imperatori; la crisi investe anche la Bassa, in cui ben pre­sto tornarono a formarsi ampie zone acquitrinose e disabitate, soprattut­to per la mancata manutenzione delle opere di bonifica romana…”.

Nei secoli dell’VIII° in poi una nuova corrente di progresso si muove per la Bassa Modenese dall’appena costituita Abbazia di Nonantola, ed al motto “Ora et labora”, centinaia di monaci furono promotori di vaste zone di bonifica, dissodarono numerosi terreni paludosi (fra cui Camura­na e Quarantoli) e disboscarono molte foreste.

Seguendo quindi questo processo storico potremo azzardare, pur non avendo precisi documenti storici:

1) in epoca romana un piccolo ruscello si dirama alla sinistra del Gabel­lus verso le valli mirandolesi;

2) in concomitanza dell’unione del Gabellus con la Sicula, il fiume in esame aumenta sensibilmente la portata aumentando contemporanea­mente gli strati alluvionali;

3) all’epoca dei monaci benedettini, il fiume nel suo massimo sviluppo è con i suoi argini un punto elevato rispetto alle bassure circostanti.

Gli argini diventano percorribili facilitando la conoscenza dei luoghi e gli interscambi.

Scomparsa del fiume e contemporanea nascita della città di Mirandola

Tutti gli storici sono concordi nell’affermare che la rotta del fiume Secchia nell’area di Roncaglia (a sud di Cavezzo) nel 1056, dà origine ad un nuovo alveo corrispondente per lungo tratto all’attuale percorso. In­fatti in un documento del 1160 (Tiraboschi 1785, II, n° CCCI) risulta evi­dente che il nuovo alveo del Secchia è maggiore rispetto ai vecchi alvei, ancora attivi ma ormai sensibilmente impoveriti d’acqua.

Ed è proprio su uno dei rami vecchi del Secchia che nel 1102 si ha la notizia del luogo: “locus qui dicitur Mirandula”.

Ben presto però, viste le straordinarie condizioni economiche e so­ciali che caratterizzarono così favorevolmente il Medioevo nei secoli XI° e XII , nel 1115 nacque il castello intorno al quale si raggruppò il borgo.

Sia il castello che il Borgo erano circondati da un ampio fossato di difesa, colmo d’acqua alimentata dal fiume che attraversava Mirandola.

Un secolo dopo, nel 1227, tuttavia per effetto dell’impoverimento di acque del vecchio alveo, il Vescovo di Modena si riserva in S. Felice di le­vare acqua dal fiume Secchia per macinare.

Nel 1336, poi la Secchia venne arginata nel suo attuale percorso e perciò da allora sino all’epoca attuale nei Comuni della Bassa Modenese l’acqua viene derivata dal Secchia e Panaro mediante canali artificiali. Non si deve escludere che sia dovuta alla progressiva scomparsa del fiume se ì Pico avvertirono sempre di più la necessità, di natura militare, di do­tare la città di poderose mura, rinforzate in diversi punti con bastioni e ri­vellini.

Infatti il dott. W. Cappi ne “La Mirandola, storia urbanistica di una

città” 1973 a pag. 12 dichiara: “il Castello dopo la ricostruzione del seco­lo XIV° era circondato da argini in terra e da un larghissimo fossato, ma non era ancora murato e le case che costituivano Mirandola si erano raggruppate spontaneamente intorno a due punti principali rappresentati dall’antica chiesa di S. Giustina a Nord-Ovest delle fosse (ora fondo la Favorita) e dalla chiesa vecchia di S. Francesco verso Levante e Mezzodì, costituendo due grosse borgate che si chiamavano, Borgo di Sotto e di Sopra.”

Nel secolo XV° il Borgo di Sopra per la sua vicinanza al Castello rappresentò il maggior polo d’attrazione e di sviluppo urbanistico.

Questa progressiva scomparsa dal territorio Mirandolese di acque perenni od alluvionali indusse i Pico (nel 1615) alla escavazione del Cana­le Naviglio che univa Concordia a Mirandola, e non solo permise e stimo­lò il traffico di merci e persone dalla capitale del ducato al porto fluviale sul Secchia, ma consentì di alimentare i fossati che circondavano la città.

Conclusioni

Il mutamento del corso del Secchia verificatosi nell’XI0 secolo e quindi il passaggio nei secoli successivi delle acque perenni ad Ovest di Mirandola anziché ad Est, fece completamente dimenticare nella memo­ria e nei documenti storici il vecchio alveo del fiume.

Il fatto stesso che Mirandola si sviluppasse prevalentemente sui ter­reni più elevati che venivano progressivamente a liberarsi con la sempre minore dimensione del fiume, indusse i primi abitanti di Mirandola a riempire il fossato con l’utilizzo dei materiali sabbiosi degli argini e desti­nare pertanto le aree così ricavate a piazze, strade o per edificarvi edifici di interesse pubblico.

Tuttavia del primitivo percorso del fiume che bagnava Mirandola, qualche relitto resta a tutt’oggi a testimonianza ed è ancora possibile ve­dere, ridotto ormai ai minimi termini, l’alveo originario.

I tratti in questione sono:

  1. fossa Reggiana alta, posta all’interno dei fondi La Picca e La Ghelfa;
  2. Dugale Bruino nel tratto prospicante i fondi La Galla e Cà Vecchia, appena a Nord del bacino dello Zuccherificio di Mirandola.

Vale a dire a capo e coda di un fiume che, nel tratto preso in esame, ha profondamente influenzato, nei suoi 1000 anni di storia, la formazio­ne dell’ultimo deposito alluvionale.

Era opportuno comunque, che si eseguisse una verifica dei docu­menti storici e dai testi pubblicati, per accertare se veramente, tutto ciò che ha rappresentato questo fiume per il territorio Mirandolese, era sva­nito nel nulla.

Unico concreto contributo è giunto da:

Avv. Tosatti: “Il corso medio e inferiore del fiume Secchia nel Medio- Evo’’ Modena 1956 – pag. 45: “Più oltre seguitando e costeggiando que­sto piccolo rivo, che porta oggi il nome di Canalino di Medolla si percor­re la Via Montalbano, che per un certo tratto si erge elevata come su un dosso e tutta a svolte e a gomiti come su un argine, mentre a destra in basso il rigagnolo è il residuo di un antichissimo fiume, palese del primitivo percorso del Secchia. Poi il rivo si perde tra i campi e l’indizio di fiume si confonde. Seguiva in parte il corso odierno di Bruino fino a Camurana ed oltre per raggiungere il Canale Quarantoli.

Pag. 46: “L’altra propaggine, staccata da questa e che originava in­sieme (Secchia – Remedello) era senza dubbio quel frammento di Mode­na che passava per Camurana, come ci dicono le carte Nonantolane e che il Tiraboschi argomenta nel suo Dizionario che andasse a versarsi nell’odierno Canale di Quarantoli”.

Nota n° 30: “In tutti i casi Gavello significa torrentello…. — vedasi la pubblicazione del Violi in proposito “Saggio di un Dizionario toponomastico della pianura modenese” Modena 1946 – voce Gavello —.

In questo ultimo caso occorre sottolineare come l’Avv. Tosatti aves­se per ben due volte ipotizzato il percorso di un fiume da Camurana a Quarantoli.

È opportuno precisare che l’etimologia di Gavello indicata in “torren­tello” appare esatta alla luce delle recenti foto aeree che individuano a ri­dosso dell’abitato antico di Gavello il paleoalveo di un fiume di limitate dimensioni.

Occorre in questa sede tralasciare il nome del fiume indicato come “ramo di Modena” per non incorrere in ciò che l’Avv. Tosatti ha de­scritto a pag. 36 con gusto ed ironia riferendosi al Tiraboschi: “Bello è che nel suo Dizionario (del Tiraboschi) vengan fuori questi squarci di do­cumento: — Acqualonga que dicitur Muclena — e — Acqualonga qui est Situla —, che egli tranquillo riporta, commenta e mette in risalto. Ma che poi si tratti di una medesima cosa non lo coglie, nemmeno per la fantasia.

E dato che anche conviene metterci nella indagine minuta e scrupo­losa, nulla vogliam fare, se non prudentemente accostare il piede al terre­no per avvertire dove poteva scorrere l’acqua”.

Livio Bonfatti

Tratto dall’ opuscolo “La Sgambada”

Edizioni: Al Barnardon

One thought on “Livio Bonfatti – Mirandola “sulla Secchia”
  1. Ubaldo Chiarotti

    Grande preciso e meticoloso il lavoro di ricerca svolto da Livio Bonfatti.

    22 Gennaio 2020 Reply
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