Chicche dall'Indicatore Mirandolese 1877-1908 – Gli ultimi avanzi del mobilio e delle pitture del Castello della Mirandola
Gli ultimi avanzi del mobilio e delle pitture del Castello della Mirandola
Poiché Francesco Maria Pico, ultimo dei duchi nostri, ebbe trasportato altrove le cose migliori della sua corte; poiché nel 1710 il ducato della Mirandola fu venduto a Rinaldo I d’ Este duca di Modena ; e poiché lo scoppio del mastio del castello ebbe ruinata gran parte della corte stessa, vennero finalmente i commissari imperiali a stendere le mani sugli ultimi avanzi del ricco mobilio e delle pitture in esso rimaste. Si legge infatti in un Diario sincrono ms. sotto la data dell’ 11 luglio 1716 alla pag. 191. « Ritrovandosi comandante di questa piazza il capitano imperiale Botta Adorno, fecesi questi esibire da’ Ministri Camerali (oltre quello che ebbe la Mantova) l’ inventario dei mobili tutti che si trovavano in castello di ragione di casa Pico, e però, sull’ordine di questo, fatto il debito incontro, si principiò ad incassare tutti e singoli i mobili medesimi di qualsivoglia sorte, talmente che ne furono condotti con carri venuti dal Mantovano carri 17, e di poi nel giorno 13 ne furono condotti via altri carri 12. — Mobili condotti via carri N. 29 ».
Nel 21 successivo si trova « Dal suddetto signor Comandante Botta Adorno furono venduti mobili altri diversi agli Ebrei di Reggio di qualità di sellaria, corami, adobbi da camera di qualità diverse, casacche da carabini da scoruccio, habiti da paggi, e d’altra specie, e questi tutti levati dalla corte ducale della Mirandola, sendo già stati riposti nella Galleria sotto chiave in mano del medesimo comandante, sicché sfornito e spogliato affatto il palazzo sembrava un’orrida spelonca. Li 16 agosto ne furono condotti via diversi altri carra del Mantovano, e finalmente non vi restò per cosi dire un chiodo ». Sotto la data del 3 settembre dell’ anno stesso si trova notato: « Ritrovandosi robe diverse di ragione di casa Pico in qualità si di pitture, come di mobili domestici rispettivamente in casa del sig. Giuseppe Maffei ed in quella della solita habitatione de’ medici, come pure certa quantità di libri legali nella casa del signor Uditore Lodovico Piccinini, furono da queste per ordine del Comandante Cesareo levati e trasportati in Castello, e di poi condotti a Mantova nel giorno 5’ detto assieme con tutti li rami ed altri utensili di cucina della ragione predetta. » (p. 194).
Finalmente alla pag. 196 è registrato.
« Addi 16 ottobre 1716. Furono scassati tutti gli altri attrezzi militari di questa fortezza rimasti dall’eccidio del torrione, e consistenti in cose di poca qualità, cioè rottami, e frantumi d’arme e diverse ferrarese, e su quattro carra furono anche questi condotti a Mantova. Li 21 poi detto il comandante sopra accennato come quello che già li avea esercitati (come si è detto) simili atti, pretese di levare dal rimasto ducale appartamento, e particolarmente nella camera già nominata dei Giganti le pitture che nelle muraglie di quella erano state affisse inamovibili per trasportarle a Mantova, ne fu fatta perciò gagliarda ripulsa da questo signor conte Governatore, anzi in nome del signor Duca Rinaldo d’ Este padrone, amplissima protesta e dichiaratone per pubblico rogito del signor dottor Antonio Gallafasi di non acconsentire in verun un modo a tale attentato. Ciò non ostante furono sferrate dai muri per forza tali pitture di qualità di gran rimarco, e pur esse trasportate a Mantova ».
Anche il p. Papotti parlando di queste cose accenna che furono trasportate a Mantova nel 28 ottobre, e che fra esse si trovavano « due specchi di meravigliosa grandezza e lavoro attorniati di variì finissimi cristalli di monte donati dal generale Fosaulida governatore di Milano dopo la guerra della Staffarda al duca Alessandro II e rimasti intatti nell’ atterramento del castello e caduta del volto della galleria ».
Prima però che tutto questo fosse avvenuto, nel 5 luglio dell’indicato anno 1716 Carlo Barbieri segretario del duca Rinaldo anzidetto, avea interpellato il Consigliere Ghibellini sulle pitture stesse conforme all’ ordine dì S. A. ed egli avea risposto, « essere di parere, che siano compresi nella vendita della Mirandola tutti e singoli i beni confiscati alla riserva solo del cànone». Esso consigliere Ghibellini chiedea però vedere nuovamente l’instrumento della compra, ma il Barbieri ripigliava: Io che non ho mai veduto l’instrumento ho preso per partito di scrivere un biglietto al dottor Muratori perchè lo faccia avere al detto consigliere Ghibellini, che me lo parteciperà, et consideraremo il punto con studiare anche i libri e prima di rispondere in proposito a Mantova.
In una carta annessa si trova la disposizione e l’ordine delle pitture laterali di quattro camere nobili nell’ appartamento ducale del Castello della Mirandola, colla spiegazione di ciò che rappresentavano, coll’avvertenza che erano già state levate tutte le laterali, e vi restavano solamente quelle dei soffitti. Ci par bene riportare questa descrizione medesima sopra copia estratta dall’Archivio di Stato di Modena della quale ci è stato cortese l’egregio prof. Adolfo Venturi ispettore della R. Galleria di quella città; avvertendo che chi bramasse ulteriori notizie su queste pitture, può consultare il Ridolfi nelle Vite dei pittori veneziani stampate in Venezia nel 1648, ed il march. G. Campori ne’ suoi Artisti Italiani e Stranieri negli Stati Estensi editi in Modena nel 1835, ove parla del Palma e del Peranda.
Nell’anticamera sesta (essa dice) erano lateralmente quattro gran quadri, col nome degli autori Santo Peranda e Giacomo Palma e col tempo in cui erano stati dipinti, nel 1614, copiosissimi di figure rappresentanti le prime quattro Età del mondo, lavorate nell’idea degli antichi favoleggianti idolatri: e perchè detti quadri non coprivano intieramente le pareti, nel contorno vi saranno da due braccie in circa di pitture a fresco negli angoli. La pittura del soffitto rappresenta la Gerarchia de’falsi Numi colla figura d’ ognuno d’ essi in una sola tela posta nel mezzo e contornata da pitture a fresco senza figure in disegno d’architettura.
Nella seconda camera dell’Udienza le pitture laterali, che, a differenza della prima predetta camera abbracciavano dappertutto all‘intorno le pareti, essendo attaccate al soffitto e calando fino alla sommità degli usci, contenevano quattro differenti tavole, cioè la cena del Re Licaone, quando vi fu fulminato da Giove suo ospite. La guerra dei Giganti contro del cielo. Il Diluvio favoloso e la ristaurazione del genere umano seguita dopo il diluvio per mezzo di Deucalione e Bauci col getto prodigioso dei sassi.
» Il soffitto è lavorato sul disegno dell’altra predetta camera differendo solo nella pittura del mezzo, e ha pure una tela che rappresenta la lotta d’Èrcole con Anteo.
» Segue la terza camera detta dei Ritratti, perchè si trovava finita con vari ritratti di alcuni Ser.mi Principi delle due Serenissime Case Estense e Pico e questi pure sono stati levati e trasportati a Mantova; la parte delle pareti non occupata dai ritratti è dipinta a fresco a guisa di piccola galleria.
» Nel soffitto vi è nel mezzo pittura simile alle predette con diverse figure d‘invenzione, rappresentanti le principali eroiche virtù, comecché di quelle erano adorni li personaggi che stavano effigiati in essa camera.
Le pitture infine laterali della quarta camera detta la camera Rossa abbracciavano similmente, come quelle della seconda, tutte le pareti all‘ intorno e mostravano in essa eccellentemente espressa la Favola di Fetonte cavata dalle Metamorfosi d’Ovidio. È bensi questa camera diversa dalle mentovate nel soffitto lavorato assai più magnificamente con diversi intagli dorati e più ricco anche di pitture essendovi, oltre quella di mezzo compagna in grandezza alle altre sopradette, il soffitto che contiene la figura d’ Apollo, le qualtro stagioni, il tempo con altre Deità tutte ben disposte, essendovi dalle parti altre sei piccole figure che vengono a formare nobilmente il soffitto, che piaccia a Dio non incorra la fatalità del resto ».
Purtroppo cotali timori ebbero ad avverarsi, e ciò che non potè essere portato via, venne distrutto o non curato. Nel 1790 ridotta ad uso di teatro la galleria eretta dal duca Alessandro li Pico, si distrussero i pregevoli dipinti a fresco di Biagio Falcieri veronese; e corsero la sorte medesima quelli della sala del Moro eseguiti da Giacomo Borbone di Novellare. Ciò che rimase dell’appartamento delle Psiche, fu ridotto nel 1816 a quartiere militare: e qualche anno addietro si vedeva ancora un soffitto di stanza con avanzi di stucchi e di dorature, ora perduti. E la bellissima sala dei Carabini dipinta a chiaro-scuro dal Peranda, aiutato probabilmente da Matteo Ronzone Dalmatino il piu valente dei suoi scolari, è ora ridotta nel più orrido e compassionevole stato. Cotale fine hanno avuto gli ultimi resti di quella reggia, nella quale l’anzidetto duca Alessandro II Pico non avea dubitato, durante l’assedio di Vienna del 1683, d’invitarvi l’imperatore Leopoldo e la sua corte.
F.C.