Livio Bonfatti – Appunti sul convegno della Pieve di Quarantoli (21 maggio 2016)
Livio Bonfatti, mirandolese di nascita (1947), ha conseguito il diploma di geometra nel 1968. Ha svolto l’attività lavorativa presso l’Ufficio Tecnico del Comune di Mirandola. Dal 1985 al 1988 ha collaborato alle iniziative editoriali della casa editrice “Al Barnardon” mediante articoli e con impegni redazionali. Dal 1988 è socio della Associazione culturale Gruppo Studi Bassa Modenese e partecipa attivamente alla elaborazione di progetti editoriali. Contemporaneamente pubblica numerosi articoli sulla Rivista semestrale dell’ Associazione. Gli argomenti trattati spaziano dalla idrografia antica, alla geomorfologia storica, ovvero mettendo a fuoco quella che definiamo la “storia del paesaggio”, accompagnata da una puntuale ricerca archivistica. Il territorio preso in esame è quella parte di Pianura Padana che si distende dalla via Emilia sino al Po.
Principali pubblicazioni.
- Bonfatti, Mirandola sulla Secchia, in La Sgambada , 5ª edizione, Mirandola 1985.
- Calzolari- L. Bonfatti, Il Castello di Mirandola dagli inizi del Settecento alla fine dell’Ottocento: “descrizioni”, documentazione cartografica e trasformazioni planimetriche, in Il Castello dei Pico. Contributi allo studio delle trasformazioni del Castello di Mirandola dal XIV al XIX secolo, Mirandola 2005.
- Bonfatti, Manfredo del Fante. La Bassa Modenese sul finire del XII secolo, vista attraverso le vicende di un cavaliere medievale, «QBMo», 70 (2017).
Pieve di Quarantoli
Appunti sul convegno della Pieve di Quarantoli.
(21 maggio 2016)
Il mio intervento alla Giornata di Studio del 20 settembre 2014, si era purtroppo limitato, a causa del poco tempo concessami e della mia inesperienza a costruire una sintesi delle cose che volevo illustrare, ad alcuni aspetti della storia medievale di Quarantoli. Avevo cercato di spiegare il perché del titolo del mio contributo “Il porto fluviale di Quarantoli nel Medioevo (secoli X-XIV)”. Tuttavia quella realtà storica è talmente lontana e diversa dal nostro modo di vita quotidiano ed in particolare della frazione mirandolese, che risultava difficile, se non con un notevole sforzo di immaginazione, comprendere il ruolo svolto dall’acqua in quel preciso ambito storico. Ho colto pertanto al volo la sollecitazione dell’amico Ubaldo Chiarotti di integrare il precedente intervento,(quello della Giornata di Studio), per fornire ulteriori notizie, utili alla comprensione di un “paesaggio perduto” ,durato almeno mille anni, ma che nel corso del XX secolo è stato totalmente dimenticato.
Inizio da un necessario preambolo:
- L’importanza dell’acqua nel Medioevo
Per tutto il Medioevo il flusso idrico di canali artificiali o degli stessi fiumi può essere paragonato all’energia elettrica della nostra età moderna. Costituiva infatti la forza motrice necessaria al funzionamento di attività manifatturiere quali: la macinazioni di cereali, la lavorazione dei panni usati (con mulini detti folli), la lavorazione dei metalli tramite l’utilizzo di magli mossi dalla forza idraulica, la lavorazione del legno con impiego di torni per modellare scodelle, bacili, piatti in legno od anche per le segherie, ecc
- Il ruolo svolto dai canali nel Medioevo
Come i tralicci e i cavi sono necessari per il trasporto della energia elettrica, così i canali avevano il compito di raggiungere le varie attività umane, consentendo così la nascita e lo svilupparsi di nuovi insediamenti. Inoltre altro compito primario svolto dai corsi d’acqua era quello di facilitare e garantire, per la maggior parte dell’anno, la navigazione fluviale e in questo ruolo si possono assimilare alle moderne autostrade. Perciò la navigazione fluviale permetteva il trasporto di merci pesanti, riducendo i tempi di percorrenza fra le varie località. Una delle merci più preziose trasportate nella pianura padana, era il sale. Prodotto nelle saline di Comacchio o di Cervia, veniva caricato su barche, che collegate fra di loro, erano trainate (alla stregua di vagoni ferroviari) da buoi posti sulle rive, andando così controcorrente lungo fiumi e canali.
Cosa c’entra la storia della Pieve di Quarantoli con la formazione di un canale fluviale?
Il foglio di mappa catastale presenta il canale di Quarantoli che si veniva a trovare, sino alla fine del 1800, a 10 metri dalla facciata della chiesa. Evidentemente questa collocazione non è casuale, ma queste due realtà convivono così vicine, per almeno 10 secoli, perché sono in stretta simbiosi. La chiesa di Quarantoli, probabilmente posta fuori dall’originario castello, è a servizio non solo degli abitanti del nucleo abitato, ma anche dei naviganti che sostavano a Quarantoli per poi raggiungere altre località.
Le figure 2, 3, già mostrate al convegno del settembre 2014 rendono conto dell’importanza del canale per l’abitato di Quarantoli, come risulta dalle pergamene giunte sino a noi, a partire almeno del XII secolo.
Fatta questa necessaria premessa, posso entrare nel merito di un argomento non toccato nel mio precedente intervento all’atto della Giornata di Studio, ma che ritengo valga la pena di approfondire, al fine di rendere evidente a tutti l’importanza della navigazione fluviale durante tutto il Medioevo.
Ma qual’era il fiume che alimentava i canali che raggiungevano Quarantoli, ovvero tutta quest’acqua da dove arrivava?
Il fiume Secchia, che ora vediamo raggiungere San Prospero, poi San Martino Secchia quindi svoltare verso Ponte Motta e Rovereto, per molti secoli del Medioevo, aveva un alveo rivolto verso est ovvero raggiungeva le attuali località di Cavezzo e Medolla per poi distribuirsi in numerosi rami nel territorio ora mirandolese e sanfeliciano. Gli ultimi studi in materia hanno potuto definire una cronologia circa l’evoluzione idrografica sopraindicata. Si può pertanto affermare, fatto salvi futuri approfondimenti eseguiti con nuove tecniche d’ indagine, che nella prima metà del IX secolo si sia creata una falla nell’argine destro di un antico ramo del Secchia denominato nei documenti medievali Muclena. Poiché la rottura della sponda fluviale avvenne dove ora vi è Montalbano (di Medolla), torna comodo definirla la “Rotta di Montalbano”. L’esondazione conseguente travolse anzitutto la corte di Camurana, risalente al tardo Antico o almeno al regno di Alboino (anni 560-572 d.C.). Ma dilaga anche su un ampio territorio posto più a nord e sede di una popolazione denominata “Civitas” di Flexo. L’abbandono degli antichi nuclei insediativi coincise con la nascita di nuovi insediamenti posti sui dossi di origine fluviale per sfruttarne la loro elevazione sul piano di campagna, ma anche per usufruire dei corsi d’acqua per le funzioni descritte nel preambolo. Hanno questa origine Quarantoli, Cividale e la stessa Mirandola. L’impegno maggiore degli abitanti di questi centri è in primo luogo di disboscare le aree rimaste a lungo sommerse dalle stagionali esondazioni (ne è un esempio San Giacomo Roncole), ma subito dopo di creare idonee canalizzazioni che garantissero una corretta gestione delle acque.
Poiché il Secchia, a partire dalla seconda metà del XII secolo cambiò il suo corso dirigendosi verso San Possidonio, gli abitanti di Quarantoli furono costretti a scavare nuovi canali che raggiungessero il loro nucleo abitato, al fine di garantire e mantenere il ruolo svolto per i secoli precedenti. Il tutto si concluderà alla metà del XIV secolo quando con la fondazione di Concordia s/S verranno trasferite ed incrementate in quest’ultima località tutte le attività svolte da Quarantoli. Da quel momento Quarantoli assumerà via via una importanza sempre più marginale, dapprima economica e poi religiosa.
Per ultimo vorrei dare un suggerimento agli amici di Quarantoli che hanno vissuto con intensa passione le manifestazioni che hanno ricordato i nove secoli di vita della Pieve di Quarantoli. È vero che la Pieve ha nove, o più secoli di vita, ma è altrettanto vero che il territorio ora quarantolese è ben più antico ed è altrettanto ricco di storia. È possibile ora analizzare tutto questo, a partire dall’Età del Bronzo sino a giungere all’Età romana, utilizzando conoscenze interdisciplinari per lo studio dei reperti archeologici, ossei e botanici. Risulteranno altrettanto sorprendenti poi le immagini satellitari per l’individuazione dei paleoalvei e di un ramo del fiume Po, appena a nord di Quarantoli, del tutto sconosciuto.